DAVIGO

Piercamillo Davigo è stato condannato a un anno e tre mesi di reclusione per rivelazione di segreti d’ufficio. Chissà quanta gente ne gioirà, in cuor suo o pubblicamente: il fustigatore fustigato, il castigamatti castigato, il censore censurato. E soprattutto il punitore punito. Ma personalmente mi permetto di dissociarmi dal tripudio.
Bisogna proclamare alto e forte che Davigo è persona integerrima. Un magistrato sinceramente dedito al suo lavoro (che purtroppo ha scambiato per una missione) e onesto – credo – fino all’eroismo. Secondo i suoi colleghi della giudicante in questa occasione ha sbagliato, e può anche essere: ma penso che lo avrà fatto per dabbenaggine. Perché reputava la cosa lecita. Perché pensava, essendo in cuor suo magistrato in aeternum, di far parte della categoria per la quale il segreto non vale. Per qualche motivo stupido, tanto che mi sentirei di escludere il dolo, anche se il reato è doloso. Lo dico perché so per esperienza che il dermatologo è colui che ha più paura delle malattie della pelle, il poliziotto della stradale è colui che più ha paura degli incidenti, e chiunque sia un professionista della legge è terrorizzato all’idea di essere processato per una contravvenzione. Come disse Calamandrei, “Se mi accusassero di avere rubato la Madonnina del Duomo di Milano, io mi darei alla latitanza”.
Naturalmente, dopo tutto ciò che precede, si potrebbe pensare che io sia a favore di Davigo; e non è così. Io lo condanno senza sconti: ma per altri motivi. Morali, innanzi tutto. Quest’uomo, che tutti mi dicono essere un notevole giurista (e non ho motivo di dubitarne) commette un errore inescusabile: prende troppo sul serio la legge, troppo sul serio la distinzione fra innocenti e colpevoli, troppo sul serio la differenza tra giusto e sbagliato. Una simile visione manichea della realtà, in cui per giunta la figura del magistrato rimane incontestabilmente dal lato del bene, è infantile e pericolosa. Come crudele è pensare che praticamente tutti, fra gli accusati, e perfino tra gli assolti, siano dal lato del male. È l’eterna pulsione del profeta intransigente. Dell’annunciatore di apocalissi. Di colui che invoca la punizione di tutti perché tutti siamo peccatori. Il punto di vista di Gerolamo Savonarola.
Davigo si è sempre presentato come uno strenuo difensore degli inquirenti e credo che lo abbia fatto in buona fede. Mentre la maggior parte dei cittadini, e la totalità degli avvocati hanno una cattiva opinione di molti magistrati lui ha la sensazione che i magistrati siano le vittime della società, dell’ordinamento giuridico, e delle guarentigie offerte ai delinquenti. Nella sua visione distorta della realtà non sono scandalosi gli innocenti condannati (che a suo parere sono un normale sfrido di lavorazione) ma la folla dei colpevoli che, con qualche stratagemma, o semplicemente a causa della prescrizione, non pagano il fio delle loro colpe.
Davigo non ha mai pensato che qualcuno possa essere stato condannato per essersi comportato come sbadatamente si è ora comportato lui stesso. In un caso del genere, se stessimo pubblicamente dibattendo, lui mi farebbe notare con puntuto rigore che non si può commettere un reato doloso “sbadatamente”. Ed io dal mio lato gli farei notare che è questa la differenza fra noi. La sua mancanza di umanità gli farebbe chiamare delinquente chi per distrazione ha provocato un incidente stradale mentre io scrivo chiaramente che lui, anche se condannato per un reato doloso, rimane una persona perbene. E spero sia assolto in appello
Fra l’altro, se ho tendenza a difenderlo, è perché – sapendolo un po’ fanatico – sono sicuro che gli peserà atrocemente sentir pronunciare a suo carico le parole accusato, imputato, colpevole, condannato, reo. Forse, se potesse scontare un anno di carcere e tornare indietro nel tempo, in modo che nessuno possa applicargli quei qualificativi, lo farebbe. Questo per dire quanto soffre in questo momento. E per questo non mi sento di essere severo: perché non posso frenare la mia pulsione umana, nei confronti di qualcuno che soffre. Mentre lui sarebbe capace di difendere quel giudice che, col suo comportamento, ha indirettamente provocato il suicidio in carcere di Gabriele Cagliari. Ecco, questo non riesco a perdonargli. Davigo sembra aver dimenticato che la legge serve all’umanità, non l’umanità alla legge.

DAVIGOultima modifica: 2023-06-21T07:54:45+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “DAVIGO

  1. Davigo è rimasto vittima della sua sconfinata presunzione. Non è la prima volta che gli succede. Quando il CSM votò per la cessazione dalla carica di membro togato del CSM a seguito di collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, Davigo impugnò la delibera e fece ricorso al T.A.R.. E qui prese il primo ceffone. Con sentenza confermata in appello, il TAR dichiarava l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, indicando, quale giudice munito di giurisdizione, il giudice ordinario. Per un magistrato arrivato a ricoprire il ruolo di Presidente di Sezione della Cassazione, adire il tribunale sbagliato non è cosa da poco. Infine anche in sede civile il tribunale diede torto a Davigo e confermò la delibera del CSM sulla sua decadenza. Ciò nonostante dubito che Davigo se ne sia dato per inteso. Con questi precedenti è possibile che Davigo fosse convinto, in quanto membro del CSM, che il segreto istruttorio non fosse opponibile a lui. Ma la sentenza, oltre alla violazione del segreto istruttorio, lo condanna a risarcire Sebastiano Ardita, parte civile nel processo, di 20.000 euro per l’uso che dei verbali avrebbe fatto Davigo.
    “Male non fare, paura non avere” diceva Davigo a chi si lamentava per l’uso e l’abuso delle intercettazioni. Tuttavia, secondo la testimonianza di Nicola Morra, Davigo mostrò i verbali al pentastellato nella tromba delle scale di Palazzo dei Marescialli, dopo aver lasciato i rispettivi cellulari nello studio di Davigo.

  2. Lo è, caro dottore, lo è. Ma io, quando leggo di uno stupro, per prima cosa mi chiedo: come è possibile che qualcuno si comporti così, mentre a me non verrebbe mai nemmeno in mente? Il suo cervello deve funzionare in maniera diversa dal mio. Chissà fino a che punto è responsabile delle sue azioni. Ed estendo questo principio – non di tolleranza ma di comprensione – alle persone che sento lontanissime da me.
    Nel caso dello stupratore, nessuna pietà e la gabbia è meritata. Ma nel caso del moralista sincero? Non a caso ho citato il Savonarola.
    A proposito, la massima a me risulta precedente. Non di Longanesi, dunque, ma di Ernest Renan. Il quale sapeva di che parlava: aveva studiato in seminario.

  3. Io, evidentemente, sono meno buono. Scrisse Leo Longanesi: “Io non so se tutti i farabutti sono anche moralisti, ma di una cosa sono certo: che tutti i moralisti che ho conosciuto erano dei farabutti.”
    E poi un magistrato che dichiarò che non esistono innocenti, ma solo colpevoli che la fanno franca, una condanna, prima o poi, doveva aspettarsela.
    Mi spiace, ma il personaggio mi è sempre stato proprio insopportabile.

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