PUTIN E PRIGOZHIN

25 giugno 2023. Districarsi negli affari della Russia, in modo da capirci qualcosa, è impresa ardua. La mania del segreto (diagnosticata già secoli fa dal Marquis de Custine), e la gara di spregiudicatezza machiavellica che la caratterizzano, ne fanno qualcosa di incomprensibile, per noi occidentali. Sicché, sperando di capirci qualcosa, negli avvenimenti di questi giorni, dobbiamo guardare esclusivamente ai fatti.
Dal 2014 in poi Vladimir Putin ha inanellato soltanto errori. L’annessione della Crimea gli ha fatto credere che gli occidentali avrebbero tollerato qualunque cosa, per decadenza e viltà. Questa sua impressione è stata confermata dalle modalità ignominiose del ritiro dall’Afghanistan. Egli ha poi creduto che l’Ucraina gli avrebbe aperto le braccia, o che in ogni caso non avrebbe potuto resistere. Due errori uno dopo l’altro, aggravati dall’imprevista reazione dell’Occidente. A questo punto, invece di lasciar perdere, per “salvare la faccia” il leader si è impegnato in una vera guerra. E, quando ha visto che non stava vincendo, invece di cercare la pace, ha sempre alzato la posta, costringendo l’Occidente (immensamente più forte di lui, se si impegnasse) a fare altrettanto. Così ha portato la Russia a vivere in un costante “double standard”: le sbruffonerie ufficiali da un lato e la drammatica situazione reale dall’altro.
Dinanzi ad una situazione negativa, lo zar si è trovato a dover cercare una via d’uscita. Soprattutto dal momento che – anche qui una previsione sbagliata – l’Occidente non si è disunito e non si è stancato. Infatti, dopo averli a lungo negati, ha inviato gli Himars e i carri armati, ed ora si appresta ad inviare gli aerei da caccia, anch’essi a lungo negati. E nemmeno le minacce nucleari lo hanno intimidito. E allora quale potrebbe essere una via d’uscita?
In primo luogo la ricerca di un capro espiatorio. E in occasione di una guerra che va male, nessun capro espiatorio è migliore dei vertici militari. Questo spiega perché sono state così a lungo tollerate le brucianti e offensive dichiarazioni di Prigozhin contro di loro. Con l’aria di essere al di sopra delle parti, e di non schierarsi con nessuno, Putin gli ha permesso di delegittimare Shoigu e Gerasimov, fino a farne i responsabili della guerra: facendo dimenticare che il responsabile di quella guerra è lui stesso.
Solo questo ha potuto spiegare il suo silenzio di fronte ad accuse tali che la metà sarebbe bastata per mandare Shoigu e Gerasimov dinanzi alla Corte Marziale, o Prigozhin all’ergastolo, a scelta. Ma Putin si sentiva tra l’incudine e il martello. Da un lato la retorica della Russia unita nello sforzo di una nuova guerra patriottica, dall’altro un malcontento di fondo difficile da nascondere. Così si è data al popolo la soddisfazione di sentire uscire dalla bocca di Prigozhin verità brucianti, ottenendo che se ne desse la colpa a qualcun altro, non a lui. E il gioco delle parti è riuscito benissimo:infatti Prigozhin ha attaccato tutti salvo Putin.
Solo che questo gioco può “backfire”, cioè avere un risultato opposto al voluto. È più facile fare uscire il genio dalla bottiglia che farcelo rientrare. Se si dà mano libera a Prigozhin, permettendogli di esprimersi da contropotere rispetto a quello centrale di Mosca, e da indipendente rispetto ai voleri e ai comandi di Shoigu e Gerasimov, chi potrà poi impedirgli di alzare a sua volta la posta, esigendo la rimozione di quel potere centrale, ottenendo così lui stesso la primazia e la totale libertà d’azione?
Ma anche in questo Putin, nel giro di un paio d’ore, ha intelligentemente visto un’occasione. La situazione drammatica poteva essere interamente addebitata ai suoi sottoposti, come se i suoi sottoposti non avessero obbedito ai suoi ordini. E che infatti costoro non contassero nulla si evince dal loro totale silenzio. Infatti non gli è stato nemmeno dato il permesso di dire la loro. Putin, in altri termini, ha concordato la sceneggiata con Prigozhin. Partendo da Rostov, “conquistata senza sparare un colpo” (toh!), ecco la marcia verso Mosca, sempre senza sparare un colpo (toh!). E questo anche perché forse Putin ha temuto che i militari, se chiamati ad opporsi a Prigozhin, si sarebbero schierati con lui.
Così si arriva alla conclusione della commedia. Assoluzione per Putin, marcia su Mosca dei mercenari e brusca frenata a 200 km dalla capitale. Prigozhin ha ottenuto – cosa essenziale tanto per lui quanto per i suoi uomini – che il Gruppo Wagner non fosse posto sotto il comando generale dell’esercito russo (inizio di luglio) e infine, forse, anche la rimozione dei due “cattivi”, Shoigu e Gerasimov. Ma può darsi che anche questa brillante trovata di Putin non sia poi tanto brillante.
Se Putin fosse stato forte (e sicuro che l’esercito avrebbe obbedito ai suoi ordini) avrebbe dovuto predisporre una fulminea e impressionante difesa militare della capitale dicendo a Prigozhin e ai suoi 25.000 soldati: “Se fate un altro passo vi annienteremo”. A quel punto l’inevitabile ritirata di Prigozhin sarebbe suonata come una sua sconfitta. Invece per Putin l’essersi “messo d’accordo con lui”, soprattutto dopo le gravissime e irrevocabili parole pronunciate contro lo stesso Prigozhin, fanno pensare ad una spartizione del potere. In questi termini: “Se continui ad avanzare, probabilmente ti distruggerò, e non ci guadagnerai nulla. Se invece torni indietro, io ti darò ragione nelle tue richieste, rimuoverò dal potere i personaggi a te invisi, e inviterò la Russia ad una ripartenza con te e con me”. Ma tutto questo corrisponderà ad un tremendo indebolimento di Putin, che il popolo non potrà non vedere: perché tutto abbiamo visto nella storia, ma non dittature condivise.
La Russia è debole, preoccupata, divisa. Il potere dello zar traballa, se lui stesso ricorda il 1917. Qualcuno ha detto le più pesanti verità sulla Russia e in Ucraina, ed è a piede libero. Gli sviluppi futuri sono incerti, ma certo è che Putin oggi non detiene più tutto il potere.

