A CHI APPARTIENE LA PALESTINA

Anche se avesse tendenza a disprezzare i palestinesi, una persona di buon senso non potrebbe mai negare che fra loro ci sarà anche molta gente perbene. Persone colte, moderate e ragionevoli, anche se perdute in un mare di ignoranza e di fanatismo. Ed è in nome loro che bisogna assolutamente astenersi dal giudicare in blocco tutti gli arabi di Palestina. Purtroppo il destino di una nazione non è determinato dalla qualità dei suoi uomini migliori, ma dalle qualità e dal comportamento degli uomini comuni; che sono la maggioranza. Per fare un esempio a noi vicino, nessuno può sostenere che i meridionali italiani siano più stupidi dei veneti; ma – lo stesso – chi può negare che abbiano meno spirito imprenditoriale, meno capacità di creare ricchezza, meno spirito civico, e proprio per questo siano più poveri? Sullo stesso territorio una popolazione attiva come quella olandese o israeliana chissà che livello di vita avrebbe raggiunto. Se dunque ora si dice che il caso della Palestina è disperato non è per pregiudizio, ma perché è ciò che si deduce dai fatti: come l’arretramento del Sud italiano rispetto al Nord.
La sfortuna dei palestinesi, in larga misura auto-inflitta, si coglie innanzi tutto ripercorrendo la loro storia. Come si sa, l’Impero Ottomano è stato estremamente esteso ed è nato ben prima che nascessero le coscienze nazionali. In quel tempo era molto più importante che si fosse cristiani o musulmani, cattolici o ortodossi, che si parlasse l’una o l’altra lingua e per il resto era secondario che politicamente si facesse capo all’una o all’altra potenza. Non esisteva ancora il concetto di nazione. E questo stato di cose era anche in parte l’eredità dell’Impero Romano che riuniva sotto di sé tante regioni, anche molto diverse ma con pari dignità, purché sottoposte a Roma. Prova ne sia che durante l’Impero gli imperatori spesso sono stati di nazionalità (diremmo oggi) diversa da quella romana. Non solo ce ne furono più d’uno spagnoli, ma ce ne fu persino uno arabo. Nello stesso modo, nell’immenso Impero Ottomano contava più la comune religione musulmana che l’essere nati in Albania, in Iraq o in Palestina. E questo cosmopolitismo estendeva la sua tolleranza anche alle altre religioni: prova ne sia che quando los Reyes Católicos scacciarono gli ebrei dalla Spagna, più o meno al tempo della scoperta dell’America, è nell’Impero Ottomano che essi trovarono rifugio. Divennero così quelli che oggi chiamiamo sefarditi, e che in quelle terre sono vissuti serenamente per quasi cinque secoli. Solo recentemente sono stati costretti a lasciare il Maghreb per rifugiarsi in Israele.
Per tutte queste ragioni, salvo che nei decenni recenti, sarebbe stato ozioso chiedersi a chi appartiene – o deve appartenere – la Palestina. Per un tempo lunghissimo la risposta è stata: a Istanbul. E per il resto c’era posto per chiunque volesse abitarci. E così è stato anche dopo che l’Impero Ottomano si è dissolto, alla fine della Prima Guerra Mondiale. La grande novità che ha creato il nodo gordiano che oggi abbiamo sotto gli occhi si è avuta durante il secondo dopoguerra. Cioè dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ciò che ha cambiato radicalmente la posizione dei pezzi sulla scacchiera è stato un rivolgimento religioso di cui non sono in grado di dare una spiegazione. Erano più tolleranti i mori (allora probabilmente più evoluti di noi) che invasero la Sicilia e la Spagna, governandole per secoli, di quanto non siano oggi dei beduini senza arte né parte. Questo dramma che sembra eterno, questo fanatismo religioso, e questo odio che sembra così radicato, sono fenomeni così recenti, immotivati e feroci, che non si riesce affatto a capirli. Ma bisogna prenderne atto. È come se, mentre il mondo sviluppato progrediva sempre più, l’orbe musulmano da un certo momento in poi avesse visto le lancette dell’orologio muoversi all’indietro.
Dunque, chi ha diritto sulla Palestina? Tutti e nessuno. Quel territorio è così antico che ha avuto mille padroni, dagli ebrei ai faraoni, dai romani alle nazioni vicine e soprattutto all’Impero Ottomano. Infatti la questione non è giuridica: è religiosa. E non dal lato cristiano o ebraico, ma esclusivamente musulmano. Da quelle parti l’intolleranza è di gran moda. E se gli arabi non la smetteranno con la pretesa infondata di avere un diritto esclusivo sulla Palestina, se chiederanno uno Stato indipendente soltanto per avere un territorio da cui partire per attaccare Israele, non avranno mai né quello Stato né la pace. E neppure la prosperità che avrebbero potuto ottenere da una proficua collaborazione economica con Gerusalemme. Ma ognuno – come diceva quell’antico romano – è l’artefice della propria sorte.

