IL SALARIO MINIMO

di Dino Panigra

Il salario minimo è una baggianata. So benissimo che in Francia, per fare un esempio, lo “smic” (salaire minimum de l’industrie et du commerce) ha molti decenni di vita, e credo esista in molti altri Paesi. Ma questo non dimostra nulla. Anche la Santa Inquisizione esisteva in molti Paesi, ma non è detto che fosse un’istituzione commendevole. E comunque altrove lo smic è poco più della metà di ciò che si propone nel nostro Paese (notoriamente più ricco degli altri, almeno di fantasia).
Come mai tanto favore, a sinistra, per il salario minimo? Semplice. I buoni sentimenti dei nostri politici traboccano: è giusto che Tizio guadagni così poco, per il lavoro che fa? No. E allora come possiamo fare in modo che sia pagato di più? E qui soccorre un’altra credenza, quella dell’onnipotenza della legge. “Imponiamo la cosa per legge e tutto sarà risolto”. Detto questo, votano il provvedimento, vanno a letto e dormono il sonno del giusto.
Tutto ciò perché non conoscono una vecchia barzelletta napoletana. Il re chiede al Ministro delle Finanze di aumentare le tasse, e il ministro ogni volta gli riferisce che il popolo non ne può più e minaccia la rivoluzione. Il re non intende ragioni: “Aumentate le tasse”. Finché, l’ultima volta il ministro non fa nessun commento e dice soltanto “Sarà fatto”. “Come, sarà fatto, ogni volta mi dite che il popolo chissà che combinerà, ed ora un secco ‘Sarà fatto’? Che dice stavolta il popolo?” “È allegro, maestà. Ride”. “Ride? È segno che non paga più le tasse. Abbassatele!”
Che è poi un principio di Scienza delle Finanze. Il potere impositivo dello Stato non è senza limiti. A partire da un certo livello di tassazione il gettito diminuisce invece di aumentare. Dunque ogni saggio governante confronta gli scopi teorici della legge con i suoi effetti positivi. L’effetto teorico della legge sull’Equo Canone Locativo doveva essere: pigioni abbordabili anche dai poveri. L’effetto concreto invece è stato la sparizione del mercato delle locazioni. Chi vuole una casa se la compri.
Nel caso del salario minimo è lo stesso: imponiamo per legge un livello minimo salariale e buonanotte. Effetto concreto? Fine del rapporto legale con un basso salario, ma con i normali versamenti fiscali, previdenziali e assicurativi, e rinascita dello stesso rapporto in nero. Il salario rimane più o meno lo stesso, ma senza protezione contro l’invalidità e la vecchiaia. E senza che il fisco ci guadagni niente, salvo qualche sporadica multa.
L’economia non è, come la morale, una scienza del “dover essere”: è una scienza di osservazione. Le cose vanno come devono andare, che ai governanti piaccia o non piaccia. Essi hanno soltanto il potere di peggiorarle. Si è visto nell’Unione Sovietica.
Ciò che troppa gente non capisce è che l’equità, in economia, è quella che si raggiunge con la libertà. Bisogna soltanto impedire che si stravolga il meccanismo dell’economia, per esempio con i “cartelli”. Ma per il resto l’equo canone locativo è quello che risulta dall’accordo del singolo locatore col singolo conduttore; l’equo compenso salariale è quello determinato dalla contrattazione fra il datore di lavoro e l’operaio (o il suo sindacato); esattamente come l’equo prezzo di una giacca preconfezionata è quello che risulta dall’accordo fra negoziante e cliente occasionale. Ché se poi questo è un cretino disposto a pagare il doppio perché la giacca è “firmata” da un produttore noto, sono affari suoi. Lo Stato può proteggere contro le truffe, non contro l’imbecillità.
Il salario minimo è una distorsione dell’economia. Già il salario concordato fra datori di lavoro e sindacato di categoria è una distorsione dell’economia, perché non tutte le imprese sono nelle stesse condizioni ma, almeno, i sindacati sanno che esiste un limite oltre il quale l’imprenditore chiude bottega e il salariato resta disoccupato. Dunque il risultato concordato potrà discostarsi dal salario “veramente equo” (quello naturale) ma non tanto. Viceversa il salario minimo statale è un letto di Procuste ideato da qualcuno che, appunto, si abbevera alla fonte della mitologia.
I benefattori dei quartieri alti credono che più elevato è il salario minimo, meglio i lavoratori saranno pagati. Senza pensare che, se questo fosse il principio, si potrebbe stabilire un salario minimo di venti euro l’ora. Con venti euro l’ora netti, un operaio che lavora otto ore al giorno per venticinque giorni al mese avrebbe una paga di quattromila euro al mese, e vivrebbe benissimo. Ma non dimentichiamo il cuneo fiscale che (ipotizzo) corrisponde al 50% del netto all’operaio, e arriviamo a seimila euro al mese. Ed ora immaginiamo quanto sarebbero felici, i datori di lavoro, di pagare seimila euro al mese ad un operaio. Senza parlare dei professori che, guadagnando 1.500€ al mese, rosi dall’invidia, lascerebbero in massa la cattedra per andare a riparare i tubi del gas, a ripavimentare le strade e a risolvere corti circuiti. Che pacchia.

IL SALARIO MINIMOultima modifica: 2023-07-05T19:28:11+02:00da gianni.pardo
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