IL MALE INGUARIBILE

Un creativo pubblicitario, persona intelligente, mi pose una volta una domanda semplice: “Secondo te, quali sono i beni necessari?” Personalmente non ebbi dubbi: “Sono quei beni che permettono la sopravvivenza: il pane e la protezione contro le intemperie. Diciamo un tetto”. Il mio amico fece un salto sulla sedia: “Questo andava bene all’età della pietra”, diceva. “Nell’epoca contemporanea i beni necessari sono molti di più”. E passava ad enumerarli. Io rispondevo che si trattava di comodità, non di beni necessari, lui insisteva che la gente li sente come necessari e, del resto, i giudici hanno stabilito che non si può sequestrare agli insolventi l’apparecchio televisivo, “perché bene essenziale alla vita”. Se dunque la televisione, anche per la magistratura, è un bene necessario, come potevo sostenere che necessari erano solo il pane e un tetto?

 

Il nostro contrasto aveva origini facilmente identificabili. Da appassionato di lingue, partivo dall’aggettivo “necessario” e ne deducevo che non era necessario tutto ciò di cui si poteva fare a meno; lui invece, stanco di vedere pubblicità accusata di creare bisogni immaginari, voleva dimostrare che il concetto di “necessario” è altamente opinabile. E in fondo aveva ragione. Nella maggior parte dei casi lui si trovava a discutere non con me ma con gente che reputa necessario il ferro da stiro elettrico ma non l’alta fedeltà o l’aria condizionata.

 

La conversazione è utile anche per comprendere un fondamentale problema della politica.

 

La Cina è passata in pochi decenni da paese arretrato, in cui si moriva di fame, a gigante produttivo. Con uno sbalorditivo ritmo d’incremento della ricchezza. Tuttavia quell’immensa nazione è dominata da un’oligarchia che non concede spazi di libertà, che applica con disinvoltura la pena di morte, che del comunismo ha rigettato tutto ma ha mantenuto intatta l’oppressione politica. Come bisogna giudicarla?

 

Secondo la teoria del “necessario naturale” (il pane e un tetto), bisogna applaudirla. Nessuno muore di fame ed anzi l’aumento di beni di cui dispone la popolazione è impressionante. Secondo la teoria del “necessario storico”, cioè degli standard contemporanei, bisogna scendere in piazza e boicottare una dirigenza colpevole di non tenere conto dei diritti umani, bisogna protestare per la pena di morte, per il Tibet, per la mancanza di libertà, per tutto ciò che la differenzia in peggio dalla Gran Bretagna.

 

Queste considerazioni valgono anche per la politica interna. Poiché manca uno standard accettato di “sufficienza”, qualunque governo, qualunque cosa faccia, è giudicato male. Quanto meno, da chi non ha un interesse personale a sostenerlo. Questo perché il gradino precedente non è mai preso in considerazione. Si parlava di pane. Immaginiamo che un governo riesca a dare pane e prosciutto ad una popolazione poverissima: il cittadino, invece di ricordare che prima aveva solo il pane, protesterà perché il prosciutto non è fresco. E se il prosciutto è fresco si lamenterà perché non ha scelta: sempre prosciutto? E via di seguito. Tanto che se invece che di storia stessimo parlando di favole, a questo punto il re direbbe: “Caro sudditi, ho voglia di sentirmi dire grazie di nuovo. Da domani per una settimana pane senza companatico, poi reintrodurrò il prosciutto e mi ringrazierete.”

 

Da Aristide a De Gaulle i governanti subiscono l’usura del potere, ma l’incontentabilità dei cittadini non danneggia solo loro. Gli uomini tendono a non distinguere la commedia dalla tragedia e vivono per così dire con lo stesso disagio lo sfollamento dalle città bombardate durante la Seconda Guerra Mondiale e le code in autostrada mentre vanno a Rimini. Disimparano ad essere felici. Dopo un secolo in cui Solgenitzin ha fatto anni ed anni di gulag per aver detto male di Stalin, si parla di regime perché c’è Berlusconi al governo. Dopo che, ancora nell’Ottocento, negli Stati Uniti c’era la schiavitù, oggi si parla di discriminazione razziale se si condanna – anzi, se si fosse condannato – per omicidio O.J.Simpson.

