IL PROSSIMO PRESIDENTE AMERICANO

Molta parte della stampa, ed anche degli opinion leaders, è convinta che le prossime elezioni presidenziali in America le vincerà Donald Trump e che questa vittoria sarà una disgrazia per l’Occidente. Naturalmente potrebbero avere ragione come potrebbero avere torto. Ma, appunto, dal momento che queste opinioni sono prevalentemente di sinistra, ci si potrebbe chiedere come mai il Partito Democratico si ostini a prendere in considerazione la candidatura di Joe Biden. Sia chiaro, non c’è molto da rimproverare a questo Presidente: come ogni Presidente democratico (dunque mite e pacifista per definizione) egli si è fino ad oggi mostrato risoluto e per nulla intimorito dinanzi alle sfide globali. L’illusione mondiale che con un Presidente democratico ci si potessero permettere più attacchi od offese agli Stati Uniti è stata regolarmente smentita, quasi come in tutte le altre occasioni. A cominciare dal fatto che la bomba atomica su due città piene di civili è stata sganciata per ordine di un Presidente democratico. In realtà, i democratici non dovrebbero candidare Biden alle elezioni esclusivamente per la sua età. Che egli desideri essere candidato non è un mistero, e non sorprende nessuno: l’ambizione, fino a quando hanno già un piede nella fossa, è una caratteristica di tutti i politici. Quando dicono che il tale è ormai in pensione non ci credete. Significa che l’hanno messo da parte. Fosse dipeso da lui, sarebbe ancora sul proscenio. Ma un Presidente molto anziano è un pericolo: non soltanto l’età veneranda potrebbe attaccare le sue capacità di guida del Paese, e già ora il modo di camminare di Biden è quello di un vegliardo ma, se venisse a morire prima della fine del mandato, non è detto che il Vice-Presidente, di solito una figura sbiadita o allarmante, sarebbe una buona guida per il Paese. Quanti americani, oggi, sarebbero contenti di vedere Kamala Harris divenire Presidente degli Stati Uniti, sia pure per successione? Dunque il Partito Democratico dovrebbe scegliere un candidato credibile e giovane, un candidato che oggi non si vede neppure all’orizzonte. E ciò mentre manca meno di un anno alle elezioni.
Ma veniamo a Trump. La sinistra si fa sempre un dovere di mostrificare gli avversari e con Trump ha gioco facile. Il soggetto è eccessivo, discutibile, a volte (dicono) volgare. La sua è una destra arrabbiata, a favore dei bianchi, contro gli immigrati, contro le manie della sinistra (tipo il deleterio fenomeno woke) e, peccato non veniale, contro la political correctness. Inoltre è inseguito da una muta di magistrati. Ma, se il grande pubblico democratico guarda a questo, il mondo si preoccupa molto di più delle sue tendenze isolazioniste. Il suo motto non sembra essere soltanto Make America great again!, ma Make America great again and the hell with the rest of the world!
Ma al riguardo bisogna dire parecchie cose. In primo luogo ogni campagna elettorale induce alla demagogia e alle esagerazioni. In particolare, la campagna presidenziale in America si vince sul fronte interno, non su quello internazionale. Agli americani del resto del mondo importa poco. Sono certi che, qualunque cosa accada nel mondo, ad est come ad ovest, avverrà ad un oceano di distanza. Dunque Trump parla in primo luogo, se non esclusivamente, agli americani. Quanto all’isolazionismo, è una delle due tendenze fondamentali dell’America (l’altra è l’internazionalismo), e gli States oscillano fra l’una e l’altra senza mai lasciare che una delle due prevalga definitivamente. Ma soprattutto Trump ha ragione su un punto: è stato comprensibile che l’America si svenasse per l’Europa quando essa era stremata e l’Unione Sovietica era aggressiva. Ma ora che la Russia è una tigre di carta, perché mai i contribuenti americani dovrebbero pagare per la difesa dell’Europa? Essa è abbastanza ricca per crearsi un esercito potente e unificato. E se, essendo demente, non lo fa, perché mai l’America dovrebbe pagare per essa? Che vada al diavolo. Suicidarsi non è reato.
È vero che in politica interna l’America è spaccata ma – potrebbe dire Trump – se lo è, perché mai dovrebbe prevalere la metà democratica, se proprio della metà democratica il popolo non ne può più? Questo è il gioco democratico: ammesso che votare per Trump sia un errore, l’elettorato ha anche il diritto di sbagliare. Come in Italia è avvenuto con il Movimento di Grillo. Tanto, se ci sono dei danni, poi chi li paga è il popolo. E in fondo c’è poco da scegliere. Se Trump è allarmante, anche l’America democratica dà preoccupanti segni di alienazione mentale e tendenze all’autolesionismo.
Per fortuna ci sono i fondamentali, che non cambiano seguendo le opinioni degli editorialisti principe. La politica estera degli Stati Uniti non è determinata dalle idee politiche del Presidente del momento, ma dagli interessi di quel grande Paese: interessi che sono una costante da cui nessuno può prescindere. Si è visto anche con la presidenza Biden. Dunque, se diverrà di nuovo Presidente, in politica estera, deludendo Putin, Trump continuerà la politica di containment sia della Russia sia della Cina. Solo all’Europa potrebbe creare dei problemi, economici e militari. Ma non sarebbero i problemi che Trump crea all’Europa, sono i problemi che l’Europa, pretenziosa vecchietta un po’ svanita, ha creato e crea a sé stessa.

