LA PENSIONE AI VEGLIARDI

Si parla in questi giorni di ridimensionare la pensione dei vegliardi e molti scagliano frecce di fuoco contro questo progetto. Ma nei fatti rischiano di avere ragione coloro che prendono in considerazione l’ipotesi.
Lasciamo da parte la retorica e vediamo qual è l’argomento principe contro quell’odioso provvedimento. Dicono alcuni: la maggior parte dei pensionati la pensione se l’è guadagnata con gli accantonamenti, nel corso dell’attività lavorativa, e dunque quel che percepisce è derivato da un normale contratto. È un suo diritto. Tanto che nei discorsi di chi vorrebbe riformare il sistema sospettano una sorta di ostilità discriminatoria e razzista nei confronti dei grandi vecchi, considerati degli esseri inutili e dei mangiapane a ufo.
I difensori dei pensionati hanno ragione nella loro spinta ideale ma hanno torto nella sostanza. Premesso che personalmente faccio parte dei grandi vecchi, e già faccio gli occhi dolci ai cento anni; premesso che non parlo nel mio interesse, farei notare che non tutti coloro che incassano mensilmente una pensione se la sono guadagnata. Negli anni della follia italiana (cioè sempre) per favorire l’occupazione si è offerta la pensione agli impiegati statali con venti anni di servizio. In altri termini, un quarantenne (perché nei venti anni si comprendevano anche i quattro d’università) che allora aveva versato venti anni di contributi per la quiescenza, arrivando a novant’anni avrebbe fruito di mezzo secolo di pensione. Quando mai avrebbe versato i contributi, per un tempo così lungo? Neanche versando il suo intero stipendio avrebbe potuto precostituirsi una simile pensione. Forse neanche versando il doppio del suo stipendio. Ora è vero che il cittadino ha il diritto di abusare della stupidità del suo governo – come spesso il governo abusa del suo potere per depredarlo – ma qui moralmente siamo nella taverna dei pirati.
Lasciamo da parte le pensioni folli e occupiamoci di quelle normali. La pensione è il risultato di un’assicurazione sulla vita, parametrata sui dati statistici del momento. Il lavoratore lavora una media di quarant’anni, muore in media (per dire) a 78 anni, dunque pagando ogni mese la somma x avrà diritto alla somma y ogni mese. Ma se poi tutti si mettono a vivere 82, 85, 86 anni, i conti non tornano più. La società di assicurazione rischia di trovarsi in crisi, e persino lo Stato fa fatica a far fronte ai suoi impegni. In altri termini molti pensionati attuali NON hanno pagato i necessari contributi per la pensione che incassano. Perché non era previsto che fossero vivi per incassarla. Dunque il ridimensionamento delle pensioni non sarebbe un’ingiustizia, ma la conseguenza di un cambiamento delle condizioni in cui si adempie il contratto. Come prevede l’art.1664 del Codice Civile. Naturalmente, a fronte di questa necessità, ce ne sono due: la prima, la validità del contratto, a prescindere dalle condizioni di fatto susseguenti; la seconda, che i grandi vecchi, anche se si trovano a fruire di vantaggi per i quali non hanno pagato, non per questo devono morire di fame. Dunque non si tratta di decidere con l’accetta chi ha ragione e chi ha torto, ma di contemperare le esigenze finanziare delle società di assicurazione (incluso l’Inps) con le necessità degli anziani. Senza strapparsi le vesti né per una tesi né per la tesi opposta. Inoltre, sempre in materia di morale (parola che deriva da mores, costumi, abitudini) non dimentichiamo che i grandi vecchi pensano solo a mangiare e alla salute, e spesso non hanno altre spese. Dunque, salvo avere una pensione minima, se rinunciassero al 5% di ciò che incassano, non morirebbero mica.
Un’altra ragione a favore dei vegliardi tuttavia c’è: lo Stato, nel corso dei decenni, ha fatto tante di quelle spese folli, ha contratto tanti di quei debiti astronomici, arrivando al punto di inventare il Reddito di Cittadinanza per chi non aveva voglia di lavorare, che non ha titolo, neppure in forza di semplici ragionamenti attuariali, di falcidiare le pensioni dei vecchi. Si occupi delle nuove pensioni, se vuole, ma lasci in pace chi ha una previsione di vita insignificante. E presto farà a tutti la cortesia di togliersi di torno.

LA PENSIONE AI VEGLIARDIultima modifica: 2023-10-01T08:04:33+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “LA PENSIONE AI VEGLIARDI

  1. Essendo un trattamento pensionistico “a ripartizione” e non “a capitalizzazione” (sulla differenza, cfr. https://www.sonoprevidente.it/news/notizie/glossario-welfare-sistemi-previdenziali-ripartizione-capitalizzazione, https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/10380-le-pensioni-oggi-i-metodi-di-finanziamento-delle-pensioni-i-ripartizione-o-capitalizzazione.html), le pensioni ai “vecchioni” (tra i quali mi iscrivo anch’io) sono erogate dall’INPS avvalendosi dei contributi incassati da chi ancora lavora; la misura dell’erogazione, mentre prima era legata interamente all’ultima retribuzione (da cui, “scatti di carriera” in prossimità della pensione e pensionamenti fortemente anticipati), con la “legge Dini” (https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/previdenza/focus-on/previdenza-obbligatoria/pagine/il-passaggio-dal-sistema-retributivo-a-quello-contributivo) si è passati alla commisurazione sui contributi versati, gestendo con norme successive il regime transitorio “pro rata” per chi andava in pensione in periodi successivi alla legge.
    E’ chiaro che ora esistono una marea di pensioni interamente erogate “a ripartizione”, con disavanzi INPS coperti dalla fiscalità generale. Il meccanismo è destinato a sfracellarsi, soprattutto per i pensionati futuri (attenzione, “a capitalizzazione” significa “fondi pensioni”, senza nessuna garanzia di rendimenti stabili). Giuliano Cazzola è il luminare sulla materia.
    La speranza è quindi in una morìa dei vecchioni (possibilmente tramite virus selettivo ad azione rapida) che salvi l’INPS e, in prospettiva, in una stabilizzazione dell’economia MONDIALE in settori sicuri (armi, farmaci, prostituzione ecc.: settori sicuri).

  2. C’e’ da dire che l’articolo e’ scritto in perfetta onesta’, considerando che chi lo scrive fa parte di quei “vegliardi” pensionati. Proponendo addirittura di decurtare la propria pensione. Ammirevole.

  3. Tutto vero. Si può aggiungere che anche gli attuali lavoratori e ancora di più quelli futuri non versano e non verseranno i contributi: con l’attuale riduzione del cuneo fiscale (ed il fatto che venga definito “fiscale” la dice lunga) i dipendenti con reddito fino a 35k annui (che sono la stragrande maggioranza) si sono visti una riduzione di ben sette punti percentuali della quota di contributi previdenziali a loro carico, che è passata quindi dal 9% suppergiu’ al 2%. E dato che ogni anno il governo deve fare regali alle categorie di elettori più numerose, regali pagati dagli altri contribuenti, è facilmente prevedibile che anche quel misero 2% residuo di contributi previdenziali verrà azzerato e trasferito sulla fiscalità generale (o meglio su ciò che resta della fiscalità generale). Quindi tutte queste pensioni sono pagate in realtà dai datori di lavoro con la quota di contributi a loro carico e dalla sempre più ristretta platea di quelli che pagano le imposte.
    In definitiva, il sistema contributivo è stato smontato e a meritare la pensione pagando i contributi sono veramente in pochi.

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