L’IMPOSSIBILE NEGAZIONISTA

In questi giorni pare sia di moda trattare coloro che esprimono dubbi sul cambiamento climatico da “negazionisti”. E questo è un abuso. Non perché i negazionisti abbiano ragione, ma perché in questo campo essi non non possono esistere.
Il negazionista è qualcuno che, “a fini ideologici e politici, nega contro ogni evidenza l’accadimento di fenomeni storici accertati, ad esempio guerre, genocidi, pulizie etniche o crimini contro l’umanità”. La definizione si applica dunque a “fenomeni storici accertati”, non a fenomeni dubbi. E finché essi sono dubbi, non si può essere negazionisti. Addirittura si precisa che non soltanto quei fenomeni devono essere accertati, ma che negandoli si andrebbe “contro ogni evidenza”. E ricordiamoci che, in inglese, “evidenza” e “prova” sono sinonimi.
A questo punto coloro che sostengono il cambiamento climatico si indignano e strepitano: “Ma è proprio quello che sosteniamo. Potete negare che da trenta/cinquanta/cento anni il clima si è riscaldato, e i fenomeni atmosferici sono diventati molto più violenti?”
Ma chi sostiene questo non tiene conto del fattore tempo. In economia se c’è un calo della produzione si parla appunto di calo della produzione. Non di recessione. Di recessione si parla quando quel calo si prolunga per un dato tempo. Nello stesso modo, in materia di clima, ciò che avviene per trenta/cinquanta/cento anni è ancora congiunturale. Di cambiamento di clima si parla quando si prendono in considerazione periodi di tempo molto più lunghi. Questi climatologi della domenica si rendono conto che i tempi della Terra sono molto più lenti? Lo sanno o no che in passato abbiamo avuto lunghi millenni in cui la Terra è stata molto più calda di oggi, e lunghi millenni in cui è stata molto più fredda (glaciazioni)? Dunque non c’è niente da negare o da affermare: i periodi di cui si parla sono troppo brevi per parlare di cambiamento climatico. Ne riparleranno i nostri pronipoti. Attualmente possiamo soltanto parlare di meteorologia.
Una persona informata non nega e non riconosce il cambiamento climatico: dice semplicemente che ci vuole più tempo, per constatarlo. Non solo: si può anche accettare che alcuni fenomeni siano accentuati dall’uomo, ma non come cambiamento climatico. Non con le emissioni di CO2 (benedetta per la vegetazione) ma con l’agricoltura e la costruzione di case.
Prima che contasse tante centinaia di milioni di individui, l’Europa era ricoperta di foreste. Questo significa che le radici degli alberi stabilizzavano il suolo anche quando era inclinato; che quando pioveva, l’acqua si infiltrava nel terreno e non scorreva a valle, e tutto era molto più tranquillo. Se un fiume esondava, non succedeva niente di grave. Oggi invece, per fini agricoli, abbiamo raso al suolo milioni di chilometri quadrati di foreste e quando piove molto, l’acqua un po’ si assorbe ma poi ruscella, crea inondazioni, provoca frane e i disastri che sappiamo. Ancora di più influiscono i tetti delle case, le strade, le piazze e tutti i luoghi “antropizzati”: perché da queste superfici non scorre via una parte dell’acqua, ma tutta l’acqua. Questo comunque non sarebbe un cambiamento climatico, sarebbe un cambiamento dello stato dei luoghi, dovuto al fatto che su questa Terra l’uomo ci abita. Chiunque volesse protestare contro le case e le strade farebbe bene a dormire all’addiaccio e spostarsi attraverso le campagne, a piedi. Allora gli crederemmo, come ambientalista sincero.
E così veniamo al secondo dogma, al secondo fenomeno indimostrato (e che dunque non può creare negazionisti), cioè la colpa dell’uomo. Può anche darsi che in qualche caso egli contribuisca ad aggravare i danni provocati dai fenomeni atmosferici, ma in nessun caso si può affermare con certezza che gli eventuali, recenti fenomeni atmosferici diversi dalla media dipendano dall’uomo.
La massima parte della superficie della Terra è coperta dai mari. Molta parte della Terra non è abitata (deserti, Amazzonia, poli, Russia asiatica), dunque l’uomo è un’entità trascurabile, tale che non soltanto difficilmente potrebbe provocare un cambiamento climatico, ma neanche qualche fenomeno eccezionale come quelli denunciati recentemente. E comunque – teoricamente – anche a non sostenere che l’uomo sia certamente innocente (perché non possiamo esserne sicuri), non si può neanche sostenere che sia certamente colpevole (perché non possiamo esserne sicuri). Dunque il negazionismo è impossibile.
Perché i pregiudizi hanno un fascino pressoché irresistibile? Perché creano certezze e giustificazioni in persone che ne hanno estremo bisogno. Chi è un misogino? Non è uno scienziato, non è uno psicologo, non è un competente che abbia molto studiato le donne. Il misogino è uno che non ha avuto fortuna con le donne. Uno che non ha avuto dal Destino quel magnifico dono che è l’amore duraturo. Così, invece di incolpare sé stesso, incolpa tutte le donne. Semplice, no?
I pregiudizi forniscono certezze e vantaggi gratuiti a persone che, invece di cercare la verità – che sia positiva o negativa – cercano rassicurazioni e giustificazioni. Questo spiega la supina accettazione del concetto di “cambiamento climatico per colpa dell’uomo”. Questa (infondata) certezza corrisponde al bisogno dell’uomo di dichiararsi colpevole (“siamo tutti peccatori”), di invocare la punizione (il cilicio di certi fanatici credenti), e di chiedere perdono (“Miserere nobis”). Un atteggiamento che abbiamo già visto nella cieca accettazione delle “responsabilità del colonialismo”, delle “colpe dell’uomo bianco”, e di reati epocali come la Scoperta dell’America. Se Trump ha più seguito di quel che meriterebbe, è anche perché parla a favore del maschio bianco americano, in una società in cui il “maschio bianco anziano” è l’immagine stessa del colpevole. Di che cosa? Di tutto. Ed anche del cambiamento climatico.

