UNA SOCIETA’ DI SINGLE

Federico Foscale è un appassionato fornitore di numeri e statistiche. Interessante l’ultima, che riporto: “Gli Usa abbandonano il matrimonio. Nel 2021 uno su quattro di tutti i cittadini americani di quarant’anni di età non si era mai sposato. Dati del 2022 indicano inoltre che solo il 22% dei ‘mai sposati’ tra i 40 e i 44 anni convive fuori dal matrimonio”. Capire il perché di fenomeni del genere è impresa ardua. Ma l’impresa è ardua per chi volesse dimostrare la propria ipotesi, mentre è facile per chi quell’ipotesi intenda soltanto formularla per divertimento, e la prenda sul serio chi vuole.
La prima parte del fenomeno sembra avere una causa evidente. Oggi nessuno aspetta il matrimonio per andare a letto con un uomo o con una donna. Se una coppia ha una relazione, anche sessuale, nessuno se ne scandalizza; e soprattutto nessuno emargina la donna “peccatrice”. Prima il matrimonio serviva fondamentalmente a mantenere la rispettabilità di una donna che aveva una vita sessuale (era “giustificata” perché avrebbe fatto sesso solo per generare figli); oggi matrimonio e sesso appartengono a due sfere non comunicanti. Tanto che molti giovani, una volta che vivono da sposati, non vedono perché dovrebbero anche sposarsi: il matrimonio è diventato una formalità. Molti lo scelgono infatti per motivi contingenti, per stabilire patti prematrimoniali; per realizzare condizioni (giuridiche) in vista di un’eredità; perché la signora ha nostalgia dell’abito bianco; per fare contenti i genitori; o addirittura perché i due vivono insieme da tanto tempo, e felicemente, che ormai trovano assurdo dover sempre precisare: “No, non siamo sposati”. Conosco uno che ha fatto una grande carriera ma si è laureato quando era più vicino ai cinquanta che ai quaranta, soltanto perché era stanco di dover dire a tutti: “No, non sono dottore”.
Come istituzione il matrimonio è perento. E infatti il vero problema è il secondo: come mai un uomo o una donna tra i 40 e i 44 anni vivono da soli e non con un partner? Che costoro non siano sposati passi, ma non avere un compagno o una compagna sembra contrario all’istinto umano. Quand’ero bambino io, se a quell’età un uomo non era sposato, tutti pensavano una cosa allora indicibile, impronunciabile, troppo scandalosa per dirla in presenza di una signora. Ci siamo capiti. E questo era francamente esagerato. Ma oggi si rischia di esagerare nella direzione opposta. Vien da chiedere: perché vivere da soli? Una relazione sessuale stabile ha i suoi vantaggi. Basti questo: perché cambiare ristorante se in quello che conosciamo mangiamo benissimo e ci trattano bene?
La tremenda ipotesi potrebbe essere che, arrivati a quell’età, uomini e donne si convincono che avere a che fare con un partner provochi più problemi che soddisfazioni. E ciò potrebbe significare che sia in crisi il concetto stesso di coppia. Cioè che ogni individuo, maschio o femmina, è diventato talmente egoista, talmente chiuso nel proprio io, talmente infantile e incapace di dominarsi, da essere insopportabile per l’altro sesso. Quando capita, magari una breve relazione, tanto per assaggiare un nuovo corpo, ma niente di serio, per carità. “Tu a casa tua, io a casa mia, tanto lo sappiamo che non dura”.
Ho letto una volta che i matrimoni combinati di un tempo non erano poi quell’inferno che molti credono oggi. I coniugi venivano “messi insieme” a freddo, molte volte senza nemmeno la loro partecipazione, e loro stessi non si aspettavano dal matrimonio niente di ciò di cui si parla oggi: né sesso appassionato, né dialogo, né particolare affetto. Ambedue i coniugi conoscevano i loro doveri e i loro diritti, si rispettavano formalmente, mettevano al mondo dei figli perché era un dovere farlo, ma per il resto il matrimonio cominciava tanto prosaicamente che, col tempo, non poteva che migliorare. Invece, da quando il matrimonio è divenuto “un affare di cuore”, da esso ci si aspetta la felicità, tanto che finisce con un divorzio più di un matrimonio su due.
A nessuno viene seriamente insegnato che una convivenza in tanto può riuscire, in quanto si sia disciplinati, in quanto si impari a tollerare e perdonare. La serenità coniugale è al prezzo della padronanza di sé. La spontaneità non è quella deliziosa virtù che molti credono. Spontaneamente siamo dei maleducati e degli egoisti. È con la ragione e con la buona educazione che diveniamo persone perbene. E poiché questo risultato è ormai raro, tutti finiscono col pensare che la soluzione migliore sia vivere da soli. Un amico mi ha detto che, quando si è separato da sua moglie, ha vissuto da solo una sorta di luna di miele. Talmente era contento. Chissà quanti americani hanno fatto la stessa esperienza.
Un peccato non vivere duecento o trecento anni. Sarei contento di vedere dove andrà a finire questa umanità.

