ACCORDO SUI SEQUESTRATI

L’accordo raggiunto fra Israele e Hamas per la liberazione di circa cinquanta persone sequestrate (non è corretto chiamarle ostaggi) è, secondo tutti, una buona notizia. Ma che lo sia realmente è da vedersi. Se fosse stato un affare, il Gabinetto di Guerra di Israele non ne avrebbe discusso per sette ore. E se c’è voluto tanto tempo per chi disponeva di tutti i dati, figurarsi se può essere seriamente fondata l’opinione di chi osserva i fatti da lontano. Si può solo andare a spanne.
I lati negativi sono evidenti. Dopo l’immenso errore commesso anni fa per ottenere la liberazione di un solo soldato, Gilad Shalit, liberando oltre mille detenuti fra cui anche capi di Hamas, Israele era estremamente restia a commettere lo stesso sbaglio. In quel Paese la liberazione di un detenuto palestinese corrisponde a rimettere in circolazione un delinquente che non starà con le mani in mano, con grave scorno delle vittime e di coloro che hanno spesso rischiato la vita per arrestare i colpevoli. Per esempio nell’inferno di Jenin. Ecco perché, dovendo liberare 150 detenuti, Israele ha preparato una lista di 300 detenuti, in modo che chiunque sia contrario al rilascio di uno di loro, abbia il diritto di ricorrere alla Corte Suprema che deciderà in merito in tempi brevi.
Inoltre non si vede perché accettare la sproporzione tra prigionieri liberati da Hamas e prigionieri liberati da Israele, 50 contro 150, e per giunta 50 innocenti contro 150 colpevoli. La lista delle ragioni per non accettare l’accordo è lunga, e si sa che il giorno dopo tutti sono pronti a criticarlo e a dire che si poteva ottenerne uno migliore. Anche per questo il governo ha chiesto e ottenuto l’approvazione dell’opposizione, in modo da non avere (troppe) brutte sorprese a partire da domani.
Israele ha accettato l’accordo perché ha dovuto decidere nella situazione com’è, non come sarebbe giusto che fosse. E la situazione com’è è tale che se Israele avesse rifiutato qualunque compromesso avrebbe avuto tutti contro. Basti dire che Joe Biden per primo si è detto straordinariamente gratificato dalla notizia dell’intesa raggiunta. Il piagnisteo internazionale sulle donne e i bambini tanto palestinesi quanto (ma molto meno) israeliani alla fine ha esercitato una pressione insostenibile, da far pensare all’uomo della strada e alla casalinga di Voghera: «Ma questi israeliani non si rendono conto che gli danno tutti torto, e dunque hanno torto?» Dimenticando l’aureo detto secondo cui un milione di sardine non è molto più intelligente di una singola sardina. Solo pesa molto di più.
I fatti positivi sono pochi. Innanzi tutto, se ci sarà, la liberazione di alcuni sequestrati. E forse (forse) qualche critica in meno per Israele. È difficile trovare molto altro.
E passiamo al lato tecnico. Innanzi tutto non conosciamo i particolari riguardanti le modalità dello scambio, e si sa che il diavolo si nasconde nei particolari. Come invita il detto, non dire quattro se non l’hai nel sacco. Inoltre c’è il problema di ciò che potrebbe avvenire durante i quattro giorni, per caso o per la slealtà di una delle parti. Conoscendo Hamas non ci sarebbe da stupirsi se cominciasse a sparare a qualche pattuglia israeliana, interrompendo tutta l’operazione e scatenando l’inferno. Ancora peggio sarebbe se partissero dei razzi contro Israele: perché, mentre l’agguato a un paio di soldati israeliani può essere sconfessato, il lancio di razzi sarebbe una responsabile e innegabile violazione della tregua, cui Israele non mancherebbe di rispondere con estrema violenza. Questo è facile da prevedere proprio perché Israele non è arrivata volentieri all’accordo.
Hamas evidentemente teneva alla tregua, ma è difficile vedere a che cosa possa veramente servirle, dal momento che la Striscia è sigillata e non possono arrivare aiuti. Né i gazawi sfuggiranno al buio, al freddo, alla pioggia, e alla mancanza di assistenza sanitaria. Indubbiamente tutti tireranno un po’ il fiato, se la tregua sarà lealmente rispettata, ma la promessa di Israele di riprendere la guerra, immediatamente dopo, è del tutto credibile. I militari israeliani anzi si staranno chiedendo come possono approfittare di queste ore di pace per meglio organizzare il seguito della guerra. E qualcosa di analogo – ma con infinitamente minore libertà di manovra – farà Hamas.
Ciò che potrebbe avvenire in seguito non è chiaro. Questi quattro giorni rimarranno un episodio isolato o sono l’inizio di un’operazione di più vasto respiro? Tutto è possibile. Persino che Israele si renda conto che è difficile vincere questa guerra se, per vincere, si intende eliminare totalmente Hamas. Non soltanto i suoi capi sono all’estero ma essa ha il sostegno intimo, pronto a divenire pubblico, della maggioranza dei palestinesi e di tutte le sinistre antisemite del mondo. Inoltre, operando nel sud della Striscia, dove metterà la popolazione palestinese, visto che Gaza City è pressoché distrutta? E perché non cercare la pace dopo che la punizione è stata già tremenda, con la morte – secondo Hamas – di oltre diecimila gazawi?
Certo, le rimarrà il problema di come garantire la sua sicurezza. E difficilmente i gazawi vedranno scomparire le divise israeliane, dal loro piccolo territorio. Loro che si sono tanto lamentati di un’occupazione che non hanno avuta dal 2005 ora dovranno rassegnarsi ad averla sul serio. E non un’occupazione che corrisponde ad amministrazione, piuttosto un’occupazione che corrisponde a un presidio di polizia in loco. Ma tutto questo riguarda il futuro e abbiamo già abbastanza problemi col presente.