A CHI APPARTIENE LA PALESTINAultima modifica: 2023-11-25T11:42:03+01:00da gianni.pardo
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14 pensieri su “A CHI APPARTIENE LA PALESTINA

  1. Claudio Antonelli, grazie, mi ha fatto venire in mente qualcosa a cui non avevo mai pensato.
    Lei ha scritto “…continuando a predicare, per millenni, il ritorno in Israele, senza mai decidersi pero’ a tornare”.
    E a pensarci, effettivamente e’ cosi’. Ogni anno, per Peisach si diceva “L’shana abbah le Yerushalayim” (l’anno prossimo a Gerusalemme). Pero’, alla fine, non ci andavano, restavano li’ dov’erano. Il senso di comunita’, cosi’ importante per gli ebrei, rendeva difficile per i singoli distaccarsi dal villaggio natio per spostarsi in un luogo, la Palestina, ormai divenuto quasi selvaggio e alieno.
    Perfino dopo la cacciata da Spagna e Portogallo (1492 e sg.) furono ben pochi gli ebrei che si mossero in Palestina, preferendo invece Nord Africa, Balcani, Italia, ecc. E continuando a sognare Gerusalemme.

  2. “Avraham Yehoshua ha anche dichiarato che soltanto Israele puo’ garantire la sopravvivenza degli ebrei.” Nicola De Veredicis.
    Questa frase isolata non chiarisce il pensiero di Yehoshua, ed anzi rischia di oscurarlo. Bisogna invece andare al testo preciso della sua dichiarazione: “Per me, Avraham Yehoshua, non c’è alternativa… non posso mantenere la mia identità fuori da Israele. [Essere] israeliano è la mia pelle, non la mia giacca. Stai cambiando giacche… stai cambiando paesi come se cambiassi giacche tTu ebreo, errante]. Io ho la mia pelle, il territorio,”
    Yehoshua è per un territorio-patria. Il suo patriottismo è un patriottismo legato al territorio – Israele – e non transnazionale, come lo è stato per gli ebrei della diaspora. E continua ad esserlo per chi invece di andare a vivere in Israele continua a venerare Gerusalemme nelle sue preghiere e nei suoi riti quotidiani . Yehoshua è contro il cosmopolitismo, l’internazionalismo, il nomadismo degli ebrei, che per un paio di millenni hanno fatto promessa “L’anno prossimo a Gerusalemme”, continuando di vivere “all’estero”. Egli critica un’identità ebraica che sia basata sui miti e le leggende, ossia sulla religione. Una religione che non dà a Cesare quel che è di Cesare. Egli spiega la persecuzione subita dagli ebrei come la conseguenza del loro voler vivere in casa altrui, pur continuando a seguire la propria legge e i propri costumi, ed entrando, inevitabilmente, in conflitto contro i “padroni di casa”, ossia i vari popoli che di volta in volta li accoglievano.
    È molto critico della tradizionale identità ebraica nella quale Popolo, Nazione e Religione si fondono: il Popolo-Nazione deve la propria ragion d’essere alla religione, e la religione deve la propria ragion d’essere al Popolo-Nazione. È questo, secondo lui, un rapporto incestuoso e anche pericoloso perché conduce ad una sorta di “totalitarismo” religioso.
    Tale nazionalismo-religioso o religione-nazionalista ha questo di
    paradossale: è un nazionalismo “a-territoriale”. Gli ebrei lo hanno praticato a casa
    degli altri continuando a predicare, durante un paio di millenni, il ritorno in Israele,
    senza mai decidersi però a tornare, ed anzi, quando le cose si mettevano proprio male nel paese che li aveva accolti, si trasferivano in altri paesi, guardandosi bene dal “rientrare’ in Israele, su cui il potenziale decisivo conflitto tra legge religiosa e legge civile faceva pendere una spada di Damocle.
    Lo studioso Avraham Yehoshua ravvisa inotre nell’inconciliabilità tra le due leggi – la legge dello Stato e la Legge religiosa – la causa del perenne nomadismo degli ebrei, ai quali un Israele stato sovrano non avrebbe mai permesso di vivere in una maniera conforme alle rigorose, restrittive norme di vita stabilite dai libri sacri. Del resto oggi in Israele esiste un conflitto irrisolto tra gli ultraortodossi, ancora minoranza ma in continua crescita demografica, e il resto della popolazione.
    Si puo’ non essere d’accordo con le tesi di questo grande scrittore e intellettuale israeliano, ma è difficile negargli una grande intelligenza e una grande umanità, doti ampiamente testimoniate dal suo agire e dai suoi pensieri. Ricorderemo, tra l’altro, che celebro’ con parole nobili il libro Cuore di De Amicis, che aveva letto assiduamente da bambino, e dal quale aveva ricevuto generosi insegnamenti di vita e un imperituro amore per l’Italia. Libro qualificato invece dal nostro Umberto Eco, come uno spregevole libro “protofascista”.

