E SE L’OCCIDENTE SI STANCASSE?

L’Occidente può stancarsi della guerra in Ucraina? Certo, tutti possono stancarsi. Ed essere anche abbastanza ciechi per non capire che così si espongono a problemi ancora più grandi in futuro. Ma la follia dei popoli non conosce limiti. Ovviamente non siamo sicuri che andrà così. Ma il punto rimane: e se tuttavia si stancasse? Domanda angosciosa.
Se non sono folli, i dittatori sanno che dovranno fare i conti con la storia, ma del consenso della gente possono fare a meno. Gli basta quello dell’esercito. Viceversa i governi democratici sono costantemente sottoposti a due pressioni a volte contrastanti: da un lato l’esigenza del consenso popolare, dall’altro quella di fare il bene della patria. E ciò conduce a drammatici dilemmi. Che cosa deve fare, che cosa può fare in questi casi un governo, soprattutto in politica estera? La risposta non può essere univoca perché molto dipende dalle circostanze. Finché può agire in segreto, malgrado il parere dell’opinione pubblica, poco importa. Se invece il dilemma diviene pubblico e viene reputato importante dall’intera popolazione, si mette veramente male. E così veniamo al caso specifico.
Dicono che Putin, non potendosi permettere di perdere (perché sarebbe liquidato) terrà duro finché potrà e quale che possa essere il costo per la Russia. Avendo già fatto tutto ciò che poteva fare, inclusi crimini di guerra in serie, oggi la sua principale speranza è che l’Occidente si stanchi di sostenere l’Ucraina. Attualmente sembra che non sia così. Infatti dagli Stati Uniti agli Stati Baltici e dalla Sicilia alla Svezia, ci si rende conto che non si combatte per l’indipendenza dell’Ucraina ma per la sopravvivenza dell’Occidente come lo conosciamo.
Comunque, quand’anche i popoli cominciassero a stancarsi, tutti i politici ragionevoli (in Italia dunque tutti salvo i balordi dei Cinque Stelle) si sbraccerebbero per spiegare al popolo che non bisogna stancarsi. Che ne va della nostra vita, o almeno della nostra vita come la conosciamo. Che non stiamo soffrendo per altri, ma per noi stessi. L’errore di Putin – e purtroppo anche di molti europei – è quello di credere che l’Europa Occidente si sia schierata per l’Ucraina per motivi umanitari o ideologici. Mentre i motivi sono talmente geostrategici, che in prima linea ci sono gli Stati Uniti.
A Washington, pure protetti da un intero oceano, si rendono conto che non sostengono un Paese aggredito, ma la prima linea dell’Occidente. Del resto soltanto questa coscienza ha potuto unire – come nessuno prevedeva – tutti i popoli occidentali in un unico sforzo. A questa coralità hanno potuto sottrarsi soltanto quei Paesi che, come l’Ungheria, da un lato pesano poco, dall’altro hanno vincoli speciali con la Russia. Ma sono personalmente convinto che Viktor Orbán si trova nella stessa situazione di Berlinguer, quando disse, da comunista, che si sentiva più a suo agio sotto l’ombrello della Nato che fuori. Proprio non credo che l’Ungheria possa aver totalmente dimenticato il rumore dei carri armati russi a Budapest, nel 1956. Per mostrarsi “comprensiva” nei confronti della Russia, oggi ha interessi energetici, ma allora ebbe interessi di libertà, e invece ricadde sotto la tirannia.
Lo sforzo economico e militare che fa l’America può sembrare piccolo soltanto in confronto al prodotto interno lordo americano, ma piccolo non è e si giustifica con la posta in gioco. Non con opinioni, con fatti. Quegli stessi fatti che in questo campo hanno indotto Meloni a sostenere l’azione del governo, anche quando lei e il suo partito erano all’opposizione. Insomma, razionalmente non si poteva fare altro. E se personaggi come Giuseppe Conte questo non lo capiscono – o lo capiscono e lasciano prevalere i dividendi della demagogia – ciò serve a distinguere chi è degno di governare e chi no.
È dunque lecito ipotizzare che l’Occidente possa stancarsi, ma tutti i governanti – per senso di responsabilità – faranno il possibile e l’impossibile per non cambiare rotta. Fra l’altro, se la prevista controffensiva comincerà ad avere successo, ciò incoraggerà i popoli a sperare in una fine della guerra. Ma quand’anche ciò non avvenisse ora, dovrebbe significare soltanto che la festa è rinviata al 2024.
Del resto, se le nostre opinioni pubbliche possono sabotare il nostro comportamento in guerra, tanto da mettere in pericolo l’Occidente, non è che per Mosca siano soltanto rose e fiori. Le sparate di Prigozhin non sono prive di significato. Anche in Russia, seppure coperta e sotterranea, c’è la contestazione. Le stesse azioni di guerriglia a Belgorod sono preoccupanti. Come è preoccupante che Putin si senta in dovere di dire che la Russia non teme di essere destabilizzata. Infatti già parlarne è significativo. Se qualcuno afferma: “I medici sostengono che non ho il cancro” significa che di quella tragica malattia ha quanto meno qualche sintomo.
La nuda realtà è che noi non abbiamo alternativa. Non più di Putin. Lui pensa soltanto a sé stesso; noi, i molti, dovremmo sempre ricordare che chi si arrende quando poteva ancora combattere merita tutte le sofferenze che il vincitore può infliggergli. Soprattutto quando questi già da prima era noto per essere crudele e spietato.
Un’ultima nota, non meno pessimistica delle precedenti. L’armamento atomico non può toccarlo nessuno, perché non resterebbe pietra su pietra. Ma nei panni di Putin mi preoccuperei del fatto che perfino le democrazie, quando sono con le spalle al muro, mordono eccome. Se l’Ucraina non ce la facesse più, e stesse per arrendersi, la Nato potrebbe intervenire personalmente. O magari soltanto gli Stati Uniti. E basterebbe.

