LA SPINA DORSALE DELL’EUROPA: LA PAURA

L’Europa del 2023 ha, come spina dorsale, la paura. Per cominciare abbiamo paura della Russia che amerebbe ricostituire l’Impero Sovietico. E ci prova. Stavolta, se possibile, inglobando anche quegli staterelli occidentali, come la Francia e la Gran Bretagna, che tanto fastidio hanno dato in passato. Abbiamo paura di perdere la guerra contro la Russia ed abbiamo paura persino di vincerla. Tanto che, nel dubbio, abbiamo anche paura di combatterla.
Sicché siamo disposti ad aiutare l’Ucraina, ma poco; speriamo che vinca, ma non troppo; speriamo che non soffra troppo, comunque meglio lei che noi; speriamo che la Russia non scateni la Terza Guerra Mondiale, non tanto perché temiamo di perderla, quanto perché non siamo disposti a combatterla; speriamo che la Russia non usi le armi atomiche, perché poi non sapremmo se usarle anche noi (dandole all’Ucraina) o arrenderci pur di sopravvivere, magari da schiavi. Forse a questa sindrome di paura diarroica sfugge soltanto la Gran Bretagna che non soltanto ha l’arma atomica, ma certamente la userebbe, se l’alternativa fosse la schiavitù. L’ipotesi della schiavitù proprio non la contemplano, gli inglesi. Gente che non si è arresa a Hitler non si arrenderebbe certo ad un Putin qualunque.
Si dice che Putin abbia sbagliato quando ha contato sull’inerzia dell’Occidente. Infatti l’Occidente non è stato inerte, ha reagito: ma soprattutto a parole. Seriamente lo hanno fatto soltanto gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Polonia. E in seguito non si è neppure stancato, come sperava Mosca. E tuttavia Putin non aveva tutti i torti. E non li ha nemmeno oggi. Perché all’Occidente, come dicono a Napoli, “pare brutto” vincere sul serio. Il mantra che abbiamo sentito infinite volte è che: “Non bisogna umiliare la Russia”. E questo è stupefacente.
È stupefacente che non si capisca che la guerra è nata perché la Russia ha un’opinione troppo ottimistica di sé. E questo errore si cura con l’umiliazione, non con una mezza sconfitta che al popolo bue si può presentare come una vittoria.
La storia in questo ci è maestra. Sappiamo tutti che gli Imperi Centrali persero la Prima Guerra Mondiale, ma sappiamo che, se essi si arresero, nel 1918, fu per evitare ulteriori, inutili lutti. Il verdetto delle armi, agli occhi dei competenti, era stato chiaro. Ma era stato chiaro agli occhi dei competenti, non del popolo: e questo fu estremamente importante. Invece di essere grati ai loro governanti per aver loro risparmiato ulteriori sofferenze, i tedeschi rimasero convinti che la Germania aveva deposto le armi quando ancora poteva vincere; quando ancora nessuno straniero aveva calpestato il suolo tedesco; quando c’erano ancora speranze. Il risultato fu il revanscismo.
Così come la Francia non aveva fatto che aspettare l’occasione per riprendersi l’Alsazia e la Lorena, dopo l’umiliazione del 1870, nello stesso modo la Germania vide in Hitler, nelle sue parate militaresche, nelle sue adunate oceaniche e nella sua retorica, la promessa della Grande Rivincita. Che sembrò effettivamente concretizzarsi con il Blitzkrieg (la guerra lampo) e l’invasione dell’intera Europa. La Francia e l’Europa intera pagarono con la più grande tragedia della loro storia l’errore di avere permesso le illusioni tedesche. La loro colpa è quella di non essere intervenute quando la Germania – violando il trattato di pace – cominciò a riarmarsi pesantemente.
Ma questa è storia nota. Se qui la citiamo è perché questo fenomeno del revanscismo, tutt’al contrario, non si è affatto verificato dopo la Seconda Guerra Mondiale. E ciò perché stavolta la Germania è stata annientata militarmente, economicamente e perfino moralmente. Essa è uscita dalla guerra umiliata e disonorata (dall’Olocausto) in maniera tale, che nel 1945 quasi ci si chiedeva se sarebbe mai riuscita a risorgere. La Germania ha pagato carissimo l’azzardo di Hitler, e l’Occidente le ha inflitto una straordinaria e crudele punizione: ma il mondo ne ha ricavato – fino ad ora – quasi ottant’anni di pace.
Se dunque una speranza abbiamo che la pace, cui tanto teniamo, sopravviva ad ovest della Bielorussia per altri ottant’anni, è quella di riuscire a convincere i russi che non sono forti come credono; che non sono destinati a dominare nessuno e che il loro posto è in seconda fila, non in prima. Se soltanto gli toglieremo dalla testa tutte le fisime che gli hanno inculcato gli zar, la Chiesa Ortodossa, gli imperialisti comunisti alla Stalin e tutta la loro intellighenzia. Non dimentichiamo che il comunismo predicava l’internazionalismo, cioè il superamento delle frontiere, ma in concreto questo internazionalismo le frontiere le aboliva nel senso che il mondo intero doveva essere suddito di Mosca. Un simile progetto, una simile mentalità, non possono essere eliminate che con niente di diverso da un’operazione chirurgica senza anestesia. “Amici russi, saremo felici se vorrete essere dei nostri, ma venite senza pretese, senza armi, e usate le pattine per non rovinare il parquet. Diversamente vi annienteremo”.
Lo dico con dolore, perché i russi sono un grande popolo: ma è colpa dell’Occidente se non sentono ragioni? Già oggi, mentre hanno contro tutti (si è visto a Gedda), come possono così insistentemente parlare della loro inevitabile vittoria? Come possiamo curare la loro errata percezione della realtà se non facendogliela toccare con mano? Il massimo che possono ottenere è un posto fra la Turchia e la Polonia. L’Occidente rischia di perdere la sua unica occasione per procurarsi la pace per molti decenni. Può farlo soltanto prevenendo il revanscismo russo. Se pretendono i Sudeti, bisogna immediatamente reagire con le armi.

LA SPINA DORSALE DELL’EUROPA: LA PAURAultima modifica: 2023-08-10T10:18:05+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA SPINA DORSALE DELL’EUROPA: LA PAURA

  1. Nuove accuse di “russofobia” presumibilmente dietro l’angolo dall’estrema Destra e dall’estrema Sinistra, auguri.

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