VOLTAIRE A GAZA

VOLTAIRE A GAZA

Quando si tratta di azioni militari il futuro è imprevedibile. Helmuth von Moltke diceva: «Preparate tutti gli scenari alternativi nei minimi particolari. Sappiate però che dovrete combattere in quello a cui non avete pensato» I risultati infatti possono sempre essere diversi da quelli prefigurati. Dunque nessuna persona ragionevole s’impanca a profeta. Se qui si discute dei possibili risultati dell’intervento israeliano a Gaza è solo perché è inevitabile chiedersi che cosa avverrà.

Hamas, come stabilito anche dall’Ue, è un’organizzazione terroristica. Lo prova il suo statuto, che prevede l’eliminazione di Israele; lo provano gli attentati contro cittadini inermi portati a termine dai suoi militanti; lo provano i continui lanci di razzi verso il sud di Israele, razzi che hanno lo scopo dichiarato di fare vittime civili. Si tratta dunque di un’organizzazione che non segue neppure i più elementari principi morali o di diritto internazionale di guerra, per non parlare delle varie Convenzioni di Ginevra. Dal tempo dei Sumeri e dei Faraoni nessuno si è prefisso lo scopo di uccidere tutti gli abitanti di un paese. Nessuno ha programmato di scacciarli dal loro territorio fino all’ultimo e per giunta, nel caso degli israeliani, di buttarli a mare, visto che nessuno dei vicini accetterebbe di ospitare cinque milioni di ebrei.

Tutto questo è barbarico ed arcaico,  per non dire preistorico, ma, se pure in una mentalità criminale, sarebbe comprensibile se Hamas avesse almeno rispetto per i palestinesi: ma non è così. La sua missione di odio è posta al di sopra della stessa vita degli abitanti della Striscia di Gaza. Se gli israeliani ne uccidessero la metà Hamas direbbe soltanto che quei morti sono shahid, martiri, e non è una ragione per cambiare politica.

Il parallelo con Hitler è inevitabile. Non solo anch’egli ha attuato quel genocidio che i palestinesi sognano, ma non ha avuto la minima pietà per il popolo tedesco. La Germania tecnicamente ha perduto la guerra nel 1943 o prima. Quando si dice “tecnicamente” si intende che, da un dato momento, le sorti del conflitto non possono che volgere al peggio. A questo punto un governo ragionevole (per esempio proprio quello germanico, nel 1918) chiede la pace. Hitler invece, spinto dalla sua smisurata egolatria, ed anche dalla sua follia criminale, ha lasciato che, ancora per anni, intere città fossero distrutte e altri milioni di tedeschi fossero uccisi. Sperava che la Germania morisse con lui.

Anche Hamas – che pure con qualche beneficenza e con la fama di integrità morale si è guadagnato il voto, per poi vanificarlo con un colpo di Stato contro Fatah – non ha nessun riguardo per le sofferenze degli abitanti della Striscia di Gaza. L’odio per Israele è un Moloch al quale si può sacrificare un intero popolo. E infatti assiste senza batter ciglio alla punizione inflitta da Gerusalemme.

Dal punto di vista della politica internazionale, tutto questo significa che Israele non ha un interlocutore. A chi non tiene nemmeno alla propria sopravvivenza non si può offrire nulla. Non si può minacciare nulla. Ecco perché Israele si è risolta all’azione: se un paese si ostina ad inviare razzi per ammazzare dei civili, non rimane che punirlo. Chi vuole la guerra è bene che l’abbia. Chi, pur di non concedere pace, è disposto a morire, è bene che muoia.

Se dopo l’azione punitiva dalla Striscia non partiranno più razzi, il risultato sarà stato raggiunto. Se invece non si ottenesse una tregua è ovvio che Israele potrebbe riprendere i suoi interventi, magari sempre più sanguinosi, quando lo reputasse opportuno: ha il dominio incontrastato dell’aria e una tecnologia infinitamente superiore. Ma l’esasperazione della popolazione israeliana non sarebbe per questo minore. Che cosa fare, a quel punto? Domanda senza risposta.

Se non si vuole essere pessimisti senza speranza, rimane lecito sperare che le ferite inferte ad Hamas siano tali da indurre a più miti consigli la dirigenza di questa gang: dopo tutto, è ciò che è avvenuto nel Libano meridionale, con Hezbollah. Ma questa vicenda fa venire in mente una terribile battuta di Voltaire: “Non è vero che tutti gli uomini agiscono per egoismo. Se fosse vero, ci sarebbe modo di mettersi d’accordo”. I fanatici non sono sensibili all’egoismo e non ascoltano nemmeno l’istinto di conservazione.

Si è quasi tentati di rimpiangere Yassir Arafat che era corrotto, sì, ma egoista e amante della vita.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

3 gennaio 2009

 

VOLTAIRE A GAZAultima modifica: 2009-01-03T09:40:35+01:00da Giannipardo
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