LA LEGGE INTERNAZIONALE

LA LEGGE INTERNAZIONALE

In questi giorni sui giornali si parla moltissimo di Israele, di Gaza, di guerra e di morti. Il fastidioso punto comune, nella maggior parte delle argomentazioni, è la manifestazione di una irrefrenabile mentalità etico-giuridica. Il problema si riassume nel quesito: “È giusto? È sbagliato?” Di fatto, è sbagliata la domanda.

La pace regna in Europa dal 1945, di gran lunga il periodo più lungo che si ricordi. Una cosa ottima. Si può solo desiderare che continui per altri sessant’anni. La conseguenza negativa è però la mentalità irenica che ha condotto ad istituire un’organizzazione come l’Onu. Molti oggi sono convinti che abbiamo il diritto di giudicare le guerre e perfino di vietare quelle che disapproviamo. E, infatti, quasi ogni volta che sono state prese le armi, il Consiglio di Sicurezza si è riunito ed ha detto la sua. In qualche occasione qualcuno si è servito di questa Risoluzione come di un parafulmine morale per l’azione che intendeva compiere (la guerra di Corea) ma di regola essa ha lasciato il tempo che ha trovato ed ha solo permesso alle anime belle di essere riconfermate nella loro idea che, anche in campo internazionale, esiste il bene e il male. Il Consiglio di Sicurezza si rivela inutile ma almeno, pensano tante persone per bene, si sa chi ha ragione. Dimenticano che l’Onu è un organismo politico dominato da una maggioranza di Stati antidemocratici: ma poco importa, la leggenda prevale sulla realtà.

In realtà, tralasciando quella fiera dell’ipocrisia che ha sede nel Palazzo di Vetro, non è che sia vietato emettere un giudizio morale su chi ha ragione (la Polonia) e chi ha torto (la Germania nazista): ma è un esercizio sterile e ininfluente. Il sostegno morale non aiuta per nulla chi ha ragione. Nel 1940 è meglio essere bene armati (Svizzera) che pacifisti (Francia).

La mentalità contemporanea ha dimenticato il passato e depreca come inammissibile l’uso della forza. Oggi chi ha ragione deve vincere solo reclamando il proprio diritto. E se esso non lo soccorre, piuttosto che farsi valere con il cannone, deve soccombere. Se impugna le armi, ha comunque torto: le battaglie provocano vittime e la pubblica opinione non accetta l’uccisione dell’aggressore nemmeno per legittima difesa. Talmente siamo buoni e sensibili.

Questo modo di ragionare, a chi non è digiuno di storia, sembra un delirio. Per millenni ha prevalso la forza o la minaccia della forza. Anche la diplomazia è stata solo un contorno. Se a volte ha evitato un conflitto è stato perché è riuscita a spiegare ai rivali che la guerra non conveniva e avrebbero ottenuto di più con la pace. Né è cambiato qualcosa, al giorno d’oggi. È solo divenuto indecente dirlo, con un fenomeno simile agli scivolamenti semantici per cui si è passati da cesso a gabinetto a Wc a toilette e a bagno, senza che sia cambiato nulla di ciò che si fa in quel piccolo spazio.

Il risultato è una noia suprema per la maggior parte dei commenti che si leggono. Una noia che si estende al pianto greco per le vittime civili: non che non facciano pietà, ma fanno purtroppo parte della fisiologia della guerra. E del resto non è che i soldati siano felici di morire. A volte i cittadini hanno inoltre una colpa originale che la storia fa loro pagare con la morte. I tedeschi  si credevano destinati a dominare uomini e sottouomini e hanno votato per Hitler; poi, quattro anni dopo, uomini e sottouomini li sterminarono come mosche. Non erano certo colpevoli, singolarmente, i tedeschi; milioni e milioni di loro erano del tutto innocenti e persino in buona fede: ma la storia condanna o assolve all’ingrosso. Il massacro fa parte dei prezzi previsti. L’idea corrente che la guerra debba essere un minuetto in cui nessuno si fa male, in cui alla fine anche i morti si rialzano, come a teatro dopo che si chiude il sipario, è una sonora stupidaggine.

