LA GUERRA DEI DRONI

Nel “quasi stallo” terrestre fra Ucraina e Russia, quella attuale è divenuta “la guerra dei droni”. La cosa si giustifica con i grandi danni che possono infliggere questi congegni, di basso costo rispetto agli aeroplani, e senza perdite di vite umane dal lato degli attaccanti. La grande novità è che ora essi non cadono soltanto sul suolo ucraino, ma anche sul territorio russo. Ed è interessante vedere come si è arrivati a questa situazione, senza la minima angoscia “occidentale”.
L’Ucraina in questi casi usa sempre la tattica “progressiva”, in modo da evitare i titoloni dei giornali. Prima un drone isolato, vicino. Poi uno solo, ma lontano. Poi due, uno lontano e uno vicino, fino ad arrivare alla grandinata attuale. E non mi stupirei se presto cominciasse a colpire i condomìni. Prima uno, ovviamente per errore, poi due, ma vicino ad un obiettivo militare. Fino a far perdere ai russi il sonno della notte come l’hanno perso gli ucraini, ogni volta che i russi attaccano. E questa è una vittoria psicologica. I droni ucraini possono: a) vendicare gli ucraini; b) terrorizzare i russi; c) mostrare i russi pressoché impotenti nella difesa, perché si può prevedere la difesa di un obiettivo militare, ma non quella di tutte le case del Paese. Proprio ciò di cui fino ad oggi hanno approfittato i russi; d) mostrare ai russi che sono dentro la guerra fino al collo. I loro figli rischiano di morire in trincea, ma anche loro possono morire sotto le macerie. La retorica guerriera e la censura di guerra nulla possono contro il lugubre ululato di una sirena.
La rabbia dei russi è anche giustificata se si pensa che gli ucraini hanno colpito (e fatto immensi danni all’aviazione russa) a Pskov, una città che si trova a 630 km dalla frontiera ucraina. Possibile che il glorioso esercito russo non li abbia visti venire? Questa distanza, a naso, è simile a quella che c’è tra Siracusa e Roma, in linea d’aria.
Un ulteriore vantaggio di questo genere di guerra è obbligare l’avversario alla dispersione delle forze di difesa. Cosa che, nel caso della Russia, stante la vastità del territorio, è un problema non indifferente.
La pretesa (di ambo le parti) di avere distrutto tutti o quasi i droni nemici è assurda. Se fosse vera, quale Stato farebbe la spesa di inviarne venti per vederne arrivare soltanto uno o nessuno a bersaglio? Se continuano a inviarne tanti, è segno che molti arrivano al bersaglio.
Ma c’è una differenza psicologica. Gli ucraini si considerano da tempo uno Stato martire, il piccolo Davide contro Golia che combatte per la propria sopravvivenza, mentre i russi si consideravano al sicuro. Ed è ben diverso l’effetto sul pubblico dei pugni che lo sfidante mingherlino riesce a dare al campione nerboruto: è come se pesassero il doppio o il triplo.
Dal lato dell’Ucraina questa guerra dei droni è il sintomo dell’esistenza di una produzione bellica di Kiev. Dunque l’Ucraina spera di riuscire a produrre da sé una parte delle armi, nel caso che l’Occidente si “stancasse”. E i russi non possono protestare contro le armi autoprodotte. Non possono accusare l’Occidente di attaccare il suolo russo.
L’enorme quantità di droni utilizzati ogni giorno dall’Ucraina contro il nemico è in linea con l’informazione letta da qualche parte (e che vale quello che vale) secondo cui Kiev produce questi congegni, efficaci quanto quelli delle grande potenze, a costi molto, molto inferiori.
L’Ucraina ha inoltre il vantaggio di avere ricevuto molte armi da diversi Paesi e di avere potuto provarle sul campo. Così ha potuto confrontarle, smontarle, studiarle, sintetizzare i vantaggi di ciascuna, progettarne di migliori e infine produrle. Se non attualmente certo in futuro, se continua l’attuale riarmo. Il boom economico tedesco dopo il 1945 derivò anche dal fatto che le attrezzature produttive, man mano che venivano ricostruite, erano “all’ultima moda”, dal momento che tutto ciò che era vecchio era stato distrutto dai bombardamenti. Notevole deve pure essere il livello delle conoscenze cibernetiche ucraine: un drone, per essere efficiente, e colpire a centinaia di chilometri di distanza, deve essere molto, molto “intelligente”.
Perché servono gli F-16, anche se con essi non si potrà colpire il suolo russo, se ciò lo si fa già con i droni? Servono per la difesa. Essi sono difficilmente attaccabili dai russi e, una volta molto in alto, possono individuare con largo anticipo i missili e i droni russi in arrivo, permettendo alla contraerea di prendere le misure adeguate per colpirli. Ciò vale in particolare per i missili ipersonici, così veloci che arrivano molto, molto prima del rumore dei loro motori.
Ogni giorno che passa, da quell’ormai lontano 24 febbraio 2022, uno si chiede come Vladimir Putin riesca a prendere sonno, la sera, dopo il disastro che ha combinato.

LA GUERRA DEI DRONIultima modifica: 2023-09-01T11:53:52+02:00da gianni.pardo
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