IL G20 E L’ECOLOGIA

Il G20 ha discusso i problemi dell’ecologia, del global warming e del climate change. Scusate, traduco anche il primo termine, nel caso non l’aveste capito: l’ecology. Non poteva essere diversamente. Sarebbe stato come se, nel Concilio di Trento, non si fosse parlato del Protestantesimo. Con una differenza, tuttavia. Che la Chiesa aveva qualche potere di riformare sé stessa e cercare di far fronte allo scisma, mentre le nazioni non possono fare gran che contro il clima (che fra l’altro non è stato invitato al G20).
O per lo meno, qualcosa potrebbero fare: suicidarsi. Soltanto per fare contenta Greta Thunberg. Ma la maggior parte di loro dimostra una callosa insensibilità per le necessità del pianeta. Preferisce dar da mangiare ai propri cittadini che rovinarsi per i Panda e la Foca Monaca. Dunque oggi gli Stati si dividono in due categorie: quelli che dichiarano che faranno l’impossibile, a qualunque costo, per salvare il pianeta, ma non ne faranno niente, e quelli che neanche dichiarano che faranno qualcosa. Per esempio il Paese più grande, brutto e cattivo che esista, la Cina. Costoro sono al massimo disposti a mettere nero su bianco che sarebbero contenti se, per la metà del secolo, o qualche tempo oltre, l’umanità influisse meno negativamente sulle sorti del pianeta.
A questo punto non rimane che scrivere un pomposo comunicato ufficiale nel quale ci si dice che vorremmo tutti, ma proprio tutti, che nostra nonna avesse le ruote. Purtroppo attualmente la poveretta non le ha. Sicché si passa dall’italiano al latino, dai progetti ai desiderata. Avremo un comunicato pieno di desiderata. E tutto questo perché, ancora una volta, si vogliono fare i conti senza l’oste.
La realtà non cambia secondo le mode. Da un lato ci sono molti Paesi ancora oggi sull’orlo della fame, e tutt’altro che disposti a caricarsi di ulteriori difficoltà, dall’altro abbiamo un gigante, la Cina, che dispone di molto carbone ed ha rispetto per gli interessi della nazione. Un tempo forse, con Mao Tse Tung, li avrebbe sacrificati per gli ideali, ma oggi non li sacrificherebbe certo per Greta Thunberg. E se tutto il resto del mondo tira diritto, in materia di ecologia, che volete che facciano di serio l’Europa e gli Stati Uniti? Potrebbero generosamente castrarsi, ma questo non impedirebbe agli altri di continuare a fare all’amore.
Ecco perché, finché si parla, i piani sono ambiziosissimi, e la maestrina Ursula von der Leyen ci fa gli occhiacci, se la nostra fede vacilla. Ma quando si tratta di passare all’atto pratico, sono tutti capaci di far due conti. Conti assolutamente spietati.
Ancora una volta siamo di fronte alla demenza della nostra epoca. Noi europei abbiamo realizzato l’unione monetaria prima di quella politica, che è stato come dare la chiave della cassaforte ai figli saggi e agli spendaccioni, per non dire agli onesti e ai ladri, sperando che i secondi si astenessero dal fare danni Ora, proseguendo nella stessa audace politica, parliamo di transizione energetica.
Transizione significa passaggio. Andavo a piedi ed ora vado a cavallo. Mangiavo di tutto e sono passato alla dieta vegetariana. Ero protestante e mi sono fatto cattolico. Ma in tutti questi esempi, come in tutti quelli che potremmo fare, si tratta di passare da uno stato all’altro, ambedue possibili, su base concreta. Perché il cavallo, i cibi vegetali e il cattolicesimo esistono. Ma sarebbe una transizione se dicessi che intendo passare dall’andare a piedi a cavalcare l’ippogrifo? Dalla dieta normale a mangiare soltanto erba?
In tanto si potrebbe parlare di transizione energetica in quanto si disponesse già dell’alternativa delle fonti rinnovabili. Allora sì potremmo porre un termine alla produzione di energia tradizionale da combustibili fossili per passare all’“energia pulita”. Oggi, escludendo le centrali idroelettriche, noi di energia da fonti rinnovabili ne produciamo una percentuale trascurabile. Come passare, di botto, dal 90% di energia da fossili al 90% di energia da fonti rinnovabili? È possibile? E quanto costa? Qui io non ho la risposta, ma sicuramente ce l’ha Greta Thunberg. E la ragazza si è giustamente offesa perché non l’hanno invitata al G20. Infatti in quella sede avrebbe brillantemente risolto il problema.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
31 ottobre 2021

IL G20 E L’ECOLOGIAultima modifica: 2021-10-31T08:44:02+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL G20 E L’ECOLOGIA

  1. Càlati juncu ca passa la china.
    L’onda, meglio sarebbe dire lo tsunami ecologista, ha raggiunto una dimensione tale che non può essere più fermata. Bisogna lasciarla sfogare e gli effetti si facciano sentire sulle tasche dei cittadini. Sia in termini di inflazione, sia in termini di disoccupazione. Chiudere le centrali a carbone in Europa continuando ad importare manufatti dalla Cina prodotti con l’energia erogata dalle centrali a carbone cinesi è una partita di giro tutta in perdita. Avrebbe senso sostituire il carbone col nucleare di ultima generazione. Ma il nucleare è come l’Innominato manzoniano, fa paura solo parlarne. Ma domani, con i costi dell’energia saliti alle stelle ?

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