I RAGAZZI, DEI DISADATTATI

La scuola – intendendo per scuola tutto l’insegnamento precedente l’università – è innaturale. E già questo rende insopportabili coloro che tuonano contro i ragazzi che non vogliono studiare, che non vogliono imparare, che sono indisciplinati e via dicendo. Perché, mentre fanno questo, non si accorgono di star criticando non gli asini (come pensano loro) ma i ragazzi normali. Ovviamente ne esistono alcuni che si rendono conto che studiando preparano il loro futuro, ma molti o non riescono a capirlo, o non ce la fanno molto a dominare la propria natura: e per questo, pur essendo necessaria, la scuola rappresenta un problema insolubile.
Cominciamo dalla definizione di ragazzi. I ragazzi sono gli adolescenti. Nella nostra società i grandi si ostinano a vederli come bambini ma loro hanno già devastanti pulsioni sessuali, fino a fare del sesso quasi un’ossessione: e questo crea una situazione irrimediabilmente sbagliata.
In questo campo era più conforme alla natura la mentalità dei primitivi: essi pensavano che coloro che erano capaci di riprodursi erano in età di sposarsi e di far parte degli adulti. Nella nostra società tutto questo è inconcepibile e non soltanto gli adolescenti sono trattati da bambini, ma hanno il dovere di sentirsi tali. Il ragazzo dunque è un disadattato quand’anche non andasse a scuola: gli adulti lo considerano un vizioso se pensa al sesso mentre in realtà, se fossero ragionevoli, dovrebbero preoccuparsi se non ci pensasse.
Naturalmente non si sostiene che bisognerebbe far sposare i ragazzi a quindici anni; si sostiene che prima di condannarli, bisogna capirli. Non possiamo incoraggiarli a fare sciocchezze come, per ovvie ragioni, non possiamo accettare che le ragazzine rimangano incinte a tredici anni: ma non bisogna mai dimenticare che il nostro insegnamento è innaturale. Perché contrario all’istinto.
Quanto al resto del comportamento dei ragazzi, anche in questo campo imponiamo loro qualcosa di innaturale. I ragazzi desiderano divenire adulti, cioè come mamma e papà, ma papà in natura non è un impiegato o un meccanico, è un cacciatore. Dunque il ragazzo trova naturale lo sport, non i libri. Oggi la caccia è divenuta uno sport, ma per centinaia di migliaia di anni, forse milioni, è stata un modo di provvedere alla sopravvivenza propria e della propria famiglia. Dunque il ragazzino primitivo sarà stato contento di essere associato agli adulti, perché cacciare ha il suo lato atletico e divertente (prova ne sia che oggi è uno sport, un diporto, un divertimento, secondo l’etimologia) mentre stare chino sui banchi, ad imparare che cosa hanno fatto Annibale e Quinto Fabio Massimo, ecco una cosa innaturale. Non è naturale, a sedici o diciassette anni, stare seduti per quattro o cinque ore a fare cose lontanissime dal sesso e dallo sport. Dunque il ragazzo svogliato, che preferirebbe giocare al calcio, è naturale; l’alunno diligente, disciplinato e studioso è innaturale. Nella società contemporanea è meglio essere innaturali che naturali, ma la verità non va dimenticata. Agli asini bisognerà spiegare perché il loro comportamento è contro i loro interessi, ma riconoscendo che l’asinità,l per così dire, rimane secondo i loro istinti.
Il ragazzo che di colpo veniva dichiarato adulto, aveva ben poco da imparare, e quel poco l’avrebbe imparato andando a caccia col padre. Il ragazzo moderno, per essere un adulto deve avere competenze che vanno molto al di là del maneggio della lancia e dell’agguato. E infatti, se rimarrà a quel livello, non potrà che essere un manovale.
Ai ragazzi bisognerebbe dire: “Voi vivete una vita artificiale. L’adolescenza in natura non esiste. Per un tempo lunghissimo gi esseri umani sono passati dall’infanzia all’età adulta da un giorno all’altro, spesso con una cerimonia di iniziazione. Ma oggi, non frequentando la scuola con profitto, nella vita vi troverete svantaggiati: la scuola è odiosa, ma è il male minore”.
Invece oggi i genitori, divenuti troppo buoni, contribuiscono alla confusione mentale dei più giovani. Li supplicano di studiare, come dovessero farlo per i genitori. Li premiano se sono promossi, come se non avessero fatto il minimo del loro dovere. Tendono a dispensarli i giovani tanto dal lavoro quanto dallo studio. Così abbiamo innumerevoli esempi di giovani uomini che, dopo i vent’anni, vivono ancora a casa dei genitori e a loro spese. Tanto che si è inventato l’acronimo neet (not in education, employment, or training), cioè non studia, non ha un lavoro, non lo sta imparando. Un aspirante parassita.
La scuola attuale è uno spreco e un assurdo: i ragazzi passano sui banchi lo stesso tempo che ci passavamo noi, ma non imparano nemmeno la metà di ciò che impararono le vittime della riforma di Giovanni Gentile. Si cominciava il latino in prima media e in terza se ne sapeva più di quanto ne sappiano oggi molti liceali. Basti dire che in quinta ginnasiale – lo ricordo ancora – spazzolavo avanti e indietro la sintassi latina di Riccardo Rubrichi alla ricerca di qualcosa che non sapessi. E c’era: l’attrazione modale. Oggi invece i liceali sarebbero stupiti di trovarci qualcosa che sanno.

I RAGAZZI, DEI DISADATTATIultima modifica: 2023-09-29T09:55:41+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “I RAGAZZI, DEI DISADATTATI

  1. La lettura dell’articolo mi ricorda quello che sosteneva un mio professore che, pressapoco, diceva:

    “Niente è più assurdamente improprio l’affermazione che a 70 anni circa si va a GODERSI LA PENSIONE.

    Cosa ci sia da GODERE a quell’età, tra un sacco di acciacchi e malanni, non si capisce.

    Sarebbe più logico, dal punto di vista del “godimento”, dare la pensione, mettiamo, dai 15 ai 55 anni, età in cui la si può veramente “godere”, dopo di che, si va a lavorare fino a che si è in grado di farlo.”

    Ovviamente quello del professore era un ragionamento paradossale, anche un tantino ipocrita, perchè dava certe stangate agli asini…

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