L’IMPOSSIBILE NEGAZIONISTAultima modifica: 2023-07-28T12:21:14+02:00da gianni.pardo
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12 pensieri su “L’IMPOSSIBILE NEGAZIONISTA

  1. Pardo, SI VERGOGNI!
    Sappia che, in base “scenari calcolati”, per invertire la catastrofe (che risulta appunto dai calcoli, sulla base di correlazioni tra fenomeni, e già ho segnalato la “potenza delle correlazioni” in altro post) occorre IMMEDIATAMENTE non consumare petrolio e carbone, ridimensionare agricoltura e allevamenti (fonti di distruzione, inquinamento e sprechi: perfino le vacche inquinano, con le emissioni metaniche – non recuperabili – dai loro ani), usare solo vento e sole per produrre energia, avere solo due vestiti e due paia di scarpe (https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20201208STO93327/l-impatto-della-produzione-e-dei-rifiuti-tessili-sull-ambiente-infografica), risparmiare acqua nei servizi igienici (https://www.corriere.it/pianeta2020/20_febbraio_20/fulco-pratesi-far-pipi-sotto-doccia-atto-politico-lo-dicevo-gia-trent-anni-fa-c4871c16-53ec-11ea-a963-13c45ec676cd.shtml), abolire la plastica (la carne per il lesso ci verrà consegnata in mano). E DA SUBITO. Certo, gli effetti si vedranno piano piano, mica è una tachipirina. Si parla di 20-30 anni. E TUTTI, in tutto il pianeta. Oddìo,il buon esempio però attirerebbe cuoricini e imitazioni entusiastiche: iniziamo, chessò, da Roma, da Bologna, da Bari, a seguire alla lettera TUTTE quelle indicazioni, e certamente salveremo il CLIMA almeno di quelle città (è noto che le città stanno chiuse in scatole di vetro, ognuna con il proprio clima). In un paio di settimane il resto del mondo farà lo stesso. Comunque, già è previsto dai calcoli (!?) che in ogni caso i mari si innalzeranno e Venezia praticamente già è persa. Riemergerà, dopo.
    PARDO, SI VERGOGNI! Il ministro piange, e Lei invece sta lì a fare l’analitico.
    (Peccato che qui non si danno i cuoricini, chissà quanti ne piglierei).
    P.s.: fatte salve tutte le Sue obiezioni e di altri, che meritano tutta l’indignazione dei buoni, di quelli che stanno dalla parte giusta.

