I PROBLEMI DEL NEGOZIATO

Nei negoziati per risolvere la crisi di Gaza molti non tengono conto di un fattore che li rende particolarmente difficili o addirittura impossibili: Israele non si fida degli arabi. Qualunque cosa essi dicano riguardante il presente potrebbe essere falsa, qualunque promessa possano fare per il futuro, potrebbero non mantenerla. Israele non dispone di dati affidabili riguardo al numero dei sequestrati in mano ai gazawi: si va da circa centotrenta a circa trentatré (il numero di cui ha parlato il Cairo). Non può nemmeno essere sicura che quel numero lo conosca Hamas, stante la frammentazione della resistenza araba. Questa incertezza comporta che se Israele accettasse gravose condizioni di pace per ottenere la restituzione di tutti i residui sequestrati, poi Hamas potrebbe tirare fuori (con fotografie e filmati) le prove che detiene ancora una ventina di ostaggi. Non si sarebbe al punto di prima?

Ogni negoziato ha lo schema: Tu mi dai questo, io ti do quello. E qui si pone il problema della contemporaneità. Dio sa quali complicazioni insorgono quando due Stati (seri e affidabili, non Hamas) decidono di scambiarsi due spie. Ora, se Hamas decidesse di restituire tutti gli ostaggi, che cosa garantirebbe che poi Israele si ritirerebbe da Gaza? E se Israele si ritirasse da Gaza, pur di ottenere accordi di pace e restituzione dei sequestrati, che cosa garantirebbe che poi Hamas manterrebbe la parola riguardo ai sequestrati? E come adempiere queste due promesse in contemporaneità, come quando (scena vista molte volte al cinema) due spie attraversano un ponte, ciascuna per tornare al proprio Paese di provenienza? Stavolta, dal lato di Israele, si tratterebbe di centinaia di carri armati e migliaia di uomini.

Lo schema Tu mi dai questo, io ti do quello vale fra entità abbastanza decenti per non voler fare la figura di sleali. Ma una simile preoccupazione può esistere per le organizzazioni terroristiche, disposte ad uccidere centinaia di persone, donne, vecchi, bambini e lattanti inclusi? Soprattutto quando si professa una religione che impone di essere leali con i correligionari, e dispensa da ogni obbligo di lealtà con gli infedeli?

Abbiamo un esempio di segno contrario, nel passato. Anni fa (2006) i palestinesi sequestrarono un soldato israeliano, Gilad Shalit, e infine lo restituirono a Israele in cambio della liberazione di 1027 detenuti palestinesi, anche colpevoli di gravi reati. Fu uno scambio assolutamente stupido che ha fatto sperare a Hamas chissà quali vantaggi, sequestrando oltre duecento persone: mentre non poteva che essere un unicum. In primo luogo perché difficilmente Israele sarebbe stata tanto idiota da commettere due volte lo stesso errore. Ma – soprattutto – allora Israele sapeva che il sequestrato era solo uno – noto con nome, cognome e fotografia – e sapeva che, ottenendolo, non ci sarebbero stati altri israeliani in mano ai palestinesi. Ma oggi? E – ricordiamolo – dal momento che la vita umana è un valore incommensurabile, che qualcuno detenga una, dieci o cento persone, è la stessa cosa, esattamente come l’aritmetica insegna che il numero di tutti i numeri naturali non è maggiore del numero di tutti i numeri dispari. Questa è la logica dell’infinito.

E c’è ancora una difficoltà che non si avrebbe nel caso di uno scambio di spie fra Russia e Stati Uniti. Nel momento in cui gli Stati Uniti dovessero trattare con la Russia uno scambio, per quanto cattiva potesse essere l’opinione che hanno del governo di Mosca, non penserebbero mai di negare alla Russia la qualità di Stato. Viceversa Israele non accetterà mai di negoziare con Hamas, con ciò stesso mettendola sul suo stesso piano legale e statuale. E infatti i negoziati seguono lo schema della triangolazione, in modo che Hamas e Israele non debbano mai sedere intorno allo stesso tavolo. Questo perché come Hamas ha avuto per anni, nel suo statuto, il progetto di eliminare Israele, ora Israele ha il progetto di eliminare Hamas. Trattare con Hamas corrisponderebbe a dire che non si è raggiunto lo scopo per cui si è scatenata una guerra che è già costata, direttamente o indirettamente, decine di migliaia di morti.

E allora, dirà qualcuno, se così stanno le cose, perché da mesi non si fa che parlare di negoziati? E come mai, nei primi giorni di guerra Israele, ha addirittura acconsentito a rilasciare qualche centinaio di condannati palestinesi per reati non gravissimi, per ottenere il rilascio di una quarantina di sequestrati? E perché, ancora oggi, ci sono sue delegazioni in Qatar o al Cairo? La risposta è semplice. Chi rifiuta totalmente i negoziati viene visto come qualcuno che vuole la guerra e non vuole la pace. E di questo Israele si trova a rispondere non soltanto al mondo, ma soprattutto alle famiglie dei sequestrati, che ogni giorno scendono in strada per ricordare il loro dolore. Così, partecipando ai negoziati ma ponendo sempre delle condizioni inaccettabili per la controparte (come fa anche Hamas), si fa la figura di uomini di buona volontà, rimanendo quelli che si era prima: Hamas un’organizzazione sanguinaria e terroristica; Israele un popolo che vuole la sua vendetta altrettanto dolorosa, fino all’eliminazione fisica di tutti i grandi capi di Hamas.

Gli accordi di tregua o di pace presuppongono che, malgrado l’ostilità di un gruppo contro un altro gruppo, ci sia una ragionevole fiducia nella parola data. Per questo il comportamento del Duca Valentino, nel noto libro di Machiavelli, ci scandalizza tanto; e per questo fu tanto grave il Massacro di San Valentino, a Chicago. Perché persino fra bande di gangster ci si aspettava un minimo di lealtà, e non l’assassinio a tradimento. Gerusalemme considera molti palestinesi al livello della banda di Al Capone.

I PROBLEMI DEL NEGOZIATOultima modifica: 2024-04-29T19:51:16+02:00da gianni.pardo
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