LA FRECCIA DELLA STORIA

In che direzione va la storia? La domanda è tanto vasta quanto ingenua. E chi è interrogato in questi casi teme di passare per un presuntuoso se risponde e per un ignorante se non risponde. Forse andrà meglio se spezzettiamo la domanda nelle sue componenti.
Dal punto di vista scientifico e tecnologico, dai tempi di Galileo e Bacone la storia va sempre verso il meglio. Semplicemente perché la scienza, e soprattutto la tecnologia, da un lato non hanno molte implicazioni etiche, dall’altro offrono comodità concrete cui nessuno rinuncerebbe. Nella Bibbia è scritto: “Guadagnerai il pane col sudore della tua fronte”. Dunque, per esempio, portando pietre sulle spalle in un cantiere edile. Ma, una volta che è stata inventata la ruota, chi mai rinuncerebbe all’ausilio di una carriola, solo perché spingendola suda di meno? “Partorirai nel dolore”, dice la Bibbia. Certo, ma finché non hanno inventato gli analgesici, l’anestesia e il parto indolore. Poi la donna ha potuto scegliere. Insomma i problemi morali sembrano impellenti quando non confliggono pesantemente con l’“economia” (in senso lato) del singolo. In questo senso si può dire che il progresso scientifico e tecnologico non si fermerà mai. Un Papa in punto di morte accetterà di essere curato anche con un farmaco “immorale”, se questo gli concede ancora qualche mese di vita. Qui la direzione della freccia della storia è chiara.
Per tutto il resto è un altro paio di maniche. Mentre nessuno mette in discussione l’utilità della ruota, tutti mettono in discussione la morale, il diritto, le consuetudini, l’organizzazione sociale, il lavoro, il sesso, e chi più ne ha più ne metta. In questo campo la freccia della storia è tutt’altro che univoca. E molto dipende dalle convinzioni del singolo. Per me, miscredente, il Settecento rappresenta il progresso e la razionalità, l’Ottocento il ritorno ai pregiudizi e alla religione; ma per un credente potrebbe essere che il Settecento rappresenti l’empietà e il pregiudizio scientista, mentre l’Ottocento ha ritrovato i veri valori religiosi e sociali.
Quando il problema si presenta in questi termini non può essere risolto: ciascuno può illustrare le ragioni della propria idea ma molto probabilmente non convincerà l’interlocutore. Anche perché molte persone hanno convinzioni che sono, per così dire, “di pancia”, non “di cervello”. Un economista razionale può formulare il principio che la remunerazione del lavoro debba corrispondere a un po’ meno dell’utilità che ne ritrae il datore di lavoro (diversamente non ci sarebbe l’assunzione), e per conseguenza in un’economia poverissima si comprenderebbe che il lavoratore sia compensato con una paga miserrima per lavorare come uno schiavo. Ma chi vive di sentimenti, di impressioni, di emozioni, non fa nessun ragionamento: “Non è giusto! esclama. Questo scandalo deve finire! Il datore di lavoro deve pagare l’operaio almeno il doppio!” Dimenticando che, se si votasse una tale legge, il datore di lavoro licenzierebbe l’operaio o forse, addirittura, l’assumerebbe “in nero”, pagandolo anche di meno. L’economia seria non determina i fatti, li constata. E, quando vuole determinarli, spesso li peggiora. Esempio immortale: l’Unione Sovietica. Ma i sentimentali, gli idealisti, gli emotivi, la “verità” la sentono, non la raggiungono col ragionamento. Dunque discutere con loro è tempo perso.
Ecco perché la storia “umana” (non tecnologica) non ha una freccia. Perché essa non ha l’immediato riscontro del successo o del fallimento – come nel caso di una scoperta scientifica – e ogni società, in ogni dato momento storico, reputa “ovvia” la sua mentalità. Tanto ovvia che non c’è modo di fargliela mettere in discussione. Nel mondo romano non si era facili al perdono e si arrivava spesso e volentieri all’omicidio; ma a nessuno mai sarebbe saltato in mente di stroncare la vita politica di qualcuno per uno scandalo sessuale. Al massimo se ne sarebbe sorriso, come della presunta omosessualità giovanile di Cesare. Al contrario, nell’Italia contemporanea, si è cercato di stroncare la carriera politica di un uomo del calibro di Silvio Berlusconi sulla base di presunti e probabilmente inesistenti scandali sessuali. E questo in un mondo in cui ci si sposa fra persone dello stesso sesso, è vietato ridere di chi è obeso, nano, malfermo sulle gambe o quello che sia. Eccessiva cedevolezza da un lato alla political correctness, ed eccessiva, ipocrita severità dall’altro.
La morale va e viene, nel tempo. L’Ottocento è più repressivo del Settecento, ma è meno oppressivo del Seicento; ma il Seicento è stato molto più repressivo del Cinquecento… non si finirebbe mai. E, questo, parlando soltanto dell’Europa Occidentale. Nel frattempo uno si può anche chiedere come si è comportata la freccia della storia in Giappone, in Cina, in India. Ogni tempo non va oltre il proprio orizzonte.
Solo Cartesio, che io ricordi, si è seriamente posto il problema della variabilità della morale. Tanto che, nell’impossibilità di formulare una morale eterna e valida dovunque, egli ne ha stabilito una, semplicemente provvisoria, per sé (la “morale par provision”), il cui imperativo fondamentale è quello di seguire i “migliori” principi della società in cui si è nati. In questo modo, se non si avrà la morale “vera” in assoluto, si avranno almeno utili principi per vivere senza troppi guai. La morale del buon senso.
Dunque la freccia della storia non esiste. O, se esiste e va in una direzione, io non so quale sia.

LA FRECCIA DELLA STORIAultima modifica: 2023-06-30T07:28:20+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA FRECCIA DELLA STORIA

  1. Articolo equilibrato e condivisibile: in effetti (anche) nel dibattito scientifico-culturale odierno il concetto stesso di ‘filosofia della storia’ appare decisamente problematico, per non dire anacronistico o illusorio.

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