È VITTORIA QUANDO LA RICONOSCE LO SCONFITTO

Siamo in ottobre e la controffensiva ucraina non ha sfondato significativamente le linee russe. Dunque tutto è rimandato alla primavera prossima e nel frattempo mettiamo il cartello Chiuso per freddo. Se già i greci consideravano contraria alle regole e quasi innaturale la guerra in inverno – e ciò pur avendo un clima mite – figurarsi se si può combattere in Ucraina: nel fango, nella neve e nel ghiaccio. Questo forzato rinvio contrasta con la nostra impazienza, ma il fatto che la guerra duri ancora anni potrebbe influenzarne l’esito.
Alcuni anni fa nei Balcani – per motivi politici ma anche religiosi – c’era un insanabile e sanguinoso contrasto fra due popolazioni. Tanto che lo scontro sembrava senza sbocco. Fu a quel punto che un politologo americano (Luttwak?) disse qualcosa di tremendo. O, per lo meno, qualcosa di tremendo per chi non ha studiato storia. Disse che quando c’è un serio contrasto fra due popoli sullo stesso territorio, se ne viene a capo soltanto se uno dei due popoli stermina l’altro, oppure se lo costringe a lasciare il territorio. Finché ambedue sono in grado di combattere, e nessuno riconosce la vittoria dell’altro, la guerra rimane eterna. La lezione è interessante anche per l’Ucraina.
Per la Russia il fatto di tenere tante decine di migliaia di cittadini riluttanti al fronte rappresenta un problema sociale. L’Ucraina non si aspettava di essere aggredita, e per questo non era preparata a difendersi: ma neanche la Russia si aspettava di dover combattere una vera guerra. Soprattutto non se l’aspettavano i russi. Naturalmente poi la propaganda di regime ha raccontato a tutti un sacco di leggende e di bugie, ma la presa della propaganda è tanto maggiore quanto minore è il numero dei morti, e quanto più chiari sono i successi. Quando la guerra ristagna e le belle parole non trovano riscontro nei fatti, la gente comincia a mugugnare; poi ad averne abbastanza; infine perde la fiducia nel potere. A quel punto è pronta per la resa o per il cambio di regime. Ne ha saputo qualcosa l’Italia fra il 1940 e il 1943: quando il Re mandò i carabinieri ad arrestare Mussolini, nessuno pensò ad un’insurrezione per liberarlo: perché lui era politicamente morto e la guerra persa. Analogamente, continuando così, il potere di Putin potrebbe notevolmente indebolirsi. Fino al possibile crollo che molti oppositori sognano.
Qualcuno però potrebbe dire: “Ma guardate la carta geografica. La Russia occupa il 16% del territorio ucraino, e l’Ucraina non riesce a riprenderselo. Non è chiaro che la Russia ha già vinto?” Il ragionamento è tanto semplice quanto sbagliato. A volte la sconfitta è evidente (Italia, 1943), ma a volte la vittoria non lo è. Nel 1940 la Germania aveva invaso una buona parte della Francia e Pétain (come gli Imperi Centrali nel 1918) riconobbe la sconfitta. Ma la Francia era veramente sconfitta? Charles De Gaulle era di parere opposto: la Francia aveva ancora il suo impero, la sua marina e tutte le colonie erano pronte ad aiutarla. Alla lunga ebbe ragione De Gaulle, che non riconobbe mai la vittoria nazista.
Il problema della Russia è che l’Ucraina, per quanto possa soffrire della guerra, non è per nulla disposta a concederle la vittoria (come dicono gli anglosassoni). La Russia potrà dirsi vittoriosa soltanto se invade tutta l’Ucraina o quando questa deporrà le armi. Il guaio è che essa non pensa per niente di farlo, lo abbiamo visto già nel febbraio del 2022. Persino se la Russia invadesse altri territori, rimarrebbe la guerra partigiana. E se la Russia sovietica ha dovuto evacuare l’Afghanistan (come già gli inglesi e poi gli americani) figurarsi se sarà facile tenere un Paese immenso e popoloso come l’Ucraina. Per giunta foraggiato dall’Occidente.
È vero che gli occidentali potrebbero cominciare a stancarsi di sostenere l’Ucraina, ma è anche vero che, più tempo passa, più l’Ucraina sarà in grado di difendersi da sé. Il progresso nella fabbricazione dei droni (e dunque la possibilità di attaccare la Russia sul suo territorio, con armi ucraine) ha già spiegato alla Russia quanto questa svolta possa essere pericolosa. E gli ucraini pensano proprio di imboccare questa strada perché sono i primi a porsi la domanda: “Che cosa fare, se gli occidentali ci mollano?”
Tuttavia è naturale un dubbio: “Un Paese martoriato e distrutto come l’Ucraina può sognare di produrre armi da guerra in tale quantità da poter continuare a tenere in scacco la Russia?” La risposta più naturale è no; ma non è detto che sia quella giusta. L’anno in cui la Germania nazista ha prodotto la maggiore quantità di armi è stato il 1944: quando tecnicamente la guerra era già persa da uno o due anni. Gli alleati con i bombardamenti a tappeto spianavano letteralmente le città, e le fabbriche tedesche, anche sotterranee, continuavano a produrre. Là erano spinte dal fanatismo di Hitler, in Ucraina non è necessario nessun fanatismo: basta sapere perfettamente che significa la dominazione russa. Il problema è solo finanziario e tecnologico.
E c’è un ultimo dato da considerare: il morale. I russi – soprattutto quelli al fronte – sono scoraggiati; gli ucraini sono felici di essere ancora vivi, e sono felici di non essere sudditi dei russi. Gli invasori devono essere spronati dalla propaganda e tenuti a freno da una feroce repressione di ogni dissenso; gli ucraini hanno il morale alto di chi combatte una guerra giusta, e reputa doveroso dare il proprio contributo. Se poi gli Stati Uniti continuano a sostenere l’Ucraina (come impone la più elementare geopolitica) proprio non si vede come il conflitto potrebbe finire con la vittoria della Russia.
Forse fra un anno sarà issato il cartello: Chiuso per freddo per un altro anno.