Come diceva Clemenceau, la guerra è una cosa troppo seria per affidarla ai generali: figurarsi se si può permettere che la giudichino i giornalisti e le anime belle.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

16 gennaio 2009

LA LEGGE INTERNAZIONALEultima modifica: 2009-01-17T09:12:04+01:00da Giannipardo
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7 pensieri su “LA LEGGE INTERNAZIONALE

  1. Se è per questo, lei insulta con i suoi scritti milioni persone, arrivando ad irriderne la memoria o a sminuirne (vedi altro post di questo suo blog) l’operato. Non ho controllato in alcun libro di storia, carissimo, visto che la memoria funziona ancora discretamente ed i miei titoli accademici, sebbene non siano recentissimi, me li sono meritati con uno studio approfondito che mi consente ancor oggi di citare senza problemi date, fatti e conseguenze. A differenza sua, che sparla senza conoscere, pontificando basandosi su concezioni che qualunque storico definirebbe aberranti.
    Rilegga bene il mio precedente intervento, specie ove parlo di dichiarazioni di guerra portando l’esempio della Turchia del ’45: forse finalmente comprenderà, senza insultare e senza dover assumere il sorriso sornione di un vecchio professore che si ritiene depositario del sapere assoluto e che in quanto tale si crede in dovere di impartire lezioni sul significato del mondo. Ho spiegato come molto spesso una dichiarazione di guerra si esprima in qualcosa si molto aleatorio, ragionando sul piano fattuale. Viceversa, mi dimostri che ho torto elencandomi le operazioni militari compiute dalla Turchia (con relativi danni sofferti ed inferti e perdite umane) dopo che mosse guerra all’Asse.
    Concludo ribattendole con medesima moneta: a dispetto delle sue espressioni, per me lei è e resta un aggressore verbale, oltretutto privo del coraggio delle proprie azioni. Sottolineo ciò perchè noto che ha volutamente glissato sulla mia richiesta di spiegazioni sulle stragi nei Balcani, da lei dipinte come “scaramucce”… La sua dotta scienza non riesce a spiegare alle vittime di quei massacri la “banalità” delle loro sofferenze?

  2. Lei non ha detto che l’Italia non dichiarò guerra agli Stati Uniti, anzi, ora che è andato a rileggere un libro di storia, me ne fornisce anche la data. Lei ha solo detto che gli Stati Uniti non avevano alcuna ragione per intervenire in Europa.
    Per il resto, le sue due lauree – cui io potrei contrapporre altrettanti titoli, ma sarebbe una gara infantile – le hanno insegnato solo ad insultare il prossimo. Poteva limitarsi alla licenza elementare, per quello che le serviva.

  3. Per quel che mi riguarda, ho conseguito tanto una laurea in Giurisprudenza che una in Storia: parlo a ragion veduta e se è per questo la invito a rileggere attentamente il mio precedente intervento per comprendere completamente come non abbia mai detto che Germania o Italia non abbiano mai dichiarato guerra alla Germania nazista (per l’esattezza, Mussolini battè Hitler sul tempo, consegnando la dichiarazione un paio d’ore prima del collega dittatore il medesimo giorno, l’11 dicembre 1941).
    Ribadisco la mia convinzione nel fatto che lei abbia una visione del mondo decisamente distorta, ai limiti della follia. La potrei paragonare a Curtis LeMay, giusto per citare un personaggio storico di grande rilevanza che la pensava nel suo stesso modo: un generale tronfio e dotato di scarso acume politico, che pensava di risolvere la crisi dei missili di Cuba rispondendo all’installazione delle testate nell’isola caraibica con il sorvolo di Mosca da parte dei suoi bombardieri strategici… Ripeto la domanda: le piacerebbe vivere in un mondo nuclearizzato? Perchè questa è l’alternativa!
    Sarajevo, Vukovar, Banja Luka o Pristina sarebbero “scaramucce”? Lo vada a raccontare alle centinaia di migliaia di morti prodotti da quelle “scaramucce”! Ha una vaga idea di cosa sia il rispetto per la vita umana oppure secondo lei tutto è sacrificabile a patto che il più forte abbia sempre ragione?
    Vergognoso, aberrante e disgustoso.
    La saluto.

