VERITA’ PROCESSUALE, STORICA, VERA

Mi scuso se insisto su questo argomento, ma sono stato contestato e sarei lieto di conoscere che cosa si può opporre alle mie tesi. 

Riguardo alla Strage di Bologna reputo che siano state espresse troppe certezze. In particolare non è mancata qualche affermazione temeraria in un campo – la storiografia – che si amerebbe veder sottratto alla politica. Queste certezze costituiscono un errore culturale che non può essere giustificato dalle sentenze. E non per ragioni attinenti a questo specifico caso ma per ragioni generali.
Bisogna innanzi tutto avere chiaro che non si manca di rispetto alle sentenze se si dubita della “verità processuale” in esse contenuta. Diversamente costituirebbero una mancanza di rispetto sia l’appello sia il ricorso in Cassazione.
La “verità processuale” – inclusa quella finale della Cassazione – non pretende di essere la verità assoluta: è soltanto la verità cui si è potuti giungere nelle condizioni date. E proprio per questo un’assoluzione non significa affatto che, storicamente, l’imputato non abbia commesso il fatto: significa soltanto che, agli occhi del giudice, l’accusa non ha potuto dimostrare che l’abbia commesso.
Si manca di rispetto alle sentenze se se ne chiede la non applicazione (come la sinistra ha fatto con Sofri); se si dichiara che i giudici sono in malafede (salvo se ne dia la prova); se si contesta l’amministrazione della giustizia. Ma per il resto, la verità processuale non va – e non può andare – oltre ciò che è: una verità funzionale alla certezza del diritto.
La ricerca storica è altra cosa. Qualcuno pensa che possa essere una prova definitiva una fotografia, ma sappiamo benissimo che le fotografie possono essere manipolate. Si può pensare che la colpevolezza sia dimostrata dai teswtimoni, ma non si contano le false testimonianze (e molte di esse hanno ingannato i giudici). Si può perfino offrire quella che i giudici e gli avvocati chiamano “la regina delle prove”, e cioè la confessione, senza che ciò dimostri la colpevolezza. Durante le purghe staliniane la maggior parte dei colpevoli “confessò”, ma lo fece in seguito a tali torture da preferire una sbrigativa fucilazione. E quelle “confessioni” ingannarono milioni di russi per decenni. Solo la storia, con i suoi tempi, ne ha fatto giustizia.
Se è vero che Socrate fu condannato a morte, le certezze manifestate da ogni parte, in materia di sentenze, offendono un’esperienza ultramillenaria. Dovremmo forse rispettare qualunque giudizio? Dovremmo sostenere che Enrico Ottavo ha fatto bene a far decapitare Tommaso Moro?
Ma è inutile andare a cercare gli esempi storici, che ogni persona colta conosce per conto suo. Essenziale è ricordare che le sentenze stabiliscono una verità processuale e non una verità storica. Per questo, mentre vanno sempre rispettate “tecnicamente” (perché ne va della stabilità dello Stato) non può essere obbligatorio accettarle come documento che stabilisce una volta per tutte come sono andati i fatti. Ché anzi, non che vietare il dubbio sui fatti “acclarati” dalle sentenze, è opportuno estenderlo ai fatti “acclarati” dalla ricerca storica. Il cosiddetto “revisionismo” non è affatto un abietto negazionismo, come sostengono i talebani di sinistra: è un costante sforzo di maggiore onestà storiografica. Perché anche la storia è scritta da uomini e può essere inquinata.
Non avevano forse le loro idee e i loro pregiudizi degli storici famosi come Erodoto, Tacito, Svetonio? Sono secoli che si discute della nequizia di certi imperatori romani, fino a dubitarne e sospettare della malevolenza di certi biografi? Giuliano l’Apostata, imperatore filosofo, è stato stramaledetto perché anticristiano, mentre a momenti si è portato sugli altari Costantino perché favorevole al Cristianesimo. Dimenticando che uomo era, nella realtà, e i motivi puramente politici del suo editto. Dubitiamo di Tito Livio e non dovremmo dubitare di un pentito di mafia?
Sono passati molti decenni dalla morte di Mussolini, ma come possiamo essere sicuri che la storia sia equanime e veritiera, sul suo conto, se a momenti si mandava al rogo Renzo De Felice solo per aver riportato fatti riguardanti il Fascismo che non piacevano al pomposo e infondato reducismo italiano? Perché non condannare definitivamente Mussolini per avere trascinato l’Italia in guerra, con un atto ignobile come la dichiarazione di guerra alla Francia, e per il resto lasciare in pace la storia, guardandoci da ogni manicheismo? Finché non si segue questo ultimo consiglio, neanche la storia sarà fonte di verità.
Non si vuole qui sostenere uno scetticismo a tutto tondo. Si sostiene soprattutto che bisognerebbe essere allarmati ogni volta che una “verità” diviene dogma ed è vietato metterla in dubbio. Perché questa è una delle caratteristiche fondamentali del totalitarismo. Dio benedica un Paese in cui è lecito essere terrapiattisti. Non bisogna tentare di convertirli al sistema copernicano: che male fanno? Che male fanno i nostalgici del fascismo, i comunisti viscerali, quelli che vedono la Madonna e quelli che si curano con l’omeopatia? Finché “non spaventano i cavalli e non dicono male della Regina”, come un tempo richiedevano gli inglesi, lasciamoli vivere. La libertà è il principio in base al quale consentiamo al prossimo di sostenere il contrario di ciò che pensiamo noi. Se diamo agli altri soltanto la libertà di pensarla come noi, siamo stalinisti.
Con quale coraggio i comunisti nostrani (lo sono ancora, di cuore) possono indignarsi per qualche cane sciolto di destra che crede delle stupidaggini, quando loro hanno creduto per molti decenni alla responsabilità nazista per le stragi di Katyn? E ciò mentre una commissione di indagine internazionale (non tedesca, non nazista) aveva insegnato già sul momento che la responsabilità era dei russi? Da costoro dovremmo lasciarci insegnare che cos’è la verità?

VERITA’ PROCESSUALE, STORICA, VERAultima modifica: 2023-08-09T11:14:57+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “VERITA’ PROCESSUALE, STORICA, VERA

  1. Le sue citazioni storiche sono ovviamente corrette, ma l’uomo comune le risponderebbe che oggi siamo in democrazia e quindi le sentenze della nostra magistratura hanno un valore diverso rispetto a quelle dell’epoca stalinista, così come gli storici di oggi sarebbero “migliori”, più :professionali” e con maggiori strumenti rispetto a quelli dell’antichità. Visione ovviamente miope, ma predominante.
    Nel caso specifico di Mambro e Fioravanti, il fatto che abbiano ammesso svariati delitti e negato la loro responsabilità nella strage di Bologna non è particolarmente significativo: nella logica di un terrorista è legittimo uccidere poliziotti o carabinieri che sono i soldati dello Stato nemico, oppure uccidere dei traditori (in guerra si fa anche questo). Viceversa, uccidere decine di innocenti tra cui donne e bambini diventa ingiustificabile anche in un’ottica di guerra allo Stato.
    Mi rimane tuttavia incomprensibile il motivo per il quale esprimere dei dubbi sulla colpevolezza di alcuni imputati condannati con sentenza definitiva debba essere definito “ignobile”, come ha fatto la Schlein. Tutt’al più inopportuno, se proprio si vuole.
    Ma ha senso cercare di comprendere le parole di una Schlein qualsiasi? Merita questa attenzione un personaggio del genere, con evidenti limiti culturali e non solo?

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