ACCORDO SUI SEQUESTRATIultima modifica: 2023-11-22T11:27:56+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “ACCORDO SUI SEQUESTRATI

  1. bambini e vecchi contro donne condannate per attentati …
    un scambio che dovrebbe rivelare da che parte sta la ragione;
    ma gente come Borrell, il PM spagnolo e quello belga non hanno guardato bene:

    «Dobbiamo porre fine a questa catastrofe umanitaria. Gli aiuti umanitari devono entrare a Gaza in modo sufficiente e regolare», ha detto Sanchez, ringraziando l’Egitto per gli sforzi finora profusi ed esprimendo l’impegno della Spagna e dell’intera Unione Europea nel sostenerlo.
    «Dobbiamo iniziare oggi l’attuazione finale della soluzione dei due Stati. Abbiamo bisogno di un approccio serio per raggiungere la pace e qualsiasi soluzione deve essere globale», ha aggiunto.

    Scurdammoce o passato, chi ha dato ha dato e Israele stia a cuccia

  2. Noticina: temo che la parola “decade” sia da considerare con qualche cautela. In italiano credo debba significare “dieci giorni”, mentre in inglese credo debba significare “dieci anni”. E in ebraico?

  3. Perche’ tre palestinesi liberati per un solo ebreo? Forse perche’ un ebreo vale tre palestinesi…. 🙂

    Piu’ seriamente, e’ un accordo al culmine di complessi negoziati, dunque ci devono pur essere delle ragioni. E i negoziati non erano solo tra Israele e Hamas, ma anche tra le diverse correnti del parlamento israeliano.
    Ultimamente, il ministro della guerra Benny Gantz ha dichiarato ad una conferenza stampa che ” Israele potenzialmente ha davanti a se’ ancora ‘decadi’ per poter distruggere Hamas, mentre l’imperativo di assicurare il rilascio degli ostaggi e’ urgente.”

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