L’IMPERO ROMANO VISTO DALLA CALIFORNIA

Il prof. Walter Scheidel, storico della Stanford University californiana, invece di dolersi (come fanno tutti) della caduta dell’Impero Romano, la descrive come un enorme colpo di fortuna per l’Europa. A suo dire, «La disintegrazione dell’Impero Romano liberò l’Europa dal governo di un singolo potere unificato. I monopoli imperiali fornirono pace e stabilità ma, nel continuo tentativo di mantenere lo status quo, tendenzialmente soffocarono la sperimentazione e il dissenso». Scomparso l’Impero, sostiene, le diverse forze politiche, militari, economiche e religiose furono libere di scontrarsi, combattersi e trovare compromessi. Roma ci lasciò qualche cosa di positivo: le lingue romanze, il calendario, il cemento, l’alfabeto e il diritto romano. Ed anche certe caratteristiche del Cristianesimo. Scheidel conclude tuttavia: «Il più importante contributo dell’Impero romano fu quello di essersene andato via per sempre…».
È evidente che il prof. Scheidel ed io, pur essendo probabilmente ambedue anziani, non siamo stati compagni di banco. Infatti quella che conosco io è una storia del tutto diversa. Comincerò con il sottolineare che il singolo potere unificato si ebbe dopo la morte di Augusto, e cioè per poco più di quattro secoli su tredici. Prima di Augusto il potere fu collegiale. In seguito, anche quando divenne un’autocrazia, l’Impero fu troppo grande perché i suoi massimi difetti (corruzione, complottismo, tradimenti, esazioni, ecc.) si manifestassero in regioni lontane dal Lazio. Dappertutto imperava la legge romana e, se il peculato era all’ordine del giorno, se in periferia c’era corruzione, ciò avveniva lì come a Roma e indipendentemente da Roma. Ché anzi, nei casi più gravi, i colpevoli furono puniti con la più tremenda severità: si ricordi come morì Verre. In conclusione, i cittadini dell’impero si sentivano sostanzialmente liberi, perché la politica romana fu sempre quella della tolleranza: tutti erano liberi di avere la religione di loro scelta (si ricordi l’esistenza del Pantheon), e dovevano soltanto dichiararsi fedeli a Roma. I vari popoli erano felici di avere la civiltà romana, e le loro città imitavano Roma persino nei monumenti e nei divertimenti (gli anfiteatri, le terme, ecc.). Era molto più libero un cittadino romano, teoricamente sotto una monarchia assoluta, che un cittadino sovietico, teoricamente vivente in una Repubblica. E se i barbari cercavano di penetrare nell’Impero Romano, e non di fuggirne, è perché si verificò lo stesso fenomeno che, secoli dopo, ha spinto i tedeschi dell’Est a cercare di andare all’Ovest, a rischio della vita.
Roma non ebbe mai la necessità di soffocare la sperimentazione e il dissenso. La prima perché era molto rara (ma non del tutto assente, si pensi a Plinio il Vecchio) e il secondo perché inesistente. Si era più pronti ad assassinare l’imperatore che a cercare di convincerlo di seguire una diversa politica. Sheidel immagina Roma come un impero del XIX Secolo, oscurantista per giunta, mentre non era né l’uno né l’altro. La sua scienza (per esempio nelle macchine per l’edilizia o per la guerra) era assolutamente alla punta del progresso.
Quelle di Scheidel sono fantasie spacciate per dati storici. Egli immagina inoltre che, scomparso l’Impero, le forze latenti del resto d’Europa siano state libere di combattersi e trovare compromessi. Non ha idea di quanto primitivi fossero i barbari, che infatti desideravano soltanto divenire come i romani, occupare le loro città, rendendosi padroni dell’esistente, non portando una forma nuova di civiltà. Di cui non avevano e non potevano avere la minima idea. La nostalgia dell’Impero Romano è stata una costante dell’Europa fino agli albori del Novecento. Insomma, a mio parere, il prof. Scheidel ha totalmente frainteso il mondo romano.
Ma ora facciamo l’ipotesi che l’Impero non fosse caduto e fosse durato fino ai nostri giorni. Per far questo, esso avrebbe dovuto emendarsi e migliorarsi, soprattutto in campo fiscale e militare. Sopravvivendo, esso avrebbe garantito ben più di ciò che cita Scheidel. Ecco una lista sintetica: l’Europa Unita; un’unica lingua, il latino; la separazione tra Stato e Religione; la laicità della scuola; la mancanza di razzismo; un sistema giudiziario di gran lunga superiore a quelli barbarici o medioevali; il progresso della scienza che nessuna Chiesa avrebbe intralciato; una grande potenza militare sostanzialmente pacifica, prova ne sia che già Adriano (se non mi sbaglio) decretò che non si dovevano annettere più altri territori, perché l’Impero era già abbastanza grande. Quanto all’incremento dei commerci di cui parla Scheidel, è una baggianata. Roma commerciava con la Gallia prima ancora di invaderla, figuriamoci dopo. Se i rapporti con i germani furono più difficili, questo avvenne a causa della loro difficile integrazione nell’Impero (in cui ebbero un totale successo i Galli e gli Iberici).
La vita era così prevedibile e calma (la famosa pax romana) che l’Impero, dopo la sua caduta, fu rimpianto per secoli. E i dotti continuarono a parlare e scrivere in latino ancora per una dozzina di secoli: diversamente le università non avrebbero potuto essere internazionali.
Chi sostiene questo genere di tesi lo fa per attirare l’attenzione, pronunciando una sonora bestemmia culturale, pur di vendere qualche copia in più. Come qualcuno che cercasse di dimostrare che la Regina Elisabetta era in realtà un’incontenibile ninfomane. Spazzatura, non storiografia.

L’IMPERO ROMANO VISTO DALLA CALIFORNIAultima modifica: 2024-04-10T10:11:18+02:00da gianni.pardo
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