L’AUTORITA’ APPARENTE DEI MAGISTRATI

L’attuale maggioranza ha incontestabilmente il diritto/dovere di attuare una grande riforma della giustizia. E tuttavia molti – con ragione – si chiedono se l’avremo.
Non basta avere un diritto, bisogna avere il coraggio di esercitarlo. Negli Stati Uniti la legge sulla parità dei neri ha preceduto di molto la sua concreta applicazione. Sulla carta i neri avevano certi diritti ma, se avessero osato valersene, i bianchi (riuniti in bande segrete di fanatici) li avrebbero bastonati o uccisi. Ciò spiega perché, tra la vittoria legale e la vittoria “sociale” del Nord antischiavista, sono passati molti decenni.
Nel nostro Paese avviene qualcosa di simile. Il Parlamento ha il potere di realizzare la riforma della giustizia, ma non osa valersene. Una certa magistratura, sulla base di un’autorità apparente, sembra avere il potere di opporsi ad ogni sorta di riforma. L’autorità apparente è quella che riposa soltanto sull’immotivata convinzione dei destinatari di doverle obbedire. Almeno i bianchi del sud avevano il potere criminale della violenza, ma nel nostro caso il potere dei magistrati è del tutto immaginario. Per quanto riguarda quella riforma essi non hanno più potere di quanto ne abbiano i professori nel caso di una riforma della scuola o gli impiegati dell’anagrafe sulla registrazione dei matrimoni omosessuali. In campo legislativo i giudici non hanno voce in capitolo. La nostra Costituzione non parla di poteri e la magistratura la definisce comunque un ordine (checché ciò voglia dire), ponendola un gradino sotto il legislativo e l’esecutivo. Forse è soltanto una questione nominalistica e di lana caprina, su cui assegnare tesi di laurea agli studenti di giurisprudenza, ma ciò che certo è che soltanto il Parlamento è autorizzato a votare leggi. Lo stesso governo a volte sembra poter governare autonomamente, con i decreti, ma in realtà al massimo anticipa l’applicazione di una legge. E questa deve poi comunque essere votata dal Parlamento nei tempi previsti: diversamente il decreto decade.
Purtroppo questi dati elementari non sono sufficientemente noti e l’Italia vive nell’immaginario. La gente si è convinta che non si può votare una riforma dell’amministrazione della giustizia se essa non piace ai magistrati. E allora perché non estendiamo il principio? Stabiliamo che non si può votare una riforma del Codice della Strada se non piace ai camionisti, una riforma dell’esercito se non piace ai militari, una riforma della P.A. se non piace agli impiegati di Stato. E questa è una stupidaggine.
Il principio dell’autorità apparente ha avuto un’esemplificazione indimenticabile. Nel film “La calda notte dell’ispettore Tibbs” Sidney Poitier, un nero proveniente dal nord antischiavista, va nel profondo sud dove lui, anche se è un importante funzionario governativo, è e rimane soprattutto un nero. Tanto che un bianco, giudicando il suo comportamento impertinente, gli dà uno schiaffo. Solo che Poitier glielo restituisce a strettissimo giro di posta, lasciandolo di sasso. Mai uno sbalordito Rod Steiger avrebbe potuto credere possibile una cosa del genere. Si reputava ermeticamente protetto dalla sua superiorità di bianco, e il nero gli ha dimostrato che quella superiorità era inesistente. È questa la parità delle razze, per chi vuole capirla.
Il magistrato non è un essere superiore: è solo un professionista con funzioni più delicate della media, un po’ come il chirurgo. E quando si dice che la magistratura è indipendente e sovrana si intende che essa deve svolgere le sue funzioni in scienza e coscienza, senza tenere conto di altro che della legge. È vero, ogni norma ha uno scopo sostanziale, una ratio, e questa ratio è politica: ma infatti questa ratio politica l’ha già presa in considerazione il legislativo, quando ha formulato la legge. Da quel momento, la ratio non può comunque contraddire la lettera della norma. Se proprio la si vuol prendere in considerazione, è soltanto per adottare la decisione più conforme alla ratio del legislatore, non alla propria. Un esempio: in attesa del giudizio, un uomo sospettato di avere commesso un delitto deve essere o no tenuto in galera? Non importa quale sia la soluzione a questo interrogativo, è certo che non si tratta di un interrogativo giuridico, ma di un interrogativo politico, già risolto in Parlamento. Ed è alle norme del codice che bisogna rifarsi.
I magistrati possono essere indignati se lo Stato adotta una legge che a loro sembra sbagliata, ma la cosa li riguarda soltanto in quanto privati cittadini. In quanto magistrati essi devono soltanto obbedire, perché istituzionalmente hanno il potere di giudicare i cittadini, non le leggi.
Quando, su progetto dell’illustre giurista Alfonso Bonafede, il Parlamento ha deciso di abolire sostanzialmente l’istituto della prescrizione nel diritto penale, ha commesso un peccato mortale da meritare l’inferno, se da qualche parte c’è l’inferno dei giuristi. Ma ciò non vuol dire che quella legge sia stata illegittima o che non andasse applicata. Bisognava cambiarla non appena possibile (come poi è stato fatto), ma nel frattempo era legge.
In conclusione, proprio non si capisce perché per la riforma della giustizia bisognerebbe prendere in considerazione il parere dei magistrati. Forse perché sono competenti in materia? E non lo sono anche gli avvocati? E i professori universitari di materie giuridiche? Un Sidney Poitier potrebbe ricordare a tutti che il potere dei magistrati, in campo politico, è pari a zero. Equivale più o meno allo schiaffo imprudentemente dato da Rod Steiger.

L’AUTORITA’ APPARENTE DEI MAGISTRATIultima modifica: 2023-07-09T17:39:32+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “L’AUTORITA’ APPARENTE DEI MAGISTRATI

  1. Secondo il Vocabolario Treccani: “L’AUTORITÀ, in ambito giuridico e politico, è la posizione di chi ha poteri e funzioni di comando (l’a. dello Stato, del governo, del tribunale); spesso la parola si riferisce direttamente alle persone o agli organi che esercitano questi poteri e queste funzioni.”
    I magistrati il potere sanno come procurarselo: hanno il potere di distruggere la vita delle persone, semplicemente tenendole sulla graticola quanto basta.
    D’altro canto, il primo comma dell’art. 104 della Costituzione definisce la magistratura come “ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere”. Molto si è discusso in materia, ma pare assodato che l’aggettivo “altro” stia ad indicare che anche la magistratura è un potere dello Stato.

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