IL BULLISMO

Il bullismo è un fenomeno nuovo e allarmante, dicono molti. In realtà è soltanto una parola nuova per indicare un fenomeno antico. Forse risalente al momento in cui eravamo ancora delle scimmie. In ogni specie sociale è naturale che nel gruppo comandi qualcuno. È la regola per i lupi, per gli elefanti, i licaoni, e più o meno tutti gli animali superiori. E gli animali come stabiliscono chi è il capo? I cervi a cornate, i montoni a testate, i leoni marini a morsi, le giraffe a colpi di collo. I modi cambiano ma il sistema è sempre lo stesso: la violenza fisica.
Dunque è naturale che gli uomini, essendo dei mammiferi superiori e sociali, si battano per essere il capobranco. E anch’essi, se possibile, si battono per avere molte femmine a disposizione: in modo da diffondere al massimo i propri geni (poligamia). I giovani membri del gruppo – mentre sono vittime di una tempesta ormonale e sfavoriti dal loro rango – sono affamati di sesso: per questo corrono dietro le donne, soprattutto quelle il cui aspetto promette di più salute e fertilità (che loro chiamano “bellezza”). Del resto ancora oggi, “avere una bella moglie” è un sintomo di successo. E che sia eventualmente una stupida non importa. Anche le donne, rispondendo al richiamo dell’istinto, cercano di attirare i partner migliori e vincenti. Dunque belli, forti e perfino ricchi: infatti la ricchezza permette di tirar su un maggior numero di figli.
Fra gli animali si compete con la violenza, fra noi normalmente no. Ma lo stesso susciterebbero stupore due giovani che si contendessero una donna a base di cultura, di ragionamenti logici o di componimenti poetici. Infatti Ulisse, il modello del maschio dominante, non usa qualche argomento per convincere i Proci a non insidiargli la moglie: semplicemente li stermina tutti.
Con lo sviluppo della civiltà l’uomo ha dato sempre più spazio alla sua arma migliore per la sopravvivenza della specie: l’intelligenza. Tanto da creare un grande categoria di uomini che possono dominare gli altri senza neppure toccarli con un dito, bulli superiori; mentre continuano ad esistere i bulli inferiori, rimasti allo stadio della superiorità muscolare.
Il bullo di basso rango non è attrezzato per primeggiare in una società sviluppata. Dunque ha una serissima ragione per cercare di imporsi ancora con la violenza: infatti non ha altri argomenti. Comincia ad accorgersi che nella vita sarà un perdente e reagisce scompostamente. Infatti nelle scuole molto spesso il bullo va male, come profitto. E così, dando un pugno al ragazzo bravo, o rompendogli gli occhiali, cerca di recuperare il suo rango. Ma è irrimediabilmente un perdente.
Il violento è in ritardo nello sviluppo personale e nell’adattamento alla società contemporanea. Potrebbe persino far pena, ma è meglio non dire: “È solo un ragazzo!”, pur di perdonarlo: infatti, nella sua frustrazione, è pericoloso e la ferma reazione della società è l’unico modo di rimetterlo al suo posto. Se ci si riesce, bene. Se non ci si riesce la sua violenza andrà repressa con la più risoluta brutalità, perché il linguaggio deve essere adatto al destinatario.
Nella società moderna di solito l’adulto ha già avuto modo d’imparare che l’intelligenza e la competenza contano più dei muscoli; e per questo non è violento. Ma come potrebbe averlo imparato un giovane intellettualmente sottodotato? Come potrebbe capirlo un ragazzino di quindici anni?
L’evoluzione dell’uomo ha fatto apparire una nuova potenza dominatrice, quella intellettuale, e non tutti ne sono adeguatamente forniti. Dunque i bulli di basso rango non sono patologici, sono soltanto arretrati, primitivi e per così dire animaleschi. Del resto anche i bambini – contrariamente alla leggenda – sono violenti e crudeli. Ovviamente crescendo maturano, ma non tutti, e non tutti sufficientemente.
Il bullo superiore, invece, è semplicemente, l’uomo intelligente e competente. Ma guardiamoci dal considerarlo moralmente superiore. Pure se meglio adattato allo stadio attuale dell’evoluzione umana, della sua superiorità egli si serve spesso per dominare gli altri, e a volte maltrattarli, esattamente come faceva e fa la bestia più forte del branco. Infatti non mancano biografie (per non parlare di film) che parlano di uomini che hanno scalato tutti i gradini della società essendo privi di scrupoli, sleali o persino crudeli. Un topos, un luogo comune dell’immaginario collettivo, è quello dello squalo di borsa che si arricchisce depredando gli ingenui, rovinando coscientemente i concorrenti, e vincendo persino quando pareva che dovesse perdere. Del resto, persino nei film di gangster, dove impera la violenza fisica, il capo della banda non si sporca le mani. Ordina la violenza ma non la pratica. Addirittura scimmiotta i comportamenti della high society, dell’alta società.
I molti pacifici devono solidarizzare e organizzarsi contro la prevaricazione dei più forti, quale che sia la forza.

IL BULLISMOultima modifica: 2023-10-05T16:35:09+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL BULLISMO

  1. La parola “bullismo” deriva dall’inglese “bully”, dove oggigiorno ha lo stesso significato che in italiano. Ma stranamente, ai tempi di Shakespeare “bully” aveva il significato di “amato”, derivante dall’olandese ”boel”, che significa appunto fratello, amato. Nel tempo la parola ha cambiato radicalmente significato, ed e’ poi stata accostata a “bull”, il toro, mascolino e aggressivo.
    Mi sovviene il mio primo contatto col bullismo, un contatto letterario. Da bambino lessi “I ragazzi della via Pal”, dove i fratelli Pasztor, autentici bulli, sequestrarono le biglie di vetro ad alcuni ragazzini piu’ piccoli, chiamando l’atto di bullismo “Einstand”. A quel tempo, spesso e volentieri venivo bullizzato anch’io, essendo allora piccolo, magro e con gli occhiali. Non ho dimenticato quegli anni, e non li dimentichero’ mai. Essere bullizzati da ragazzi e’ qualcosa che ti rimane dentro.

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