GAZA NON È IL PROBLEMA

GAZA NON È IL PROBLEMA

Oggi i media si occupano di Gaza ma esiste un problema ancora più grande: il Libano meridionale. È una bomba che potrebbe esplodere da un giorno all’altro, provocando molti più danni. Mentre a Gaza c’è un’enorme quantità di palestinesi pronti a compiere atti di terrorismo ma incapaci di agire – sia perché mancano di armi pesanti e non possono riceverne, sia perché non possono uscire dalla Striscia  – nel Libano meridionale ci sono meno fanatici ma in compenso essi sono liberamente armati dalla Siria e dall’Iran. Il governo di Beirut non osa toccarli. Da Gaza si possono temere attacchi terroristici, dal Libano una guerra.

Qui si vede quanto vana sia stata l’iniziativa italiana di creare un corpo di osservatori da inviare in quel paese. I nostri soldati, e quelli degli altri paesi che collaborano in questa spedizione, non hanno – o non esercitano – né il potere di controllare efficacemente il territorio né quello di impedire che in esso si predispongano le armi e le strutture per attaccare Israele. In tempo di pace questi soldati fanno una sorta di villeggiatura, in tempo di guerra dovranno scappare via come lepri per evitare di essere massacrati nel fuoco incrociato. Ma questo è secondario: si è sempre saputo che l’intervento era puramente cosmetico.

Se gli Hezbollah si sono fino ad ora astenuti dall’inviare missili in territorio israeliano non è stato perché c’erano soldati europei, ma perché Israele li ha colpiti molto duramente, checché ne dica la propaganda, e perché un secondo attacco uguale al precedente sarebbe suicida. Essi si muoveranno quando l’aggressione sarà meglio organizzata. E infatti proprio in questi giorni l’esercito libanese ha trovato otto razzi (“Katiuscia” e “Grad”), dalla gittata massima di 20 chilometri, nascosti a cinque chilometri dalla frontiera e puntati verso Israele .

L’uso dei missili ha una sua precisa spiegazione. In uno scontro campale, di Hezbollah e dell’intero Libano Israele farebbe un solo boccone. Viceversa, sparando razzi e facendo vittime civili, Hezbollah conseguirebbe un grande successo: come tutti i paesi democratici Gerusalemme è sensibilissima alla sicurezza dei propri cittadini, i quali non perdonerebbero certo a Tsahal di non averli saputi proteggere. E tuttavia, non c’è modo di difendersi da missili che piovono dal cielo e sparati così da vicino da non consentire preavviso. Questi dati fanno già capire quello che potrebbe avvenire.

Il “partito di Dio”, armato dalla Siria e soprattutto dall’Iran, potrebbe scatenare una tempesta di missili sulle città israeliane, con lo scopo di fare quante più vittime civili sia possibile. Israele, non potendo fermare quei razzi, risponderebbe con la stessa moneta. Non potendo colpire gli Hezbollah (chi sono, gli Hezbollah? Dove stanno?), colpirebbe Beirut e le altre grandi città in maniera devastante. Prima le infrastrutture, poi, se le proprie vittime civili fossero veramente numerose, potrebbe a sua volta fare volontariamente migliaia di vittime civili. Farebbe pagare carissimo, ai libanesi, l’errore di aver lasciato mano libera ai terroristi sul proprio territorio. E qui si pone un problema di diritto internazionale: sarebbe giustificata, la risposta di Israele?  Soprattutto tenendo conto che Hezbollah non teme né la morte dei propri uomini né, ovviamente, quella di tutti i cittadini libanesi?

Il governo di un Paese non è quello che si proclama tale (per esempio un “governo in esilio”) ma quello che ha l’effettivo controllo del territorio. Se dei ribelli riescono a dominare uno Stato non sono più “banditi”, “rivoltosi” o “rivoluzionari”: sono il legittimo governo. Ex facto oritur ius, il diritto nasce dal fatto. È questa la rgione per cui la Gran Bretagna, con decenni di anticipo su altri paesi, riconobbe la Cina di Mao Tse Tung: perché Mao aveva il controllo del territorio.

Nel caso del Libano, esiste un “governo” a Beirut ma esso non ha il controllo del territorio. Se l’avesse, non permetterebbe né le intrusioni della Siria né la rischiosissima attività di Hezbollah. Dunque, quanto meno in senso militare, il governo del Paese ce l’ha il “partito di Dio”. E se esso attacca un altro paese, è il Libano stesso che è in guerra con Israele. E questo Stato ha dunque il diritto di rispondere ad eventuali attacchi stragisti con altri attacchi stragisti. Americani ed Inglesi hanno distrutto le città tedesche dopo che i tedeschi avevano attaccato Londra o Conventry col preciso interno di uccidere cittadini britannici. Ormai da decenni a Gerusalemme si dice che “la caccia all’ebreo non è più gratis”. Per giunta, mentre Libano e Siria non hanno la forza di distruggere Israele, Israele può senza sforzo radere al suolo tutte le città più importanti di ambedue i paesi. Senza neanche usare l’atomica.

Non è facile spiegare come mai un “governo” come quello libanese possa essere disposto a correre questi rischi. Forse pensa che ogni giorno di pace in più è un giorno di vita in più. Forse in Medio Oriente la logica e la ragionevolezza sono assenti da decenni.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

GAZA NON È IL PROBLEMAultima modifica: 2009-01-01T11:47:20+01:00da Giannipardo
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