CESARE GUIDA ISRAELE

Questo articolo è impubblicabile su un normale giornale perché la maggior parte dei lettori non ha molto studiato storia e dunque troverebbe stupefacenti certe affermazioni e certi punti di vista. Chi non li troverebbe affatto stupefacenti, ma addirittura banali, è Giulio Cesare. Moralisti e buonisti del XX Secolo, astenersi dai commenti, salvo rispondere con argomentazioni plausibili anche i grandi autori dell’antichità. Tucidide, per fare un nome.

CESARE GUIDA ISRAELE
di Gianni Pardo

Israele ha parlato di vendetta e non c’è dubbio che ha il diritto di compierla. Ha parlato di guerra, e non c’è dubbio che ha il diritto di muoverla. Ma questo non significa che sappiamo che cosa intenda per vendetta e che cosa intenda per guerra.
Per vendetta si va da qualche casa distrutta allo sterminio dei due milioni di arabi viventi a Gaza. Ipotesi quest’ultima piuttosto improbabile. Come per guerra si va dalla distruzione di qualche obiettivo militare, a radere al suolo Gaza, come hanno fatto gli Alleati con la Germania nel 1944-45. Quando non si è in grado di riempire le parole di un preciso e concreto significato, non val la pena di dire niente.
Si può comunque ipotizzare come avrebbe visto la questione Giulio Cesare. Di lui si può dire che fu clemente (la sua famosa clementia) nella misura in cui (credeva) questa clemenza non lo mettesse in pericolo e non fu mai spietato senza ragione. Offriva amicizia, ma era meglio non averlo come nemico. Un altro che ad Alesia non fosse stato tanto ingegnoso, duro e privo di scrupoli come lui, avrebbe perso la battaglia.
Da padrone di Israele la prima cosa di cui Cesare sarebbe sicuro è che non c’è nulla da ottenere da Gaza né con un negoziato ragionevole né con un atteggiamento generoso. Dunque il suo programma prevederebbe la massima violenza e la massima spietatezza, con l’unico limite dell’utilità per Israele. Per cominciare egli avvertirebbe Gaza che non intende offrire nulla per la liberazione degli ostaggi e li considera già “morti fra le torture”. Ma nel contempo prometterebbe di vendicarli in modo orribile nel rapporto di dieci a uno. Avvertendo per giunta che non darebbe pubblicità alla cosa e opererebbe in segreto. Il segnale dell’avvenuta esecuzione sarebbe l’assenza degli sventurati.
Inoltre sequestrerebbe a decine tutti i parenti reperibili dei capi di Hamas, fino al sesto grado, per farne degli ostaggi da detenere (ed occasionalmente uccidere) in Israele. Se questi ostaggi non fossero in numero sufficiente, ne rastrellerebbe qualche migliaio per la strada e li porterebbe in Israele, per tenerli in prigione in condizioni non mortali, ma orribili. Basterebbe impedir loro di lavarsi.
Poi farebbe entrare l’esercito israeliano a Gaza e, pur avvertendo la popolazione di mettersi in salvo, distruggerebbe almeno la metà degli immobili, con preferenza per quelli grandi e nuovi. E non avvertirebbe affatto se sapesse che in una casa ci sono dei terroristi o dei dirigenti dei terroristi: la casa sarebbe distrutta con tutti dentro, accertandosi comunque che non siano vivi sotto le macerie i principali obiettivi. In quel caso i soldati gli darebbero il colpo di grazia.
Inoltre Cesare sospenderebbe l’erogazione dell’elettricità a titolo definitivo e distruggerebbe le eventuali centrali che gli arabi dovessero tentare di costruire. Poi, pressoché ironicamente, offrirebbe ai senza tetto di emigrare per andare come rifugiati in altri Paesi arabi. In altri termini Cesare renderebbe la vita impossibile a Gaza fino ad ottenere che quasi tutti, senza essere stati toccati con un dito, abbandonino la Striscia. E questa Striscia sarebbe annessa ad Israele. È questa, secondo Cesare, una vera guerra ed è questa, secondo Cesare, una vera vittoria.

CESARE GUIDA ISRAELEultima modifica: 2023-10-09T12:18:26+02:00da gianni.pardo
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7 pensieri su “CESARE GUIDA ISRAELE

  1. Uhm, ho l’impressione che gli impiegati pubblici siano tutti arabi….
    Temperamento contemplativo, al contrario degli “occidentali” che fanno troppo e “distruggono il pianeta, che noi difendiamo con la vernice lavabile”.
    E tuttavia, il modus operandi di Israele nei confronti degli autoctoni fin dagli inizi rimane grave ed ha favorito gli sviluppi futuri: è lì il nodo. Certo, difficile usare moderazione e “calma” per chi, agganciandosi al mito e piegando ad esso la “storia”, è convinto di essere il popolo eletto. Buono, ti dà la carica, come per noi il ricordo di Cesare e la visione del Colosseo, ma non sei solo e non necessariamente gli altri ti ossequiano. Anzi, più probabile il contrario.
    Al momento, la situazione è irresolvibile se non con azioni “cesariane” a breve, ma le conseguenze più avanti possono essere serie. E vicino a casa nostra; che poi è tutto il mondo che condiziona, riscaldando o gelando, casa nostra.

