LA BANALITA’

di Dino Panigra

L’uomo brillante ama la varietà, la sorpresa, l’imprevedibilità della vita. L’uomo mediocre ama la ripetizione, la celebrazione, la prevedibilità. Perché lo rassicurano. L’uomo brillante trova nel nuovo l’esperienza e l’avventura della realtà, il debole vede in esso un nemico che non è preparato ad affrontare.
Per dimostrare questa tesi ci si può servire dei serial televisivi. Questi spettacoli a puntate nascono da un’idea centrale. I protagonisti sono 1, 2, 3 e 4 e ogni singolo episodio racconta più o meno la stessa vicenda: 1 è sempre buono; 2 è sempre cattivo; 3 è sempre estroso ma alla fine per lui tutto si aggiusta, 4 è sfortunato ma se la prende sempre con molto humour. Accettato lo schema, si gira un episodio pilota (chiamato numero zero) lo si proietta dinanzi ad un pubblico selezionato (e munito di una tastiera con cui esprimere i suoi apprezzamenti, anche durante la proiezione) e, secondo come esso reagisce, la serie viene varata o bocciata.
Ma – ecco il punto – se la serie è accettata, da quel momento tutti i numeri successivi avranno invariabilmente gli stessi personaggi e lo stesso schema. Su Dynasty c’era J.R., il cattivo? Ebbene, J.R. è cattivo dal principio alla fine. Non c’è verso che si ravveda o che sorprenda mai il pubblico con una buona azione. Sue Ellen (se era lei) è un’alcolista e tale rimane, fino alla fine. E questo valeva per tutti. In fondo valeva anche per i personaggi di Walt Disney: Topolino vinceva sempre, Paperino perdeva sempre, il cugino Gastone era sempre insopportabilmente fortunato, e via dicendo. Tutto questo perché, mentre nella realtà il prossimo ci sorprende (e più spesso negativamente che positivamente) una volta dinanzi al televisore siamo felici di non dover temere nulla. Di trovarci anzi nella posizione di chi la sa talmente lunga da poter prevedere tutto ciò che avverrà.
In un quiz televisivo piuttosto sciocchino, “Reazione a catena”, c’è un giochino che si chiama: “Quando, dove, come e perché”. L’annunciatore ogni volta annuncia: “Quando, dove, come e…”, poi si ferma e il pubblico, ogni sera, esplode in un boato: “Perché!” Come mai? Perché i presenti se lo aspettano e sono felici di rifare una cosa facile e prevista, in piena “togetherness”.
Una persona non dico brillante ma “intellettualmente viva” sarebbe profondamente infastidita dalla ripetizione, dalla banalità, dalla celebrazione. Invece la “celebrazione corale del del futile già noto” ha per molti un fascino irresistibile. Non rischiano, come con le barzellette, di capirle in ritardo e, per una volta, sono felici di far parte degli “avvertiti”. Il già visto li consola perché non li allarma, li rassicura, li fa sentire a loro agio. Come quando si è a casa propria e si sa dove andare a prendere il martello, se serve.
Io ho voluto vedere Dynasty perché tutti parlavano di questo genere di serial. Ma l’ho trovato insopportabilmente ripetitivo e statico. Mentre la realtà non è statica. La gente è troppo pazza perfino per essere statica. E comunque le persone statiche e prevedibili sono noiose come lo sono i film per il proiezionista in cabina.
La ripetizione, la prevedibilità hanno il fascino che per i bambini hanno le favole che conoscono a memoria. “Mamma, me la racconti ancora la favola di Pollicino?” Poi, lottando contro il sonno, fanno intimamente finta di non sapere come finisce, per godersi la “sorpresa” del lieto fine. Chissà se poi crescono, quei bambini.

LA BANALITA’ultima modifica: 2023-07-11T11:26:28+02:00da gianni.pardo
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