IL DISCORSO DI NASRALLAH

Il discorso del capo degli Hezbollah libanesi, Hassan Nasrallah, è stato importante e chiarificatore. “Alcuni si aspettavano che io oggi annunciassi la guerra”, ha detto. “Ma noi siamo in guerra dall’8 ottobre”. E queste parole fanno pensare ad una commedia. Lo zio ricco fa visita ai nipoti e questi si aspettano un regalo. Lui dice: “Un regalo? Ma ve l’ho già fatto da tempo: è il mio affetto”. Infatti dire “siamo già in guerra” significa: “Non entreremo in guerra”. Od anche: “Non faremo nulla di più di ciò che abbiamo fatto sino ad ora”. Né meno importante è un’altra dichiarazione contenuta in questo discorso. Secondo Nasrallah l’operazione del 7 ottobre è stata frutto di “Una decisione presa al 100% dai palestinesi. La decisione non è stata condivisa con altre fazioni della resistenza islamica”. E, per chi non avesse capito, ha concluso: “Loro hanno deciso ed eseguito”.
Il senso generale è chiaro: Hezbollah non conta di andare oltre qualche simbolico scambio di colpi di artiglieria, perché il massacro del 7 ottobre è opera di Hamas e, se ora Gaza sta pagando caro la sua iniziativa è perché si è messa nei guai da sé e da sola. Non può attribuire a Nasrallah la minima corresponsabilità, proprio perché non l’ha né avvertito né consultato prima. Dunque questa guerra non riguarda Hezbollah. Nasrallah odia Israele e sarebbe contento di distruggerla, ma oltre le parole non va. Di tutto questo bisogna cercare una spiegazione.
La situazione del Libano, da alcuni decenni a questa parte, è catastrofica. Un tempo era stato la Svizzera (e la Montercarlo) del Vicino Oriente: tollerante, civile, cosmopolita e, insomma, uno dei posti migliori in cui andare. In seguito è divenuto un autentico, miserabile inferno e nel 2020 ha anche dichiarato fallimento. Perfino a leggerla nella sintesi di Wikipedia, la sua storia fa girare la testa, e soprattutto è costituita da un rosario di disgrazie che la metà basterebbe. Tutto cominciò con l’invasione dei profughi palestinesi. I libanesi commisero l’imprudenza di accoglierli (diversamente da quanto sta facendo attualmente l’Egitto) e presto quelli si comportarono da padroni (come prima avevano fatto in Giordania, da dove erano stati scacciati a cannonate). Tormentarono talmente Israele che alla fine Gerusalemme invase il sud del Libano fino al fiume Litani. Solo per tenerli lontani. E in seguito, come conseguenza di una prodezza di Hezbollah, Israele invase e semidistrusse l’intero Paese. Fino a provocare un intervento per istituire un contingente militare internazionale, di cui fa parte anche l’Italia, che mantenesse la pace.
Il piccolo Stato non si è mai liberato di due croci: i palestinesi e Hezbollah il quale, longa manus di Teheran, è ormai militarmente più forte dello stesso esercito libanese. Hezbollah è oggi così importante, da costituire magna pars dell’establishment. Come avvenne nell’antichità: penetrati nell’Impero Romano, e trovandocisi bene, i barbari invece di distruggerlo cominciarono a difenderlo. Dunque può darsi che oggi Nasrallah non voglia invischiare il suo Libano in ulteriori problemi.
Ma c’è anche un’altra ipotesi. Un intervento in guerra di Hezbollah, notoriamente finanziato e armato da Teheran, potrebbe essere interpretato come una dichiarazione di guerra dell’Iran e Israele sarebbe lietissima di cogliere l’occasione per “tagliare la testa del serpente”, se le riesce. Soprattutto data la presenza militare americana (due portaerei ed altre navi). È così? Teheran se lo chiede e nel dubbio pensa che comunque un intervento esterno potrebbe destabilizzare il suo regime, già barcollante di suo. Una buona parte del Paese potrebbe infatti vederci una buona occasione per eliminare la teocrazia. Meglio non agitare le acque.
Qualcuno aveva anche ipotizzato che, per non turbare i rapporti tra il Libano e Israele, Hezbollah tentasse di invadere Israele partendo dalla Siria dove sono già presenti installazioni militari iraniane. Ma questo progetto sarebbe risolutamente osteggiato dalla stessa Siria che non dimentica i passati (e drammatici) scontri già avuti con con Israele. Non soltanto Damasco è a pochi chilometri da Israele ma, mentre un tempo la Siria possedeva le alture del Golan e bombardava dall’alto Israele, con la guerra del 1967 Israele conquistò e si annetté quelle alture sicché ora è essa che tiene sotto scacco la Siria, con la sua artiglieria. Insomma Damasco ha avuto abbastanza guai per cercarsene altri.
Israele è circondata da nemici ma tutti questi nemici hanno già avuto modo d’imparare quanto sia rischioso attaccarla. Perfino muovendosi tutti insieme (1967) si rischiano indimenticabili bastonate sul muso. Ecco perché Israele può serenamente continuare la sua guerra: tutti gli ipocriti si piangeranno sui bambini di Gaza (non costa nulla) ma non si muoveranno.
Israele conduce la guerra come un Paese civile: cerca di evitare morti inutili (ecco perché ha invitato gli abitanti di Gaza City a sfollare) ma, quando è necessario, agisce senza scrupoli. La guerra è guerra. Ovviamente tutti le daranno torto, perché questo impone il gioco delle parti, ma nessuno, nemmeno fra gli arabi, vorrebbe avere a che fare con la Fratellanza Musulmana, Hezbollah e Hamas. L’amico più vicino, l’Egitto, ai palestinesi non aprirebbe la porta neanche se li vedesse morire in piedi. Perché sono invadenti, ingrati e pericolosi: come ha dimostrato l’esperienza. Gli arabi sono in media ignoranti ma i loro capi la storia recente la conoscono.

IL DISCORSO DI NASRALLAHultima modifica: 2023-11-06T08:32:57+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL DISCORSO DI NASRALLAH

  1. Grazie per la lucida analisi.
    Solo gli USA possono fermare Israele e, al momento, mi pare di capire che non c’è una linea comune tra i DEM: IDF sta spingendo per ottenere risultati irreversibili, finchè glielo lasciano fare.
    leggo questa mattina che il gradimento di Joe Biden è in picchiata, ci saranno reazioni a un anno dalle elezioni?

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