  3. Quanto alla “questione del diritto storico del popolo ebraico alla Eretz Israel” Avraham Yehoshua trattando il tema fece questa premessa : “Il piano è chiaro: 1) Voglio mostrare che il concetto di diritto storico è privo di qualsiasi valore oggettivo e di qualsiasi legittimità morale quando si tratta del ritorno del popolo ebraico alla sua terra. 2) Ma voglio anche provare a dimostrare che il popolo ebraico aveva il diritto morale di impadronirsi, anche con la forza, di una parte della Eretz Israel come, del resto, di qualsiasi altra terra in nome di un diritto che legittima una situazione di disagio.”
    Fece anche questa cinica ma salutare proiezione storica: «Se avessimo deciso di tornare a Sion un secolo prima per fondarvi uno Stato ebraico a metà del XIX secolo, e se, venendo in massa, avessimo liquidato fisicamente o espulso gli abitanti di Sion nel paese, come fecero tanti popoli nei paesi che conquistarono, non avrebbe avuto luogo alcun dibattito sul nostro diritto alla Palestina. »

  4. “Nel corso della storia [noi Ebrei] ci siamo innestati su altri popoli e abbiamo giustamente preteso di poter godere di tutti i diritti derivanti da questa appartenenza. Se le nazioni si fossero comportate come facciamo noi, associando l’affiliazione religiosa a una specifica affiliazione nazionale, non avremmo avuto modo di rivendicare uno status civico e nazionale tra loro, e tutti gli ebrei avrebbero dovuto lasciare la diaspora e tornare in Israele, o restarvi come eterni stranieri. In una parola, nei nostri rapporti con le nazioni del mondo, violiamo un principio di reciprocità. Questo è un evidente errore morale.” (Avraham Yehoshua, testo tratto dalla conferenza pronunciata nel maggio del 2003 all’Università di Tel-Aviv).

  5. Noi abbiamo una PA malsana ricattatrice vendicativa pesante. Inoltre nn abbiamo a chi rivolgerci, anzi bisogna stare attenti. Provate ad aprirvi un’attività in Sicilia e vedete cosa succede. Perché la gente pensa che 4 scappati di casa cafoni buzzuri delinquenti possono tenere in scacco una regione? Non ci sono le condizioni per intraprendere e lo dimostra l’emigrante che appena le condizioni glielo permettono si espande imprenditorialmente e professionalmente. Il parcheggiatore è lì a dare fastidio da 13 anni.

  6. Carlo, non dimentichiamo la scienza islamica nel medioevo, a quei tempi la piu’ avanzata al mondo. A quei tempi, di Nobel ne avrebbero presi a bizzeffe. E la loro tolleranza di allora verso gli Ebrei. Forse ogni popolo ha avuto il suo momento d’oro. Pensa alla Grecia prima di Cristo, e quella di oggi. Oppure l’Egitto.