PUTIN E PRIGOZHINultima modifica: 2023-06-25T09:10:43+02:00da gianni.pardo
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7 pensieri su “PUTIN E PRIGOZHIN

  1. Noi pieni di dubbi e lei, Luigi, tanto sicuro di sé da fare del sarcasmo, Come dicono gli inglesi, gli sciocchi corrono dove gli angeli non osano camminare. (mi scusi, ma il proverbio usa proprio queste parole),

  2. ORCO! ma allora è tutto risolto, Putin è debole, la Russia implode (ancora), le armate occidentali ristabiliranno l’ordine internazionale ed entreranno a Mosca, il burattino cocainomane sarà il nuovo Eltsin (lui preferiva la vodka) … evviva!!
    La Russia sarà balcanizzata!
    La pace e l’ordine basato sulle regole atlantiche saranno ristabiliti per i prossimi 1000 anni.
    siete sicuri? :))))

  3. Si potrebbe affermare che, con buona pace dei numerosi, loquaci e tetragoni supporter occidentali dell’odierno regime russo, l’attuale situazione in Russia (e dintorni) è maledettamente grave ma non seria (cit.)!

  4. Penso che Prigozhin, se tiene alla sua pelle, debba al più presto lasciare la Bielorussia. La Bielorussia non può entrare in guerra contro l’Ucraina, perché non se lo può permettere militarmente, per quello che ne so. Nemmeno con l’aiuto di ciò che resta della Wagner.
    Piuttosto sarei curioso di sapere come la mettono, a Mosca, con tutti i reparti della Wagner che sono in Africa. Li comanderà ancora Prigozhin? E in che misura obbediranno a Mosca?
    Una cosa è sicura: questo film non è ancora finito.

  5. Putin ha dichiarato, assai recentemente, che la Wagner e’ libera di scegliere se riunirsi all’ esercito russo o muoversi in Bielorussia. Ora, la distanza tra Kiev e il confine con la Bielorussia e’ di soli 220 km. Non sorge qualche sospetto? In questo caso, Gianni, avrebbe ragione lei, era tutto programmato fin dall’ inizio.

  6. Non ho detto che il tentato golpe fosse falso. Ho detto che, prima, certi attacchi a Shoigu e Gerasimov a Putin “andavano a sangue”, perché lo scaricavano di una parte della responsabilità rigettandola su quei due. Poi, quando stava per entrare in vigore la legge che inquadrava il Gruppo Wagner nell’esercito, per Prigozhin si è posta l’alternativa tra sparire e ribellarsi e, secondo me, è partito dicendosi:
    Se ottengo quello che voglio, i miei uomini si fermeranno e torneranno indietro, diversamente combatteremo e che vinca il migliore. Dunque tentato golpe vero. Ma nel momento in cui Putin ha ceduto, perché mettersi a rischio di perdere una battaglia inutile? Meglio mostrarsi preoccupati del “sangue russo” e fare marcia indietro. Prigozhin non ha mai sognato di prendere il posto di Putin: si è solo preoccupato della propria sopravvivenza e di quella del suo gruppo. Ma ovviamente anch’io potrei sbagliare.
    Non ho mai detto che il tentato golpe fosse finto, ho scritto – forse poco chiaramente – che il suo era un “golpe eventuale”. E Putin ha ceduto perché non è stato sicuro della fedeltà di coloro che avrebbero dovuto battersi per lui.
    Salvo E & O.

  7. Ipotesi interessante, che pero’ non riesco a condividere. Putin in questa occasione ha perso autorita’ e prestigio. Il suo amico, il suo protetto, si e’ rivoltato contro di lui. La citta’ di Rostov ha inneggiato a Prigozhin, mostrando l’attuale atteggiamento del popolo russo. Tutto cio’ a scapito di Putin, il quale, se avesse architettato tutto questo, dimostrerebbe di essere completamente impazzito. E non lo credo. Alla domanda “E allora tu come lo spiegheresti?” risponderei: Non lo so. La politica russa e’ , se possibile, piu’ intricata di quella italiana. Pero’ secondo me il golpe era genuino. Forse in futuro ne sapremo di piu’.

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