 

Di fronte a tanta cecità, di fronte a tanto disorientamento, vien voglia di non commuoversi dinanzi ai mali del mondo. Di non tentare neppure di eliminare il problema del momento. Perché tutti sono spesso troppo sciocchi per non inventarsene un altro, che considerano altrettanto grave, non appena si sono liberati dal primo.

 

E allora, che ciascuno scali da solo la montagna della saggezza.

 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

 

7 agosto 2008

 

IL MALE INGUARIBILEultima modifica: 2008-08-09T16:44:00+02:00da Giannipardo
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4 pensieri su “IL MALE INGUARIBILE

  1. Purtroppo sono d’accordo con lei. I musulmani non vogliono integrarsi ed è questo che crea il problema. La Francia ne sa qualcosa.
    In Italia aspettiamo che la piaga cominci a diventare purulenta, per accorgerci di avere un problema.

  2. Sono daccordo in linea di massima con la sua visione della necessità e sul discorso dell’immigrazione.
    Solo una cosa, non toccherei per niente il discorso dei colori, ma accetterei qualsiasi cristiano, perchè per me i problemi vengono solo dall’islam.
    Se vuole venire a trovarmi sul mio blog, è il benvenuto.
    Forse lo ha già fatto, chiedo comprensione per le analisi passionali e a volte troppo enfatiche che può trovare.

  3. Caro giornalaio teocon,
    La prima risposta che le do è che la realtà è complessa. Ci sono quelli che effettivamente fanno la fame e ci sono quelli che cercano di vivere all’occidentale. Ci sono quelli che sfuggono a regimi infami e ci sono quelli che sognano di venire a vivere come nelle telenovelas.
    In secondo luogo, la tesi del mio articolo è che il concetto di “necessario” è elastico. Personalmente sono sobrio come un cammello e tutto mi sembra non necessario, c’è gente che soffre perché ha delle belle scarpe ma non della marca alla moda. Che vogliamo farci? Il concetto di necessario è soggettivo. Il rimedio sarebbe la saggezza, ma è una merce che si vende malissimo.
    Infine c’è il problema dell’immigrazione. Io sarei per solo per l’immigrazione di bianchi cristiani, e non per razzismo, ma per evitare futuri problemi. I bianchi cristiani si integrano, per i “coloured” è parecchio più difficile, per i musulmani è impossibile. E allora, l’unico rimedio è tenerli lontani. Ma tutto questo è poco “politically correct”. E dunque un giorno avremo bei problemi. Che ci saremo cercati.
    In generale direi che lei è ottimista, riguardo alle condizioni del Terzo Mondo, se vogliamo chiamarlo ancora così. C’è molta miseria e molta fame, anche se a volte sono “self inflicted disasters”. Aggiungo che è molto difficile aiutarli. Forse impossibile. Ma la pietà è gratis.
    Gianni Pardo

  4. Buongiorno!
    Proprio in questi giorni ho fatto una riflessione e ne ho parlato con il mio amico blogger ponyboy (anch’egli presente tra i suoi commenti)
    Possibile che l’immigrazione e gli esodi di massa non siano davvero necessari nel 90 peer cento dei casi, ma frutto del consumismo e della globalizzazione?
    Cerco di spiegarmi:
    io non sono poverissimo, eppure il primo cellulare l’ho avuto undici, dodici anni fa ed era un obbrobrio rispetto ai cellulari che tutti i ragazzi o le famiglie possiedono in africa o in medioriente.
    Una mia amica è missionaria in Cile, in una terra remota, e c’è un internet point.
    Al mio paese, sul mare, da tre anni c’è l’internet point per i turisti!
    Non voglio essere complicato nel definire la mia idea, ma credo che non esista più il terzo mondo come lo pensavamo dieci anni fa.
    Esistono paesi in via di sviluppo, che non vedranno mai sviluppo finchè i cervelli e muscoli, anzichè investire nei loro confini, scelgono la via più utopicamente più semplice, il miraggio della pubblicità.
    In Svizzera si trasmette uno spot per avvisare i nigeriani e compagnia che una volta raggiunta la meta helvetica, si fa la fame e si viene arrestati se non si ha dimora.
    Questo in Italia è scandaloso, non so perchè, ma facciamo cosi il male di questa gente e di questi Stati.
    In parole più povere, io credo non sia il pane quello cui si anela, ma un portatile, una fuoriserie ecc…
    Questi vogliono quello che abbiamo noi, non sopravvivere.
    La nostra immigrazione non era dettata da tali esigenze.

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