  2. Non bisogna poi dimenticare il più banale dei dati di fatto: gli scienziati sono umani e come tali seguono il gregge. Seguire il gregge del cambiamento climatico comporta riconoscimento accademico, carriera e pubblicazioni, starne fuori significa essere marchiati come negazionisti e di conseguenza tutto il contrario del primo gruppo. Probabilmente molti scienziati non si esprimono apertamente sul tema per via del clima di intimidazione che si è creato. Tutti tengono famiglia.
    Da tenere presente poi che l’IPCC, l’organismo che è il principale diffusore di allarmismo (oltre che di lauti stipendi ONU), il cambiamento climatico ce l’ha scritto nella propria ragione sociale. Non arretreranno di fronte a nessuna evidenza: sarebbe come se l’ANPI un giorno venisse a dire che a ripensarci meglio i fascisti avevano ragione.

  3. Certamente per parlare di cambiamento climatico, ovvero (per usare il linguaggio statistico) di ciclicità di lungo periodo, dell’ordine dei millenni, occorrono serie temporali ben più ampie. Peggio ancora, molti confondono volutamente la fase crescente di un ciclo, posto che tale sia la situazione attuale (e non semplice variazione contingente), con un trend inarrestabile, fino alla catastrofe finale; da qui il “terrorismo climatico”, che tutte le persone assennate fanno bene a negare.
    E’ di gran moda, anche tra sedicenti scienziati, usare espressioni del tipo “non ha mai fatto così caldo”; oppure “in Italia non si sono mai viste temperature superiori ai 48 °C”. Senza fare ricorso a Karl Popper, è banale buon senso dire che basta anche una sola smentita sperimentale per confutare una presunta teoria scientifica. Se chi fa le affermazioni di cui sopra avesse la decenza di informarsi, raccogliendo i dati non solo a favore, ma anche contro le proprie teorie, scoprirebbe – si veda ad esempio il volume “L’Italia fisica” del Touring Club Italiano, ed. 1957, a pag. 36 – che il 29 agosto 1885 in Sicilia è stata registrata una temperatura di 49,6 °C.

  4. Professore le analogie ci sono e si fidasse meno usando/cercando anche fonti alternative sarei contento di leggerene -finalmente- le sue analisi “aggiornate” intelligenti come questa. Certo dare dallo scemo stronca subito, ma forse.

    x Franco Marino:
    io la leggevo su francomarino.me
    ma adesso dove la trovo -come pagine pubbliche?

    Saluti. Marco.

  5. Gentile professore, io parto da un presupposto molto più semplice.
    Qui non si tratta di discutere di questioni scientifiche perché né io né Lei (magari Lei sì, ma io di sicuro no) possiamo avere la certezza che ciò che viene dagli scienziati sia la verità.
    La scienza offre dei dati, ma la scelta di cosa fare con determinati dati è la politica.
    Il motivo del fraintendimento passato tra me e lei nasce dal fatto che Lei pensasse di avere a che fare con un negatore della scienza. Tutt’altro. Anzi, io ho sempre evitato accuratamente di intrupparmi nel wrestling tra virostar così come non mi inserisco in quello tra meteostar.
    Io parto da un presupposto banale e semplice: le soluzioni scientifiche non sono sempre tutte applicabili. Se un domani, per assurdo, nascesse un virus nella sua Catania, e la scienza teorizzasse che per debellare il virus si debbano ammazzare tutti i catanesi, questo la farebbe diventare una soluzione applicabile?
    I lockdown prima e il green pass poi hanno provocato una marea di guai economici. E un’altra marea di guai economici la provocheranno le soluzioni proposte da chi vorrebbe risolvere i problemi climatici.
    Allora a quel punto la politica va dagli scienziati e dice “Ci spiace ma ciò che proponete non possiamo farlo”. E si sceglie altro.
    Ma non si può far vivere un popolo intero in un costante stato di emergenza.
    Perché i morti di covid sono niente di fronte ai morti in un paese fallito.

  6. Sono abbastanza d’accordo con Franco Marino sul fatto che l’atteggiamento di fondo sia simile per entrambe le questioni: lo testimonia l’uso comune del brutto termine negazionista al fine di squalificare quelli che in tedesco si chiamano Andersdenken, così come il fatto che la parte politica che sposa fideisticamente la religione del cambiamento climatico e dell’origine antropica del fenomeno è la stessa che più convintamente ha sottoscritto le misure anticovid più drastiche.
    Come prevedibile, si è già arrivati a proporre l’introduzione del reato di negazionismo climatico (probabilmente il noto Nobel Bonelli a capo dei verdi è soltanto il primo a proporre questa ideona, prima o poi si aprirà il dibattito).
    Ciò nondimeno, non si può a mio avviso ignorare le differenze tra quanto di scentifico c’era per il Covid e quanto c’è nel tormentone del riscaldamento globale: nel secondo caso è evidente che la semplice correlazione statistica viene trasformata in rapporto di causa ed effetto, è risaputo che il clima è sempre cambiato ed è evidente che l’origine antropica del fenomeno è solo una congettura, non una prova scientifica come ripetono i pappagalli ammaestrati. Così come era evidente il rapporto positivo tra benefici e danni del vaccino e delle misure anticovid, è evidente che per le misure anti riscaldamento globale adottate dalla sola UE il medesimo rapporto è invertito.

