LA STANCHEZZA DELLA GUERRA

I giornali danno conto di una certa stanchezza dell’Occidente – e in particolare degli Stati Uniti – per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina. In realtà ci sono anche segnali contrari: per esempio l’arrivo di 32 carri armati americani Abrams in Ucraina e la promessa di letali missili a lunga gittata e aerei da guerra. E molte altre notizie – anche da fonti serie – che inducono molto meno al pessimismo. Ma non importa: la sensazione citata è sicuramente vera. La guerra si prolunga e l’impazienza cresce. I disfattisti occidentali – ancora suggestionati da un’Armata Rossa e da un’Unione Sovietica che non ci sono più – continuano a dire che l’Ucraina sbaglia, che non potrà che arrendersi, tanto che prima lo fa meglio è. Musica per le orecchie di Vladimir Putin.
I disfattisti non mancano neanche negli Stati Uniti, anche se, più che competenti di polemologia, sono disfattisti politicamente interessati. Tutto ruota intorno alle elezioni presidenziali dell’anno prossimo e in questi casi, in democrazia, c’è sempre qualcuno che cerca di cavalcare qualunque tigre. Infatti – seppure confusamente – sembra che alcuni parlamentari (di ambedue i partiti) e soprattutto Donald Trump non siano entusiasti di sostenere l’Ucraina: sia per i costi, sia perché è più urgente fronteggiare la Cina. E questa – sia detto di passaggio – è una colossale sciocchezza. La Cina si fronteggia meglio facendole capire che gli Stati Uniti hanno segnato due linee rosse: e se una di queste passa per il Donbass, l’altra passa per Taiwan. Se invece Washington cede sull’Ucraina, la Cina ne dedurrà che l’America è disposta a cedere anche su Taiwan. Ma forse non val la pena di occuparsi dei discorsi elettorali, di solito scritti sull’acqua.
In realtà però c’è anche qualche seria novità. Sembra che i segni di stanchezza abbiano allarmato il Giappone, l’Australia, la Corea del Sud e tanti altri: perché quei segni potrebbero preludere ad una rinuncia alla difesa delle democrazie aggredite, in particolare dando un sostanziale via libera alla Cina perché si riprenda Taiwan con la forza. E ciò metterebbe a rischio gli equilibri di quella regione del mondo.
La prima domanda da porsi è: sono veramente fondati questi segni di stanchezza? Sono un po’ stanchi i popoli (e soprattutto i giornalisti) o sono stanchi anche i governi? Fa differenza. Perché i popoli capiscono solo i propri sentimenti, mentre i governi dovrebbero capire le conseguenze storiche delle proprie decisioni sul futuro del Paese che amministrano. Ecco perché l’improvviso ritiro degli americani dall’Afghanistan è stato un errore, un colpo di testa di Biden contro quanto gli consigliavano gli alti gradi militari. Perché il mondo – in particolare Putin e Xi Jinping – l’hanno preso come il ritiro dell’America dagli affari internazionali. Biden ha ragionato come il popolo, il Pentagono come un think tank politico. Ed aveva torto Biden.
Ragionevolmente – riguardo alla stanchezza dell’Occidente – molte preoccupazioni sembrano infondate. Il primo problema – e forse il più facile da risolvere – riguarda Donald Trump e il prossimo Presidente degli Stati Uniti, chiunque sia. Perché la politica americana non è determinata da questo o quel Presidente, ma da interessi oggettivi: e questi interessi convergono tutti chiaramente in direzione del sostegno a Kiev. Biden sembrava un Presidente debole e incerto e tuttavia fino ad ora si è mostrato aggressivo e risoluto: proprio perché questa è la linea che i fatti impongono all’America. Quanto ai costi, si tratta di un argomento elettorale. I costi della guerra non fanno nemmeno il solletico, all’America. Basti dire che il suo debito pubblico è di 31.400 miliardi di dollari e, se ne avessero dati 40 all’Ucraina (all’incirca lo 0,1%?), non si sarebbero certo svenati. Possono continuare eccome: la questione è solo politica. Ecco perché Trump, se fosse eletto, sarebbe capace in un batter d’occhio di dimenticare le cose dette prima. Perché tutta l’Amministrazione e il Pentagono sanno bene che cosa è in ballo.
Quello che stupisce è invece l’incoscienza del Globo terracqueo. Infatti il mondo si divide tra coloro che non capiscono il pericolo di una vittoria russa (l’Europa Occidentale) e coloro che lo capiscono (le grandi democrazie del Pacifico): ma non fanno niente di serio per aiutare Kiev a vincere. Parole sì, fatti no. Le parole giuste (e i fatti conseguenti) sia degli europei occidentali che del Giappone e della Corea del Sud, sarebbero: “Speriamo che gli Stati Uniti continuino: perché se non continuano toccherà a noi”.
Per questa insufficiente percezione del pericolo sì, il mondo libero rischia di mettersi nei guai.

LA STANCHEZZA DELLA GUERRAultima modifica: 2023-09-28T10:49:00+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “LA STANCHEZZA DELLA GUERRA

  1. Guardi, Pardo, che il ragionamento è molto semplice.
    “Gas e petrolio sono aumentati da paura: perché? Di chi è la colpa?”
    “Eh, signora mia, è che non vogliamo più il gas e il gasolio russo, perché i russi so’ cattivi e così li puniamo; però intanto io pure la cicoria la pago il doppio, e ‘ntanto compramo il gas dagli americani”.

    “Ma come, siamo tutti fratelli, volemose bene che così dice Gesù, ripudiamo la guerra e intanto mandiamo armi che ci costano quando il contratto di mio figlio a scuola è fermo da 10 anni”.
    “Eh, signora mia, è che dietro ci sono gli interessi dell’industria, che dà la grana ai politici”.

    “BEH, PERÒ, LA DIFESA DEI SACRI PRINCIPI, DELLA LIBERTÀ, DELLA…”
    “Sì, vabbè, e l’America allora in Vietnam, e gli inglesi, e i francesi? E pure noi, con i romani… Il più forte vince, e poi si giustifica tutto”.
    Così funziona, e laddove non esiste, ben radicata, una dittatura, chi governa dipende dagli umori e dalle convinzioni della sora Cesira, o della famosa Vongola75 o di Bullo69 su Facebook.

I commenti sono chiusi.