UNA SOCIETA’ DI SINGLEultima modifica: 2023-08-15T12:08:34+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “UNA SOCIETA’ DI SINGLE

  1. 1 Non mi fido degli esperimenti delle università americane. Anzi, non mi fido dell’esperimento di nessuna università, a meno che non sia replicato da un’altra università, ad almeno mille chilometri di distanza, e con l’intenzione di dimostrare che il primo esperimento era un falso. Se poi anche il secondo esperimento conferma il primo, siamo nell’ambito della scienza.
    2 Non è detto che un esperimento che vale per i topi valga per gli umani.
    3 Da sempre so che un meccanismo misterioso spinge le specie a limitare il numero degli individui, quando questo numero diviene eccessivo. Questo potrebbe funzionare anche con gli umani. Vedremo, come disse il centenario ottimista.

  2. Forse non c’entra esattamente con l’articolo di Gianni, ma questo studio mi e’ sembrato alquanto interessante. Se e’ un po’ lunghetto, me ne scuso:

    UNIVERSO 25
    L’esperimento “Universo 25” è uno degli esperimenti più terrificanti nella storia della scienza, che, attraverso il comportamento di una colonia di topi, è un tentativo degli scienziati di spiegare le società umane.
    L’idea di “Universo 25” è venuta dallo scienziato americano John Calhoun, che ha creato un “mondo ideale” in cui centinaia di topi avrebbero vissuto e riprodotto. Più specificamente, Calhoun costruì il cosiddetto “Paradiso dei topi”, uno spazio appositamente progettato dove i roditori avevano abbondanza di cibo e acqua, oltre a un ampio spazio vitale.
    All’inizio collocò quattro coppie di topi che in breve tempo iniziarono a riprodursi, determinando una rapida crescita della loro popolazione. Tuttavia, dopo 315 giorni la loro riproduzione iniziò a diminuire in modo significativo. Quando il numero dei roditori raggiunse i 600, si formò una gerarchia tra loro e poi apparvero i cosiddetti “disgraziati”. I roditori più grandi iniziarono ad attaccare il gruppo, con il risultato che molti maschi cominciarono a “collassare” psicologicamente. Di conseguenza, le femmine non si proteggevano e, a loro volta, diventarono aggressive nei confronti dei loro piccoli.

    Col passare del tempo, le femmine mostrarono comportamenti sempre più aggressivi, elementi di isolamento e mancanza di sentimento riproduttivo. C’era un basso tasso di natalità e, allo stesso tempo, un aumento della mortalità nei roditori più giovani. Quindi apparve una nuova classe di roditori maschi, i cosiddetti “bei topi”. Si rifiutavano di accoppiarsi con le femmine o di “combattere” per il loro spazio. A loro importava solo il cibo e il sonno. Ad un certo punto, i “bei maschi” e le “femmine isolate” costituirono la maggioranza della popolazione.

    Secondo Calhoun, la fase dell’ estinzione consistette di due stadi: la “prima morte” e la “seconda morte”. Il primo fu caratterizzato dalla perdita di uno scopo nella vita al di là della mera esistenza: nessun desiderio di accoppiarsi, crescere la prole o stabilire un ruolo all’interno della società. Col passare del tempo, la mortalità giovanile raggiunse il 100% e la riproduzione raggiunse lo zero. Tra i topi in via di estinzione fu osservata l’omosessualità e, allo stesso tempo, aumento’ il cannibalismo, nonostante ci fosse cibo in abbondanza. Due anni dopo l’inizio dell’esperimento, nacque l’ultimo piccolo della colonia. Nel 1973, questi uccise l’ultimo topo anziano nell’Universo 25. John Calhoun ripeté lo stesso esperimento altre 25 volte, e ogni volta il risultato fu lo stesso.

    Il lavoro scientifico di Calhoun è stato utilizzato come modello per interpretare il collasso sociale, e la sua ricerca funge da punto focale per lo studio della sociologia urbana.

    Attualmente stiamo assistendo a paralleli diretti nella società odierna: uomini deboli e femminizzati con poche o nessuna abilità e nessun istinto di protezione, e femmine eccessivamente agitate e aggressive senza istinto materno.

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