    Gli Ebrei, invece, sono stati sempre un gradino piu’ su degli altri….
    (oddio, che cosa mi e’ scappato… 😀 )

  7. Nel mondo ci sono 15 milioni di ebrei e 1,8 miliardi di mussulmani (1 ebreo ogni 120 mussulmani ) . Ciò nonostante a fronte di 180 premi Nobel assegnati ad ebrei i mussulmani ne hanno ricevuti solo 2 ( Abdus Salam pakistano e Ahmed Zewail egiziano, ma naturalizzato americano. Come si spiega questa differenza abissale ? Io non credo a differenze di ordine genetico, credo invece che gli ebrei si impegnino nello studio molto più dei mussulmani perché hanno una sete di conoscenza che ai mussulmani manca. Perché? Perché per il mussulmano la causa di ogni fenomeno proviene da Allah, dalla volontà di Allah. E questa convinzione, inevitabilmente, riduce fino a spegnere, la sete di conoscenza.

  8. x Daniele Biondini.
    Io sono ancora in alto mare. Citando il sud italia rispetto al nord, Gianni voleva solo fare un parallelo con il diverso spirito imprenditoriale degli arabi da quello degli ebrei israeliani. Ed e’ estremamente diverso, puo’ starne sicuro. (Insh’ Allah!).
    Il suo esempio del parcheggiatore deve probabilmente riferirsi alla situazione in Israele, ma ancora continua a sfuggirmi chi rappresenta questo parcheggiatore. E poi, che differenza farebbe se nel lotto sterrato non ci fosse alcun parcheggiatore abusivo.
    Per concludere, in Israele nessuno e’ abusivo.

  9. L’esempio del parcheggiatore abusivo serve per spiegare come sia molto molto difficile fare impresa nel sud. Se intanto qualcuno vuole rispondere. Cosa fareste? Dalla risposta capirete che l’esempio del brillante e seguito G Pardo è sbagliato.

  10. Dal Web:
    “Si potrebbe sostenere che una nazione non solo immagina se stessa, ma anche gli altri la immaginano e ne offrono costruzioni o rappresentazioni come amica o come nemica. Queste ‘immaginazioni’ contano. Consideriamo, ad esempio, la questione Israele/Palestina. Alcuni palestinesi dipingono Israele come uno strumento del potere imperiale occidentale in Medio Oriente, e gli israeliani protestano contro tali immagini. D’altro canto, si consideri l’argomentazione del critico palestinese Edward Said:
    ‘Ciò che dobbiamo rivedere è la questione della rappresentanza, una questione sempre in agguato accanto alla questione palestinese…. Il sionismo si impegna sempre a parlare a nome della Palestina e dei palestinesi; ciò ha sempre significato un’operazione di blocco, attraverso la quale il palestinese non può essere ascoltato (o rappresentarsi) direttamente sulla scena mondiale. Proprio come l’esperto orientalista credeva che solo lui potesse parlare (per così dire paternamente) per i nativi e le società primitive che aveva studiato – la sua presenza denotava la loro assenza – così anche i sionisti parlavano al mondo a nome dei palestinesi.’”

  11. in tanti anni che sono al mondo non ho mai visto una banda di assassini che si nasconde dietro donne e bambini rapiti, considerati da stati di diritto (gli USA, l’esercito più potente al mondo) come se fossero un’associazione caritatevole che si occupa di rifugiati.
    Hamas è riuscita a prendere in giro tutto il mondo civilizzato. e sta vincendo.
    Anche se questa sarà la loro ultima azione (sono martiri suicidi, non hanno futuro, sono sacrificabili) sono stati diabolicamente astuti.
    Credo che Israele non dimenticherà mai il 7/10, è solo questione di tempo

  12. Mister Pardo ha fatto un errore logico argomentativo enorme. Le faccio una domanda; confinante con lei c’è un parcheggiatore abusivo in un lotto sterrato. Ogni macchina un mare di polvere, voci e 4 sportellate per ogni macchina fino alle 4 del mattino. I confinanti tutto il giorno senza aprire porte e finestre per la polvere. Oltretutto minacce continue. Cosa fa?

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