IL PENSIERO COLORATO

IL PENSIERO COLORATO

Forse è stato Nietzsche a scrivere che il primo uomo che vide un orso forse ne fu divorato. I compagni cacciatori impararono dunque che quella bestia era pericolosa e quando videro un secondo orso o scapparono o posero mano alle armi. Nulla provava che la seconda bestia avvistata fosse realmente un orso, osservò il filosofo; e neppure che, essendo realmente un orso, fosse pericoloso quanto il primo. Tuttavia, concludere dalla somiglianza all’identità fu utile alla loro salvezza e questo dimostrava, secondo Nietzsche, che la logica trova la sua base non nell’astratta ragionevolezza ma nella sua validità per la sopravvivenza della specie.

Questo principio opera ancora oggi. Se un gruppo umano si rende sgradito per qualche ragione, la società poi lo evita e ne discrimina tutti i membri, anche se diversi dai colpevoli e perfettamente innocenti. In questi casi si parla di razzismo ma in fondo si tratta di evitare il secondo orso.

Non bisogna avere troppa fiducia sulla natura asettica della logica. Ai suoi tempi Bartolo di Sassoferrato fu tanto stimato che si diceva “nullus bonus iurista nisi sit bartolista”, nessuno può essere un giurista se non segue l’esempio e i precetti di Bartolo. In Sicilia è addirittura rimasta un’espressione popolare (di cui i parlanti ignorano l’origine) per ironizzare su qualcuno che ha l’aria di esprimere concetti immortali. Si dice: “E chi parla, Bartolo?” Ebbene, questo stesso Bartolo affermava che, quando gli veniva proposto un problema giuridico, prima sentiva qual era la soluzione giusta e poi cercava le ragioni giuridiche per sostenerla. Oltre che un grande erudito era un uomo onesto.

Il pensiero non è in bianco e nero, è colorato dall’affettività. L’influenza della specie, degli istinti, dell’interesse, delle passioni e dei pregiudizi sulle idee, e addirittura sulla “logica”, è tanto forte che i professionisti di materie “scientifiche” smettono di fidarsene quando sanno di essere coinvolti personalmente. L’avvocato che ha un problema giudiziario si fa difendere da un collega, il chirurgo che ha un congiunto malato non lo opera lui stesso. Si sa che la partecipazione emotiva prevale sulla competenza.

Un esempio di tutto questo l’abbiamo avuto sotto gli occhi con la vicenda di Eluana Englaro di cui – promesso! – qui non si parlerà. Si è avuto da fare con un problema che aveva riflessi giuridici, etici, religiosi e scientifici. E passi per questi due ultimi campi; c’è stato però da rimanere sbalorditi vedendo come si sono divisi i pareri anche in ambiti, come la neurologia o il diritto costituzionale, in cui ci si aspetterebbe una sorta di atarassia intellettuale. Si sono visti luminari contraddire luminari, e tutti sono stati pronti a dare come evidente il proprio parere e a condannare il parere opposto come un’eresia. La conclusione, per chi ha seguito tutto questo concitato dibattito, è che, se un problema ha implicazioni emotive, non ci si può fidare di nessuno.

Lo scienziato è uno scienziato se dal problema non deriva nulla di positivo o di negativo per lui, se le deduzioni non contrastano con qualcosa che sta a monte della stessa scienza. Anni fa, in città, diversamente da tutti gli altri giudici, ce n’era uno dinanzi al quale gli inquilini avevano poche speranze: aveva dovuto subire serie angherie da un suo proprio inquilino ed ora la faceva pagare a tutti quelli che incontrava.

In un caso dai risvolti complessi ognuno è libero di pensare quello che vuole: se dirà baggianate, sarà comunque meno colpevole di chi, per professione, avrebbe dovuto non dirle. Anche i preti, anche i giudici, anche gli scienziati, anche i filosofi sono uomini. E nel momento in cui si tratta dei loro figli, della donna che amano, delle loro convinzioni politiche o morali, delle idee che gli hanno messo in testa da bambini, bisogna rinunziare al sogno dell’obiettività. L’unica speranza è che la persona che deve amministrare giustizia o dare un parere non abbia nessun interesse in un senso o nell’altro. Per questo si dice che il giudice dev’essere “terzo”. Ma nessuno è terzo quando si tratta di politica, di morale, di vita o di morte.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

9 febbraio 2009

 

IL PENSIERO COLORATOultima modifica: 2009-02-09T13:43:00+01:00da Giannipardo
Reposta per primo quest’articolo