LA STRAGE DI BOLOGNA

I COLPEVOLI DELLA STRAGE DI BOLOGNA
di Dino Panigra

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro sono responsabili della strage di Bologna? Una sentenza dice di sì, ma io non sono sufficientemente documentato per esprimere una mia opinione. Una cosa mi sembra tuttavia chiara: se alcuni reputano che la verità processuale non collimi con la verità storica, devono essere liberi di dirlo.
Spesso la stessa verità storica è in tutto o in parte discutibile, anche se per definizione la storiografia cerca la verità quale che sia; figurarsi dunque quanto possa essere affidabile la verità processuale, ottenuta quando gli imputati hanno il diritto di mentire; i testimoni possono essere falsi, interessati o ricordare male; i giudici possono avere le loro idee politiche e infine non è esclusa l’influenza dell’opinione pubblica. Quanto a me, non ho le idee chiare nemmeno rispetto alle intenzioni e alle colpe di un certo Catilina. Dunque nessuno si aspetti certezze, da me.
Già per certi argomenti ho una sorta di disgusto intimo preconcetto. E infatti sono un ignorante allo stato puro in materia di calcio, di cronaca rosa e di cronaca nera. Soprattutto quando la cronaca nera si intreccia con la politica, per esempio nel terrorismo. In questi casi il mio disinteresse diventa rifiuto dell’ostacolo, come quando il cavallo si pianta con tutti e quattro i suoi ferri, a costo di mandare a terra il cavaliere, facendoselo passare sopra la testa. E questo perché? Perché per me il terrorismo è soltanto criminalità e perché, quando l’accertamento dei fatti si intreccia con la politica, la verità finisce col valere non più di quanto valga in guerra.
Naturalmente può anche capitare che giudici e testimoni non siano influenzati dalla politica e mirino soltanto alla verità e alla giustizia, ma come sapere se questo accade nel caso che ci interessa? Dunque lo scetticismo prevale su tutto. Del resto la parola “sentenza” parla di sentimenti, non di razionalità.
In questi giorni, a proposito della strage di Bologna (sono passati più di quarant’anni!) si è risollevato il polverone per le affermazioni di un politico della Regione Lazio, Marcello De Angelis, il quale ha manifestato dubbi sull’origine “fascista” dell’attentato e sulla responsabilità di Mambro e Fioravanti. Tutte cose date invece per certe dall’ufficialità, fino al livello del Presidente della Repubblica. Il risultato è stato la minaccia del rogo per De Angelis e la sua disponibilità a salirci, “come Giordano Bruno”. Che cosa pensare, di tutto questo?
In primo luogo, che la reazione giusta è (e dovrebbe essere) il disinteresse. Il terrorismo fa delle vittime ma non per questo costituisce un’azione politica e, normalmente, non ha valore politico. Le gesta delle Brigate Rosse hanno riempito le cronache italiane per anni e tuttavia esse non hanno affatto determinato la nostra politica. Sono rimaste un fenomeno criminale, magari di fanatismo criminale, ma nulla di più. E, quanto a sovvertire le istituzioni, sono più pericolosi i fanatici che siedono in Parlamento, o gli alti gradi militari (anche se non in Italia), che quattro cani sciolti che sparano a degli innocenti.
Ecco perché, dal mio punto di vista, che gli attentatori di Bologna siano uno o più fascisti, comunisti, o semplici dementi, cambia poco. Hanno ucciso della gente e sono da condannare: questo conta. Bisognerebbe sbattergli sul muso l’enormità del loro gesto, l’imperdonabilità del loro crimine, anche a fronte dell’inconsistenza del risultato. Un grande politico resta un grande politico anche se è un criminale (Robespierre, per esempio), mentre un criminale che uccide senza frutto è innanzi tutto un cretino.
Nel caso specifico sollevato da De Angelis, lo storico dilettante potrebbe essere interessato a indagare sulle eventuali discrepanze tra verità processuale e verità storica, perché c’è un particolare, in tutta la vicenda, che lascia perplessi: Mambro e Fioravanti sono stati condannati all’ergastolo per altri reati (che hanno confessato) mentre hanno sempre rigettato ogni responsabilità per la “Strage di Bologna”. Anche se per questo reato sono stati condannati. E tutto questo senza avere alcuno speciale interesse: infatti non faranno né un giorno in più né un giorno in meno di carcere.
Già questo sarebbe sufficiente – almeno, per le persone curiose della verità – per cercare di capire. Perché quel rifiuto di responsabilità? Ad ammettere che siano colpevoli, e che mentano, per quale motivo dovrebbero reputare questo reato più grave o disgustoso di altri? E comunque, se fossimo convinti della loro colpevolezza, che cosa potremmo opporre ai loro proclami di innocenza? Certo dei fatti e non dei teoremi, delle testimonianze attendibili e non dei ragionamenti. E per avere un’opinione seria bisognerebbe prima studiare approfonditamente il caso, come farebbe uno storico competente e scrupoloso. Tutti quelli che non lo siamo, dobbiamo mantenere un prudente silenzio.
In ogni caso, nei panni del Presidente della Repubblica, non mi lancerei in proclami e certezze che non si hanno. Sergio Mattarella è persona equilibrata ed onesta, e dunque è sicuramente in buona fede. Ma lo stesso, se fossimo in confidenza, gli consiglierei di non compromettersi. Non per rispetto di Mambro e Fioravanti, che non lo meritano, non per rispetto della magistratura, che non sempre questo rispetto merita, ma per rispetto della storia, che lo merita sempre. Anche se, a volte, a decenni o secoli di distanza.

LA STRAGE DI BOLOGNAultima modifica: 2023-08-06T18:07:51+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA STRAGE DI BOLOGNA

  1. Soprattutto doveva stare zitto in considerazione del fatto che sia il Fioravanti che la Mambro furono sospettati e indagati per l’omicidio del fratello Piersanti Mattarella.

  2. Stimatissimo Prof.
    Lei scrive “Mattarella è persona equilibrata ed onesta, e dunque è sicuramente in buona fede.” Non ho motivo di dubitare su quanto da lei affermato. Mi consenta però di ricordarle gli spot degli scatoloni in via di riempimento sul quel trasloco mai avvenuto e le, se non ricordo male, dichiarazioni della inopportunità di un secondo mandato con relativa critica a quanto occorso per la rielezione di Giorgio Napolitano. I più ritengono che ancorché non espressamente vietata dalla costituzione, sia inopportuno consentire 14 anni di “potere” ad una stessa persona.

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