È VITTORIA QUANDO LA RICONOSCE LO SCONFITTOultima modifica: 2023-10-07T12:39:33+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “È VITTORIA QUANDO LA RICONOSCE LO SCONFITTO

  1. Sarà Biden che legge ancora Topolino oltre che dare calci a Commander, per me io spero solo che non diveniamo noi delle nuove repubbliche sovietiche tenute insieme da guerra paura e fame.

  2. Ah, beh, se lo dice Robert Fico, allora ci possiamo credere a occhi chiusi. Ci sono tre libri però, ben recensiti su Topolino e che quindi mi sono affrettato a comprare: “Breve storia dell’Ucraina. Dal 1914 all’invasione di Putin”, di Massimo Vassallo; “Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus’ di Kiev a oggi”, di Giorgio Cella; “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina” (sottotitolo “Maccarone, te m’hai provocato e io me te magno”), di Benjamin Abelow et al. . Per capire certe pulsioni della Russia attuale può essere utile ripercorrerne la storia attraverso “Russia and the Russians: From Earliest Times to the Present”, di Geoffrey Hosking, che per me ha l’indiscutibile pregio di dare fondamento alla proposta del Generale Buttiglione di riconquistare manu militari Francia, Germania, Spagna e Inghilterra, già territori romani (il resto non interessa, forse l’Egitto per Sharm el-Sheikh).

  3. Non penso sia vero che l’Ucraina non si aspettasse la guerra. Ad esempio questo signore, che ha appena vinto le elezioni in Slovacchia, Robert Fico dice: “I say it loud and clear and will do so: The war in Ukraine didn’t start yesterday or last year. It began in 2014, when the Ukrainian Nazis and fascists started to murder the Russian citizens in Donbas and Luhansk.” https://www.zerohedge.com/geopolitical/slovakia-may-stop-backing-ukraine-war-after-populist-election-win

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