Teologia e sociologia

In un articolo tanto breve quanto pregevole il Direttore Marino Longoni scrive che L’Europa «non è più un punto di riferimento politico e morale. Non è più un modello». Il mondo rigetta «il suo individualismo selvaggio, il nichilismo, la crisi demografica e lo sfascio delle famiglie, le derive woke e Lgbt». Gli altri Paesi «intuiscono la fragilità, l’inconsistenza, di un tessuto sociale ormai privo di valori assoluti». Tanto che – citando il prof Niall Ferguson dell’università di Harvard – Longoni conclude che non si può fondare una società stabile sull’ateismo.
La tesi è interessante e, probabilmente, ben fondata. Ma se ne può dare una diversa interpretazione. Gli altri Paesi hanno ragione quando intuiscono la nostra assenza di valori assoluti. Ma non è detto che i loro valori assoluti, anche se li tengono insieme e li rendono più pugnaci, siano migliori del nostro disorientamento. Fra i loro valori assoluti c’è spesso la totale sottomissione a Allah, nella personale interpretazione di coloro che li governano come una mandria di bestiame, mentre noi, nel nostro anarchismo, consideriamo i nostri governanti come noi, al nostro servizio per giunta, e non appena non ci piacciono pi+ù li mandiamo a casa, arrivando a prefere Eden a Churchill, subito dopo che è stata vinta la guerra. Inoltre, mentre la maggior parte di loro venera l’Uomo della Provvidenza, il dittatore di cui un Fato benefico ha valuto far dono alla nazione, l’europeo occidentale non crede alla Provviedenza e ancor meno all’Uomo della Provvidenza. La Russia di Putin sogna di rivalutare Stalin, mondandolo del peccatuccio di avere tormentato e ucciso molti milioni di uomini, gli italiani non perdonano a Mussolini l’assassinio di Matteotti, in cui oprobabilmente non ebbe parte e di cui punì, se non ricordo male, i colpevoli. Il nostro «individualismo selvaggio, la crisi demografica», ecc. potrebbero non essere un decadimento, ma il raggiungimento dell’età adulta, col recepimento dell’annuncio nietzschiano di oltre un secolo fa: «Dio è morto». E se Dio è morto, come possiamo credere in lui, come possiamo appoggiarci a lui? E se non possiamo credere in un Ente metafisico, come potrebbe credere a qualcuno che è umano come noi, e forse peggiore di noi? Molti musulmani, in Turchia, dopo ottant’anni di kemalismo, hanno creduto di liberarsi dalla decadenza occidentale. Ora le ultime elesioni mostrano che neanche Erdogan, agli occhi dei turchi, ha diritto al titolo di Uomo della Provvidenza. Forse è l’Uomo dell’Inflazione senza Freni.
Da un lato dunque, col rinnegamento del padre, abbiamo raggiunto l’età adulta, dall’altro non siamo abbastanza maturi per adattarci ad un mondo senza Dio. O – se ci adattiamo – lo facciamo comprendendo che il nostro è un mondo senza bussola e senza speranza. L’individualismo non è selvaggio. I selvaggi fanno sempre gruppo. L’individualista è colui che ha perso i valori della comunità ed ha accettato di essere assolutamente solo sulla Terra, e per giunta molto temporaneamente. La stessa coscienza della morte, e dell’assenza di un al di là, rende l’uomo pragmatico. Se il mondo è scombinato, se gli uomini sono disorientati, insomma se la vita è assurda, che senso ha sacrificarsi per avere figli? Se non ho figli l’umanità potrebbe estinguersi. Ma che me ne importa, se si estingue? E comunque, avendo figli, gli faccio un favore o gli impongo l’insopportabile fardello di una vita in cui la maggior parte è infelice?
. Lo stesso per lo sfascio delle famiglie: non c’è più un’autorità metafisica che le tenga insieme, e i ragazzi sin dai quattordici anni vogliono essere padroni del loro destino. Anche se è per drogarsi o divenire etilisti. Loro non intendono obbedire ai genitori, i genitori non sentono il dovere/diritto di educarli, e la società va un po’ alla deriva. Ma chi dice che questa deriva non sia l’unica conclusione filosofica da trarre da una società senza trascendenza? Il soprannaturale che tiene insieme i popoli non evoluti è un mito: non è comunque un progresso essersi liberati da un mito?

Teologia e sociologiaultima modifica: 2024-04-05T10:28:37+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “Teologia e sociologia

  1. Dio è morto e da tanto tempo, ben prima della proclamazione ufficiale da parte di Nietzsche (Zarathustra: Gott ist tot). Bene, benissimo. O devo dire: davvero bene, benissimo? Non amo la parola mistero che non fa parte del mio vocabolario. Ma per lo meno enigmatica è questa gigantesca macchina dell’universo con centinaia di miliardi di galassie e centinaia di miliardi di stelle o soli all’interno di una singola galassia. Per non parlare poi dell’ipotesi di un universo parallelo o persino di infiniti universi paralleli, una realtà da far girare la testa. Cosa siamo noi esseri umani? Poco più di un nulla (ma logicamente non proprio nulla ossia zero, visto che riusciamo a sondare gli enigmi dell’universo e calcolare il tempo trascorso dal big bang (13,8 miliardi di anni-luce, 13,8 e non 13,7 come hanno ricalcolato recentemente gli astrofisici – ma come faranno?).
    A volte (a volte) mi piace l’eterno ritorno di Nietzsche o l’eternità del tutto di Severino – che un filosofo moderno, Sossio Giametta (morto il mese scorso a 94 anni) considera ridicola, oltre che indimostrabile. E dunque? Lo stesso Giametta, che ha tradotto e commentato tutto Nietzsche ed era forse il suo maggiore conoscitore e interprete (Nietzsche non mi ha mai particolarmente attirato e Croce non lo considerava proprio), mi scrisse una volta che “la vita e l’universo non hanno nessun senso”, il senso caso mai è vivere al meglio, galleggiare, prendere la vita dal senso giusto, allora non si pone nemmeno il problema del senso della vita. Purtroppo l’uomo ha la brutta abitudine di riflettere – allontanandosi dalla vera vita che è azione, piacere, ma anche riflessione e filosofia grazie alle quali l’umanità ha fatto incredibili progressi nelle conoscenze (ma non ancora sul piano morale – ma ci stiamo arrivando con l’IA e magari qualche modifica genetica, il transumanesimo).
    Dunque bisogna vivere bene, questo ci appaga. La riflessione, prerogativa degli esseri umani, va bene, ma poi dobbiamo tornare a vivere, dice Giametta – che apparentemente se l’è goduta da quel che mi raccontava.

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