  7. Caro Franco, giochiamo a capirci, piuttosto che a non capirci. Lei ci azzecca perfettamente quando sente in me uno che odia la statolatria e, in generale, l’intervento dello Stato in tutto ciò che non lo riguarda. Ed è un campo molto vasto e molto violato. Ma qui la questione è tecnica.
    Se degli scienziati (magari il cui campo è la chimica o l’astronomia) si strapazzano a dire verità immortali e allarmistiche in campo climatologico, il consenso al mainstream non viene da scienziati ma da imbecilli. Se siamo d’accordo che l’esistenza di un cambiamento climatico richiede tempi più lunghi di quelli di cui disponiamo per giudicare la situazione attuale, quegli scienziati di cui lei parla dicono scemenze. Se invece lei reputa che bastano trenta o quarant’anni di un grado o due in più o in meno, per parlare di cambiamento climatico, allora l’imbecille sono io.
    Insomma, tutto dipende dalle premesse. Se lei accetta le mie premesse, allora la situazione è diversa per il Covid (che era certamente una novità, anche se non sono una novità le pandemie, ma era una novità quel virus) e per il clima. Non so se sono riuscito ad essere chiaro.
    La ringrazio per le cose gentili che dice sul mio conto. Sarei lieto di meritarne la metà.
    G.P.

  8. Esattamente come oggi gli stessi che hanno criminalizzato ogni dubbio riterrebbero scemo anzi criminale chi scrivesse un articolo brillante come quello da Lei appena vergato, cercando addirittura di farle pagare i danni di una sua personale scelta, perché ritenuto colpevole di aver peggiorato la situazione (stavolta) ambientale, non obbedendo a ciò che dicono gli scienziati sul clima.
    Allora la questione professore non è se Lei decida di credere o meno alla scienza. Posto che la questione per me non è mai stata scientifica ma politica, bisogna distinguere la scienza come metodo dallo scientismo e soprattutto dalla comunità scientifica e non necessariamente prendere per oro colato quello che dice uno scienziato, solo in quanto scienziato.
    La fiducia nella scienza è come la “fiducia nella giustizia” contro la quale Lei ha scritto cose di altissimo valore in passato. Sì, esistono magistrati perbene ma anche magistrati politicizzati, corrotti. E la stessa cosa avviene ovunque vi siano posti frequentati da esseri umani.

    P.S. Ma Lei che è un liberale a ventiquattro carati, non lo sente proprio questo gran puzzo di culto statolatrico del Leviatano in tutte queste imposizioni?

  9. Lei ha buona memoria, vero?
    Io non chiamerei negazionista chi nega l’efficacia di un nuovo vaccino contro una nuova malattia. Proprio perché sono una novità sia la malattia sia il rimedio. Ma io chiamerei scemo chi, tanti decenni dopo la morte di Louis Pasteur, e tanti decenni dopo le discussioni suscitate da questo nuovo (allora) metodo terapeutico, rimettesse indietro non l’orologio, ma il calendario. Di secoli. In questo caso si tratta di scienza consolidata, non ipotetica.
    In secondo luogo, quando la quasi collettività dei competenti e degli scienziati dice una cosa, io tendo ad affidarle una buona percentuale di verità. E, personalmente, corro a vaccinarmi.
    Infine penalizzerei (con un robusto ticket ospedaliero) chi peggiora volontariamente la situazione sanitaria e ospedaliera nazionale mettendosi volontariamente a rischio. Non si è vaccinato perché temeva che il vaccino fosse pericoloso? Liberissimo. Ma non sta poi alla comunità (se non parzialmente) pagare per il suo errore. Prima il letto ai vaccinati, poi ai non vaccinati.

  10. Concordo pienamente su tutto. E proprio per questo sorge spontanea una domanda: ma a Lei non sorge nemmeno un dubbio che lo stesso meccanismo si sia visto anche con la pandemia?

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