  4. Egregio Buzzer,
    le do una brutta notizia. La “diplomazia della cannoniere” è diventata la diplomazia delle bombe atomiche o, ad andar bene, dei sottomarini nucleari.
    Lei mi parla dell’ONU e al riguardo non risponderò, perché un po’ fuori tema e perché non vorrei scrivere troppo a lungo. Ma al riguardo non potrei essere più pessimista.
    Io non faccio sfoggio di cultura storica, mi limito – quando mi serve – ad appoggiare le mie argomentazioni sul passato.
    Lei mi chiede: “Crede davvero che le dispute tra Stati sovrani si risolvano armandosi fino ai denti e mostrando i muscoli?” Sì.
    Parla poi del mio “disprezzo tangibile per la giurisprudenza ed il diritto internazionale”. Io sono laureato in legge, e lei? Personalmente non disprezzo affatto il diritto internazionale, sostengo soltanto che, dal momento che è fondato sul principio pacta sunt servanda, cioè sul consenso, quando manca il consenso è la voce del cannone, l’unica che si riesce a sentire. Mi dica come mai il diritto internazionale non è stato capace di proteggere il Quwait dall’invasione irakena e mi dica se Saddam Hussein sarebbe stato scacciato dal Quwait se gli Stati Uniti non si fossero attivati. Lo si sarebbe mandato via sventolandogli sotto il naso la Carta dell’Onu?
    Lei poi mi dice che non è vero che l’Europa gode di sessant’anni di pace. Sarajevo, Vukovar, Banja Luka o Pristina? Scaramucce, in confronto alle guerre vere. Tanto è vero che, a suo tempo, si parlò di intervento umanitario. Io personalmente ero in disaccordo, ma lei avrebbe dovuto essere d’accordo, visto che è un sentimentale della politica.
    Io non ho detto che l’Europa deve disinteressarsi di Gaza. Dove l’ha letto?
    Perché gli americani sono sbarcati in Europa, nel 1944? Per lo stesso motivo per cui la Gran Bretagna si oppose ad Hitler, anche se Hitler non l’attaccava. Geopolitica.
    “la Germania o l’Italia non avevano apportato attacchi diretti al suolo nazionale od agli interessi statunitensi…”, scrive poi lei, che mi accusa di ignoranza storica. E ignora a sua volta che l’Italia dichiarò guerra agli Stati Uniti.”Questo è quanto si evince dal suo contorto ed assurdo ragionamento”.
    Non che questo sia il motivo reale dell’intervento statunitense, certo. Ma, primo, rimane il fatto che gli Stati Uniti si videro dichiarare la guerra, e poi, che anche per gli Stati Uniti esistevano precisi motivi geopolitici.
    “Le do pienamente ragione quando afferma che il mondo attuale sia improntato ad una forte sensibilità: per lei è un difetto, per me un pregio”. Un pregio morale che implica un’incapacità di capire la politica internazionale. Anche la Francia degli anni Trenta era morale e pacifista. Sappiamo il prezzo che pagò, per questo.

  5. Il suo pensiero, lasci che glie lo dica, riprende senza remore la cosiddetta “diplomazia delle cannoniere”, un metodo di parlamentare tra nazioni civili che è stato fortunatamente abbandonato circa un secolo fa.
    Che l’ONU non sia la panacea ad ogni male, quanto piuttosto un organismo animato da buoni sentimenti ma spesso in contrasto interno e dedito soprattutto agli interessi particolari credo sia sotto gli occhi di tutti. Si è mai domandato però cosa ne sarebbe stato del nostro mondo, del nostro pianeta Terra, senza l’ONU, a partire dal 1945 in poi?
    Lei nei suoi post fa ampio sfoggio di una cultura storica che mi pare altamente distorta, ai limiti dell’ignoranza di parte – non è un insulto: semplicemente lei ignora, volutamente o meno, parecchi capitoli di storia umana – per non parlare del suo disprezzo tangibile per la giurisprudenza ed il diritto internazionale. Crede davvero che le dispute tra Stati sovrani si risolvano armandosi fino ai denti e mostrando i muscoli?
    Se così fosse, come le dicevo poco fa, la nostra Terra non esisterebbe più da un bel po’: immagini come sarebbe potuta sfociare la corsa agli armamenti senza un dialogo tra le parti. Senza la camera di compensazione dell’ONU molte guerre si sarebbero concluse con il ricorso alle armi nucleari: le sarebbe piaciuto vivere in un mondo radioattivo?
    Si è parlato tanto di “Guerra Fredda”, dimenticandosi che se i due blocchi principali non si sono quasi mai sfidati a viso aperto in 50 anni, il confronto è stato indiretto ed infuocato in scenari secondari – pensiamo alla Guerra del Sinai, al Vietnam, ai diversi conflitti africani (uno su tutti l’Angola).
    In Europa, scrive lei, godiamo di pace da 60 anni… a parte il fatto che non mi risulta che Sarajevo, Vukovar, Banja Luka o Pristina si trovino in Asia o in Micronesia, mi spegherebbe cortesemente per quale motivo nel Vecchio Continente (Balcani a parte) noi dovremmo guardare con distacco e fregarcene di quel che accade in una terra lontana migliaia di chilometri, addirittura priva di interesse strategico o di risorse naturali (come lei si riferisce a Gaza in un altro post del suo blog)? Immagino che a lei interessi l’orticello di stretta e diretta proprietà, non il fondo comune… Ragionando in questo modo, per quale motivo 60 e più anni fa i G.I.s avrebbero dovuto sbarcare in Europa e portare il loro contributo nella lotta al nazifascismo? A parte le dichiarazioni di guerra (che senza atti concreti contano ben poco, chiedere per informazioni alla Turchia che scese in guerra contro l’Asse a conflitto europeo finito), la Germania o l’Italia non avevano apportato attacchi diretti al suolo nazionale od agli interessi statunitensi… Ergo, Roosvelt avrebbe dovuto impicciarsi esclusivamente del Giappone, lasciando che Inglesi e Sovietici se la vedessero con Hitler e Mussolini. Questo è il parallelo che si evince dal suo contorto ed assurdo ragionamento.
    Le do pienamente ragione quando afferma che il mondo attuale sia improntato ad una forte sensibilità: per lei è un difetto, per me un pregio. Secondo il mio parere, ha piena dignità e pieno diritto di non soffrire più sia il senzatetto che muore di freddo nel gelo dell’inverno milanese, che il fellagha che si ritrova la casa distrutta dall’assurda ed illogica rappresaglia israeliana, che il colono del kibbutz che coltiva pacificamente i campi che lo circondano e non ha certo bisogno di vedersi piovere sulla testa dei razzi.
    La pace deve essere comune, non a scapito di qualcuno: viceversa non si avrà convivenza, ma dittatura.