  2. Non solo Nicola ha ragione, ma l’indolenza araba (che Montesquieu attribuiva al clima) di fatto è anche consacrata nella religione, la quale in questo è coerente con la dottrina. Il Dio dei cristiani non è come il Dio aristotelico. Il Dio dei cristiani è anche interessato alla vita degli uomini, è onnipotente e vuole il loro bene. Allora perché mai gli uomini dovrebbero strapazzarsi? Da noi “Pensa Dio” è un modo di dire, per loro Insh Allah (forse si scrive così) corrisponde a “Pensa Dio”, e autorizza ad abbandonarsi e sottomettersi alla volontà di Dio. Islàm significa sottomissione, sottomissione alla volontà di Dio, e si sa che non si muove foglia che Dio non voglia.
    Certo, giocando all’uomo e alla gallina, ci si può chiedere se la mentalità araba ha generato l’imperativo coranico, o se è stato l’inverso. Certo è che gli arabi tendono all’inerzia. Mio zio, a Tunisi, intorno e prima degli anni della Guerra, aveva lavoranti arabi, spagnoli, ebrei, italiani. E diceva (aveva un’impresa di imbianchini): se mi assento e lascio dei lavoranti spagnoli, ebrei e via dicendo, quelli continuano a lavorare. Se sono arabi, si siedono e prendono il tè.
    In fondo hanno ragione. Dio, essendo onnipotente, potrebbe anche dare una mano di colore.

  3. Non ci capiamo. Qui non si tratta di urbanesimo deciso a tavolino. Si tratta di due diversi atteggiamenti verso la vita. Israele mi rompe i cosiddetti almeno una volta al mese, chiedendomi soldi per piantare piu’ alberi. Ed io contribuisco volentieri.
    Ma forse qui giochiamo a non capirci.

  4. “Gli ebrei convinti della loro superiorita’ “. Sbagliato. Gli ebrei non si arrogano alcuna superiorita’. Buona parte degli ebrei in Israele (55%) e’ fatta di Sefarditi, provenienti dai paesi arabi, molto piu’ simili agli arabi che agli Askhenazi. Per mentalita’, cultura, modo di vivere. Gente ordinaria. Vanno a vivere in Israele, si cercano un onesto lavoro, e sperano nel futuro.
    No, le differenze con gli arabi sono di altro tipo.
    Una volta, in Israele, un’amica mi porto’ su una delle colline intorno a Gerusalemme. Indicando una zona costruita piuttosto di recente, mi disse: “Guarda. La parte a sinistra e’ zona israeliana, la parte a destra e’ zona araba. Vedi qualche differenza?”.
    L’unica differenza che vidi fu che la zona a sinistra era verdeggiante, piena di alberi, mentre quella sulla destra era completamente spoglia. Glielo dissi, e mi rispose: “Corretto. Questa e’ una differenza genetica. Noi pensiamo al futuro, al miglioramento. Per loro esiste solo ‘Insh Allah’ “, come Dio vuole.

  5. “non c’è nulla da ottenere da Gaza né con un negoziato ragionevole né con un atteggiamento generoso” è il punto in cui tutti i fili si annodano. Frutto di errori storici di entrambe le parti, originati da un “nuovo ordine” stabilito a tavolino fin dal 1920 e ripetuto nel 1947, senza che nessuna delle due parti (palestinese e sionista) fosse indotta e convinta a collaborare “per il bene comune”. Da un lato, gli ebrei convinti della loro superiorità (culturale e di segno biblico nella “terra promessa”) rispetto ai “cammellieri” e meritevoli di ogni cura in quanto “vittime di atrocità” (cui però i palestinesi non avevano partecipato). Dall’altro gli autoctoni, che si videro piovere addosso orde di “immigrati” che reclamavano spazio “secondo diritto” (umano e divino), e che finirono – in mancanza di protettori oggetto di stima – col reagire armandosi (Arafat – gran furbacchione – col pistolone a fianco…) facendo insipientemente guerre catastrofiche. Naturalmente, anche con giustificazioni religiose (e ti pareva!). E siamo arrivati a questo punto. Giusto, Cesare farebbe terra bruciata (tipo Carthago delenda est, opera compiuta da Scipione), ma Cesare e Scipione erano in una realtà in cui Roma era potenza solitaria e nessuno disposto ad essere amico dei suoi nemici. Ora è un po’ diverso, siamo “globalizzati”, e sarebbe il caso che chi ha un po’ di saggezza la usasse ora, non avendola usata prima. Desiderio inesaudibile. Che facciamo, preghiamo per la pace? Ma pare che il sacro centralino faccia sempre tu-tu-tu-tu.

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