IL PROSSIMO PRESIDENTE AMERICANOultima modifica: 2023-12-04T09:24:36+01:00da gianni.pardo
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11 pensieri su “IL PROSSIMO PRESIDENTE AMERICANO

  1. Chiedo scusa al padrone di casa e ai suoi lettori per un commento troppo brutale sull’Ucraina, la parte rimasta al momento sotto il governo di Kiev.
    Leggo nel sito Euronews https://it.euronews.com/2023/07/26/lucraina-e-tra-i-paesi-piu-corrotti-deuropa-un-ostacolo-per-lingresso-nellunione:
    “Nonostante i lievi progressi degli ultimi anni, l’Ucraina resta tra i Paesi più corrotti d’Europa e la mancanza di riforme rappresenta uno dei maggiori ostacoli per l’ingresso di Kiev nell’unione”.
    Presumo che la riluttanza a inviare soldi a Kiev sia in parte giustificata da questa brutta fama, dal timore che una parte cospicua dei soldi vada ad arricchire qualche politico o militare di alto grado invece che a fornire armi per sconfiggere il nemico (invasore, ladro di terre).
    Temo che una parte del Congresso degli Stati Uniti stia pensando che dare miliardi al Presidente Zelensky equivalga a buttarli via :))

  2. Accipicchia, ieri il Presidente della maggior potenza mondiale si è svegliato spaventato dalla “tigre di carta”:
    “Se Putin conquista l’Ucraina non si fermerà lì… non possiamo lasciare che vinca”: lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, alludendo ad un suo possibile attacco contro un alleato Nato e all’ipotesi che di conseguenza le truppe americane finiscano col combattere quelle russe. (ANSA).

    poveretto, che cosa si deve inventare per far stampare qualche altro miliardo di dollari da buttare in Ucraina !!

  3. Non mi sono spiegato, a me non interessa chi vince o chi perde in Ucraina ma seguo i suoi ragionamenti: quando si fa la guerra è sempre meglio vincerla, se possibile, perchè il diritto internazionale non esiste, esiste solo la forza delle armi, dell’economia e delle alleanze.
    i russi temporeggiano ed hanno scelto la strategia del logoramento, pare che funzioni. Le sanzioni non sono servite anzi, hanno mandato la Germania in recessione, pensa un po’, la locomotiva …
    Gli USA sembrano ricchi e potenti ma hanno un debito di più di 30 trilioni di dollari, la FED stampa moneta senza limiti per sostenere la politica di dominio degli Stati Uniti e la bolla finanziaria è al limite del rischio sopportabile.
    Non è questione di gusti, in altri tempi dissi che la Russia assomiglia a un onesto lavoratore che vive del suo stipendio, non ha debiti ma ha proprietà prestigiose nel centro storico: cosa è meglio nel lungo periodo lo lascio dire agli esperti.
    Di fatto è autonoma, tecnologicamente avanzata, produce nelle sue industrie militari quello che serve: si può dire lo stesso di Kiev? non credo.
    Non tutti si rendono conto che la Russia possiede 1500 aerei da guerra (caccia e bombardieri) molti di ultima generazione, non è un segreto, ne sta usando circa 300: il clown di Kiev mendica una quarantina di F-16, tecnologicamente obsoleti e pare che glieli diano l’anno prossimo. Visto come sono finiti gli Abraham e i Leopard gli sponsor titubano …
    Personalmente non mi arrischio a giudicare quale paese è più democratico, però capisco cosa è meglio per realizzare gli interessi nazionali: la Russia ha un Presidente autocrate, come tanti altri paesi con cui l’Italia ha relazioni, Turchia compresa, che sta sostenendo Hamas e minacciando Israele. Nessun politico si scandalizza. Per gli atlantisti bisogna sconfiggere la Russia, è un dogma (non è razionale) che non si deve discutere.
    Chiacchiere, quello che conta è che NON è l’Ucraina che sta perdendo ma sono gli sponsor del colpo di stato del 2014 che stanno perdendo, quelli che hanno permesso la strage di Odessa che in piccolo ricorda la strage del 7/10 per Israele. La metodologia è la stessa anche se contrapposta: si negano le stragi, non sono avvenute, gli uni dicono che la guerra è colpa della Russia che ha invaso gli innocenti e pacifici patrioti banderisti di Kiev e gli altri dicono che Hamas, nuovi partigiani, si difendono da Israele, lo stato occupante. Naturalmente la verità storica esiste nei due casi ma il tifo, come l’amore, acceca. e si ammazzano come è giusto che sia quando l’odio prevale.
    otto dieci milioni di russofoni dovrebbero sparire per quel burattino di Zelensky, beh, pare che invece riescano a sopravvivere.
    Ora leggo le prime ammissioni che la guerra si poteva evitare, anche i Media americani lo dicono, peccato che tutto l’arco costituzionale italiano voleva la vittoria di Kiev in nome della pace: 500.000 morti, molti di più che a Gaza.
    Si arriverà a una tregua? si vedrà.
    Ma i fatti hanno la testa dura, ora gli USA dicono che i soldi sono finiti e la Russia è ancora lì, al centro della politica internazionale: oggi Putin è in Arabia Saudita e vedrà gli Emirati. il Mondo multipolare avanza e agli USA restano le centinaia di basi militari in giro per il pianeta che potrà usare solo quando la Terza Guerra Mondiale porterà il mondo alla rovina finale.
    Begli amici che avete.
    PS: la frase “è una tigre di carta” fu detta da Mao in un incontro tra paesi antimperialisti, che cercavano di sottrarsi al dominio americano: non si riferiva all’economia, alla ricchezza, ma alla politica debole degli USA che, proprio in questi giorni, si manifesta non trovando soluzioni condivise, nè all’interno nè all’estero (quanti DEM antisemiti!!). Al contrario, la politica estera della Russia è forte (anche se a qualcuno non piace) e trova interlocutori in tutto il mondo non occidentale.
    Mao ha previsto con largo anticipo il declino dell’impero USA.
    Ma non vuol dire che era, a pari merito con Stalin, un esempio di virtù, anche se l’eliminazione del nazismo è merito dell’URSS e della Cina (costata decine di milioni di morti).