  6. Cara nadia,
    severo è un aggettivo che mi vedo applicare più o meno per la prima volta ma lo merito in pieno. Non nel senso che sia accigliato o che mi piaccia inchiodare il prossimo ai suoi limiti. Lo sono nel senso che non chiudo gli occhi dinanzi alla verità – almeno, alla verità quale mi appare – e dunque finisce che giustifico il detto per cui “un pessimista è un ottimista che si è informato”. Riservo la mia dolcezza, e le mie ragioni di ottimismo, a mia moglie e agli amici. Mentre, per quanto riguarda l’uomo in generale, non mi faccio illusioni ed anzi non lo giudico neppure male, in base al principio che l’uomo (come ha detto Protagora) è la misura di tutte le cose. Dunque l’uomo medio non può essere né cattivo né buono, per l’eccellente ragione che l’uomo medio è il metro della bontà e della cattiveria. Accidenti, come corrono le parole, sullo schermo. Il fatto è che batto a grande velocità (400 battute al minuto?) e questo mi rende logorroico.
    La gente fa molti commenti se si parla di Israele o di Berlusconi, cose che appassionano tutti, magari solo per sputare veleno, non ne fa se si parla di Dio, di Bene, di Male, di saggezza, perché preferisce sbattere il naso contro la filosofia (e la nevrosi, e la depressione) prima di fare lo sforzo di pensare. E, in attesa del Grande Problema (spesso è la mezza età), vive a caso.
    Dunque posso rassicurarla: sarò severo (per esempio, in politica internazionale non mi faccia assolutamente alcuna illusione) ma non lo sono con gli amici e neppure con chi dissente da me, purché lo faccia con cortesia.
    Anche se commenterà ogni giorno ciò che scrivo sarà la benvenuta. Io scrivo per quei pochi da cui ricevo qualche cenno di commento.
    Un caro saluto.

  7. Salve signor Gianni, leggo con molto interesse i suoi post. Sono severi ma rispecchiano perfettamente l’atteggiamento superficiale e menefreghista di troppe persone. Questo atteggiamento lo riscontro anche nella maggior parte dei bloggers perché, visti i pochissimi commenti che vengono fatti ai suoi argomenti, credo che parecchia gente se ne “infischi” di quella che è la realtà del mondo (eppure il mondo è di tutti!), anzi non contribuisce, neppure con il pensiero, a proteggerlo dalle cose ingiustificabili.
    Ma i bloggers vogliono solo parlare di politica estremista, o di cosa hanno fatto durante la giornata, o di sesso, o di hit-parade musicali o di “cavolate” in genere?
    Penso che se è così, spengo il computer e il poco tempo che dedico a questo tipo di comunicatività lo impiegherò per farmi una bella passeggiata sul lungomare.
    Mi scusi se ho approfittato di questo spazio per esprimere le mie perplessità, ma per adesso è l’unica persona contattata che mi sembra positiva.

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