UN MASSACRO INUTILE E RIPETITIVO

La Repubblica Ceca non merita particolarmente quella qualificazione di trigger happy (dal grilletto facile) che molti attribuiscono agli Stati Uniti: e tuttavia uno studente di 24 anni (avrebbe anche potuto essere laureato, a quell’età), sparando all’impazzata dal tetto della Facoltà di Filosofia ha ucciso 15 persone e ne ha ferite 24. E prima aveva ucciso suo padre. La follia omicida non ha nazionalità. Basti pensare alla tranquilla Norvegia in cui, nel 2011, un giovane dal nome Breivik di persone ne uccise, nientemeno, settantasette.
E tuttavia sempre, in questi casi, si rimane impressionati e come tramortiti. Da un lato non si può che condividere lo strazio di tante brave persone che devono piangere la morte o la sofferenza dei loro cari; dall’altro non si può non notare che il fenomeno è tutt’altro che nuovo o raro. Molti credono di sradicarlo rendendo più difficile l’accesso alle armi da fuoco ma è vana speranza. Le stesse interpretazioni psichiatriche non servono a molto. Al massimo permettono di darsi conto del fenomeno. Basta allineare alcuni fatti.
Normalmente chi progetta una strage sa che, in fin dei conti, fra i morti ci sarà anche lui. Dunque, per capire un simile personaggio, ci dobbiamo mettere nei panni di chi progetta il suicidio. Di chi è talmente infelice da superare anche quell’istinto di conservazione che è forse il più forte in qualunque essere vivente. Ciò che lo differenzia dal suicida normale è che questi provoca soltanto la propria morte, lo stragista compie a suo modo una missione. Per esempio il melanconico (totalmente infermo di mente) uccidendosi salva sé stesso dalla vita e, uccidendo la o le persone care, salva anche loro. Il suicida criminale poi è come se dicesse: «Io non voglio più vivere, ma neanche tu devi continuare a vivere». E questo «tu» è – nella sua visione annebbiata – la causa della sua infelicità.
Ecco il classico omicidio-suicidio dell’innamorato deluso o del marito abbandonato, nel momento in cui si rendono seriamente conto di essersi alienati per sempre l’amore e la presenza di una compagna (o più raramente di un compagno) di cui assolutamente non sono in grado di fare a meno. In questo caso la causa dell’infelicità è una persona. Ma a volte l’infelicità dipende da un sentito fallimento esistenziale, dalla coscienza di non aver combinato niente di buono nella vita, di non essere riusciti ad inserirsi armonicamente nella società. A farsi degli amici. Ad essere uno come gli altri e, possibilmente, uno meglio degli altri: e allora dal «tu» si passa al «voi», da una persona alla società.
E qui il crimine diviene insieme tremendo e assurdo. Tremendo perché vengono uccise molte persone, assurdo perché nessuno riuscirà mai ad uccidere la società. Dicono che Caligola abbia sospirato: «Mi dispiace che il popolo romano non abbia una sola testa». «Perché?», gli chiesero. «Perché taglierei quella testa». Se dunque l’impresa era impossibile per il padrone dell’Impero Romano, come potrebbe riuscirci un tizio qualunque, sparando da un tetto? E tuttavia questa volontà di annichilamento generale era l’intenzione del giovanotto di Praga. Infatti pare abbia scritto: “Odio il mondo e voglio lasciare quanto più dolore possibile”. Invece di capire che chi odia il mondo è un disadattato, quale che sia la ragione del disadattamento (persino la superiorità), condanna il mondo per essere com’è. L’esempio che tutti fanno, a questo punto, è quello di colui che imbocca l’autostrada in controsenso e condanna gli altri perché sono loro che vanno in controsenso. E per questo genere di follia la collettività non ha difesa.
Una cura psichiatrica prima del fattaccio sarebbe utile? Probabilmente sì, ma non sempre. La difficoltà è che mentre la cura funzionerebbe con chi ha le qualità e le capacità per adattarsi al mondo, magari cambiando alcuni parametri e alcuni comportamenti, la cosa diviene ardua – se non impossibile – con chi è poco intelligente, con chi ha più difetti che qualità, con chi si rende insopportabile e non si accorge di rendersi insopportabile. La teoria psicoanalitica si basa fondamentalmente sul graduale e sentito riconoscimento della verità. Ma non possiamo nasconderci che la verità è una grande conquista quando ci indica come emendarci, mentre potrebbe essere l’ultimo chiodo sulla bara, se ci rivelasse che siamo insalvabili. E meritiamo la nostra emarginazione. Da questa si salva anche l’inferiore purché perdoni, sorrida, ami. Ma l’imbecille nocivo e aggressivo, come salvarlo?
Per fortuna, non faccio lo psichiatra.

UN MASSACRO INUTILE E RIPETITIVOultima modifica: 2024-01-02T10:24:38+01:00da gianni.pardo
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