  4. Sulle capacità degli U.S.A. rispetto a chi si sforza di elogiare regimi totalitari (Cina e Federazione russa) consiglio di leggere l’articolo dell’ottimo Edoardo Narduzzi pubblicato a pag. 12 di ItaliaOggi del 5 dicembre 2023.
    Mediti chi ha da meditare…
    Stefano Troilo

  5. La Russia è un Paese povero nonostante le immense ricchezze che ha nel sottosuolo e di cui non ha alcun merito. Ricchezze che le consentono di fornire energia a basso prezzo alla propria industria. Un vantaggio che altri Paesi non hanno. Ciò nonostante la Russia non ha un’industria manifatturiera competitiva. A parte qualche bottiglia di vodka e scatoletta di caviale, la Russia non esporta praticamente nulla. Solo idrocarburi, fertilizzanti, prodotti agricoli e armi. Perché ?
    La manifattura è sempre espressione della cultura e del modo di vivere di un Paese. Quella russa non trova compratori nei Paesi occidentali perché espressione di una cultura obsoleta.
    Altro che grande potenza.

  6. La Russia è una tigre di carta perché è povera (come prodotto interno lordo è dietro l’Italia), sostiene da sola lo sforzo di una guerra e nessuno l’aiuta. Ma se lei vuol credere che sia un gigante, si accomodi.
    Perché l’Ucraina non la batte? Perché neanche l’Ucraina è ricca, e dipende dagli aiuti occidentali che non la mettono in condizioni di vincere.
    Nella guerra ucraina non si scontrano due grandi potenze ma due grandi impotenze.

  7. Mao Tse Tung (lo scrivo come si scriveva allora) 1956:
    “Adesso l’imperialismo americano è molto forte, ma la sua non è una vera forza.
    Politicamente è molto debole perché è staccato dalle grandi masse popolari, non
    piace a nessuno, nemmeno al popolo americano. In apparenza è molto forte, ma
    in realtà non non c’è da averne paura, è una tigre di carta. L’apparenza è quella
    di una tigre, ma è di carta, non resiste alle raffiche di vento e agli scrosci di pioggia.
    Secondo me gli Stati Uniti sono proprio una tigre di carta”.
    Temo che questo giudizio sia diffuso anche nella dirigenza cinese attuale e temo anche che il declino (economico e morale) degli USA sia incominciato da un po’: vivremo abbastanza a lungo da vedere come andrà a finire?
    Nella realtà, non nei sogni di un atlantista innamorato.

  8. Tranquilli, il Professore dice che la Russia è una tigre di carta (nel 1956 Mao Tse Tung lo diceva degli USA), frase efficace ma un po’ semplicistica.
    Ma allora, visto che dopo quasi due anni di guerra sostenuta dalla Nato e dall’EU con miliardi spesi in armi e aiuti, migliaia di sanzioni economiche (autolesioniste), la Germania in recessione ecc. ecc. la Russia è ancora lì, libera e felice … di chi è la colpa visto che “è una tigre di carta” che non fa paura a nessuno?

    Temo che il capro espiatorio sia il burattino Zelensky, ogni giorno più traballante …

  9. Certo, ma allara: e se fosse allora vero che Trump era realmente un agente Russo che ha vinto con brogli elettorali nel 2016 grazie alla macchinazione russa che avrebbe infiltrato le principali piattaforme compresa wikileaks per diffamare ingiustamente la Clinton.

  10. Condivido pienamente il suddetto articolo. Resta però un piccolo (o forse grande?) neo: se è vero che Trump avrebbe fomentato e sostenuto l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio di tre anni fa come la mettiamo?

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