L’INGANNO DEL SILLABARIO

L’INGANNO DEL SILLABARIO

Sulla realtà tutti abbiamo due generi di informazione: quella sociale e quella diretta. Per quella sociale, che appare già nel sillabario, tutte le madri amano i figli. Per quella diretta la maggior parte delle madri ama i figli: ma ce ne sono che li uccidono.

Ognuno ha ben chiari i lati negativi della propria realtà perché ne soffre. Viceversa, per tutto ciò che è al di fuori della propria esperienza diretta, ha tendenza a rifarsi ai modelli pubblici: e poco importa se essi non corrispondono alla realtà.

L’esempio migliore è la famiglia. Nell’immaginario collettivo essa è costituita da una coppia di coniugi che si amano ed amano i loro figli. Questi, a loro volta, amano i genitori e si amano fra loro. “Si vogliono bene come fratelli”, nella retorica corrente, significa che sono più che intimi amici e “Siamo una famiglia” significa “ci vogliamo tutti bene”. Nella realtà concreta, moltissimi si trovano ad avere una famiglia che non corrisponde affatto allo schema da cartolina e si considerano sfortunati. Lo schema leggendario però rimane intangibile  e nessuno lo nega pubblicamente. Inoltre nessuno pensa ai problemi altrui. Chi ha avuto un padre imbecille, oppure una madre nevrotica, oppure dei fratelli egoisti o violenti, non pensa a chi ha vissuto il dramma di un padre avvinazzato e violento. L’alcolismo, la malattia mentale, la droga, la violenza esistono, ma non si accoppiano col concetto della famiglia e dunque le loro vittime si considerano delle eccezioni. Solo Freud, col suo coraggio, ha potuto dire che “la famiglia è il nido in cui si alleva la nevrosi”. Quando infine, come accade di frequente, ci sono serie occasioni di contrasti – classico il caso del divorzio o dell’eredità da dividere fra fratelli – ci si accorge che la parentela non migliora i rapporti giuridici. E ognuno conclude sconsolato: mi sarebbe andata meglio se avessi avuto da fare con un qualunque estraneo.

Ma non si salvano neanche le famiglie “normali”. Tutti considerano ovvie le cose positive (“E perché mai mia madre non dovrebbe volermi bene? È mia madre, no?”) e finiscono col notare solo le cose negative (“Mia madre è un’ignorante, con lei non posso avere nessun dialogo”). Il giovane idealista che ha una famiglia assolutamente perfetta la disprezza e non vede l’ora di scappar via. Non gli viene neppure in mente che fa parte dei fortunati. Sa solo che non può perdonare persone che riderebbero delle poesie che lo entusiasmano o preferiscono Celentano a Mozart.

Da un lato si sopravvaluta la famiglia in generale, vagheggiando una sorta di improbabile paradiso in Terra, e dall’altro si sottovaluta la famiglia in cui ci si trova a vivere in concreto.

Qualcosa di analogo avviene nella vita politica. I cittadini, malgrado mille esperienze contrarie, continuano a credere nel libro di lettura. I grandi uomini politici devono essere dei santi dediti esclusivamente al bene pubblico, privi di ogni difetto, perfino di quello senza il quale non si diviene qualcuno: l’ambizione. Nella realtà, i politici sono uomini come gli altri e con meno scrupoli della media: infatti, per prevalere nel loro campo, non bisogna essere delle mammolette. Infine ce ne sono molti che fanno politica puramente per interesse. Non hanno l’ambizione di guidare il paese verso la felicità ma di divenire assessore, per i vantaggi concreti che potranno lucrarne.

Malgrado questa incontestabile realtà, che i giornali continuano ad insegnare quotidianamente a suon di scandali, da sempre – basti pensare a Pericle (ed era Pericle!) accusato di peculato – moltissimi continuano a ritenere che tutti i politici abbiano l’ineludibile dovere di essere dei modelli di virtù. Per questo continuano a stracciarsi le vesti per ogni minima scorrettezza. Dimostrano di non conoscere la storia e continuano a strizzare gli occhi per non vedere la stessa realtà in cui vivono. Basta leggere i giornali per vedere a che punto i lettori sono disorientati. Fanno i moralisti e, invece di lodare chi non ruba miliardi, cercano il pelo nell’uovo. Ancora una volta, il libro di lettura prevale sull’osservazione della realtà. E non c’è modo di vincere questi pregiudizi. Contro l’ignoranza accoppiata col wishful thinking, cioè col desiderio di credere vero ciò che vero non è, la ragione è impotente.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

1 gennaio 2009

L’INGANNO DEL SILLABARIOultima modifica: 2009-01-02T12:02:02+01:00da Giannipardo
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