POLITICS AND POLICY

L’America aveva praticamente stanziato 61 miliardi a favore dell’Ucraina ed ora questa sovvenzione è in bilico per questioni di politica interna tra repubblicani e democratici. E tutti pensano che se l’America non disincaglia quella somma per l’Ucraina saranno guai. Ma la mia opinione – ripeto, opinione – è che i 61 miliardi saranno versati. Non si tratta di ottimismo della volontà, ma di pragmatismo. In un negoziato duro e importante si recita la parte degli intrattabili, addirittura minacciando di alzarsi dal tavolo e andar via, ma in realtà, se c’è un negoziato, è segno che gli interessati vogliono da un lato comprare qualcosa e dall’altro vendere qualcosa. Dunque se l’affare non si conclude, tutti sono delusi. Il negoziato insomma non è sul se si debba comprare o vendere ma a quale prezzo. I repubblicani vogliono che sia seriamente ostacolata l’immigrazione dei latinos; i democratici non vogliono perdere la guerra d’Ucraina.
Probabilmente è vero che il diavolo si nasconde nei particolari: ma non è che i repubblicani siano indifferenti al problema dell’Ucraina o i democratici a quello dell’immigrazione. Del resto si ha una controprova. Gli Stati Uniti, salvo errori, hanno già speso quarantaquattro miliardi di dollari, per l’Ucraina. Potrebbero accettare di averli sprecati? A me sembra più probabile che le parti si metteranno d’accordo all’ultimo momento, in quelle che una volta si chiamavano le stanze piene di fumo. Tanto perché i delegati possano dire che si sono battuti allo spasimo fino all’ultimo momento. I loro sostenitori li accuserebbero del peggio, se non lo facessero.
Io non so qual è il dead end, cioè l’ultimo momento utile. Ma se è il 31 dicembre sera, avrò una ragione in più per non ascoltare il discorso del nostro Presidente della Repubblica (come faccio da decenni).
Naturalmente potrei sbagliarmi ma, se mi sbaglierò io, molto di più si saranno sbagliati i politici americani. Se invece la mia previsione si avvera, non solo Putin sarebbe molto deluso ma il suo errore si rivelerebbe marchiano: infatti avrebbe confuso la momentanea congiuntura politica (politics, che può scendere al livello di cortile), e la policy, che è una cosa molto più seria. Tanto che il Webster americano così la definisce: a definite course or method of action selected among alternatives and in light of given conditions to guide and determine present and future decisions, cioè una precisa linea o metodo di azione scelto fra diverse alternative alla luce delle condizioni date per guidare e determinare le decisioni presenti e future. E, appunto, alle condizioni date, non c’è alternativa all’aiuto all’Ucraina.

POLITICS AND POLICYultima modifica: 2023-12-24T10:20:07+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “POLITICS AND POLICY

  1. Leggo: “The New York Time riporta che: l’amministrazione Biden sta silenziosamente segnalando il sostegno al sequestro di oltre 300 miliardi di dollari in beni della Banca centrale russa , dicono alti funzionari statunitensi ed europei. L’amministrazione ha avviato negoziati urgenti per utilizzare questi fondi per aiutare l’Ucraina in un momento in cui il sostegno finanziario sta diminuendo. Insieme ai paesi del G7, ha iniziato a valutare se è possibile utilizzare i poteri esistenti o se chiedere al Congresso il permesso di utilizzare i soldi. Il sostegno a tale legislazione sta crescendo al Congresso, dando ottimismo all’amministrazione Biden. La Casa Bianca insiste affinché una soluzione sia pronta entro il 24 febbraio 2024 , secondo anniversario del conflitto in Ucraina. I politici stanno anche discutendo su come verranno spesi esattamente i soldi: solo per la ricostruzione o il sostegno finanziario all’Ucraina, oppure solo per le operazioni militari.”
    Se ben capisco, il trucchetto di finanziare l’Ucraina con i soldi sequestrati alla Russia può mettere d’accordo Repubblicani e Democratici.

  2. La questione è, nel contempo, più semplice e più complessa.
    Repubblicani e democratici sono uniti da una tendenza: isolarsi dal resto del mondo. Solo che mentre i democratici cercano di farlo, arraffando quanto possono, finché possono, i repubblicani sono più per uno strappo traumatico.
    Trump, interrogato sulle vicende ucraine, e pur avendo costruito un rapporto con Putin, ha sempre detto che la vicenda si sarebbe dovuta gestire dicendo al collega russo che, se fosse entrato in Donbass, l’America sarebbe intervenuta anche con l’atomica. Ma al tempo stesso, Trump è il portavoce di un’America che si è stancata di fare guerre in giro per il mondo per poi tornarsene puntualmente con le pive nel sacco. I repubblicani d’America sanno benissimo che si è chiusa una fase storica della politica internazionale e che, in un mondo che diventa sempre più multipolare – con tutto ciò che di positivo ma anche di negativo significa per i pesci piccoli come l’Italia – non c’è più spazio per l’interventismo.
    Trump inoltre deve rendere conto ad una classe media che si è stancata di bollette alle stelle e del caro di generi alimentari.
    Questo è il motivo per cui non condivido pienamente la Sua analisi, professore. Perché dà per scontato un interesse di tutto il popolo americano per una vicenda che non vede tutti gli americani schierati dalla parte dell’Ucraina, tutt’altro. E quelli che votano Trump lo sono ancor meno.
    Io penso che l’America vada verso una sorta di perestrojka che ne ridurrà fortemente l’influenza su scala globale, che è poi anche ciò che sosteneva la buonanima di Kissinger.
    Staremo a vedere.

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