E SE L’OCCIDENTE SI STANCASSE?ultima modifica: 2023-06-16T12:04:41+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “E SE L’OCCIDENTE SI STANCASSE?

  1. Egregio Cucciolla, (parente di Riccardo?)
    grazie per le parole gentili ma anch’io comincerò con una risposta negativa: il suo commento è gradito ma è di proporzioni eccessive. Dunque in futuro, se vorrà farmi il piacere di conoscere la sua opinione, sia un po’ più sintetico. Ma questa è la prima volta che leggo la sua firma e dunque, lunghezza del testo a parte, “Benvenuto!” Io sarò costretto ad essere sintetico già da ora. Io sono felice di incontrare una persona che dissente in modo civile. Questo permette la discussione ed esclude le risse. E per questo già la stimo. Putiniano? Come disse Jack Lemmon in “A qualcuno piace caldo”, nessuno è perfetto. L’Europa sconfitta? Guardi che la guerra, militarmente, l’ha vinta l’Impero Britannico, nel 1940-41 (gli americani sono arrivati a partire dal 1942), Se l’Inghilterra si fosse arresa nel 1940 la guerra l’avrebbero vinta i tedeschi. E in secondo luogo, se è vero che l’Inghilterra si è ritrovata azzoppata rispetto a prima, la Germania, benché distrutta, è ripartita a razzo, fino a diventare il Paese più ricco d’Europa. La stessa Italia ha avuto il miracolo economico e la Francia, militarmente battuta, ha terminato la guerra sedendo nel consiglio di sicurezza dell’Onu. Come sconfitta non c’è male. Non ribaltiamo la storia, non serve. L’Europa Occidentale la guerra l’ha vinta, (e gli americani hanno anche aiutato la Russia a vincerla dal suo lato, militarmente). Gli americani ci hanno aiutato moltissimo, ma il peggio l’Europa ed anche la Russia l’avevano superato da sole. I Paesi occidentali non si sono rimessi in piedi per l’aiuto dell’America (o soltanto in parte).Lo hanno fatto con le proprie forze. Alcuni così così, altri bene (L’Italia) altri benissimo (la Germania, che pure la guerra l’aveva perduta rovinosamente ed era tutta in rovina). Il resto delle sue affermazioni mi sembrano fantasie. Incluse quelle sul colonialismo. Il Paese che si è ripreso meglio è stato quello che un impero non l’aveva. L’Europa è stracolma di debiti. In primo luogo, per la maggior parte, è indebitata con i suoi stessi cittadini, oggi anche l’Italia. In secondo luogo, sono indebitatissimi anche gli Stati Uniti, fin troppo. Esportando persino i loro debiti, perché possono profittare del fatto che molti Paesi tengono i dollari più o meno come le riserve auree. I Paesi occidentali si sono accorti che vivono meglio se non dominano nessuno che avendo colonie e possedimenti. Dunque non vogliono battere nessuno, vorrebbero vivere in pace, prosperare e godersela. Come tutti i popoli in decadenza, del resto. Nessuna depredazione del resto del mondo. La parola magica è “produttività”. Che probabilmente non ha traduzione, in russo. Lei ad un certo momento parla di Cina, India, Russia, come se le potesse mettere nello stesso paniere. La Russia è economicamente un piccolo, povero Paese, purtroppo bellicoso, ma non per questo importante come, poniamo, l’India. E per oggi è fin troppo. Cerchiamo di parlare di una cosa alla volta. Cordialmente, Gianni

  2. Gentile Professore, anzitutto io devo iniziare questo commento partendo da due premesse, una delle quali, conoscendo la sua ostilità nei confronti dei filorussi, potrebbero indurla ad ignorare il mio commento: la consideri una forma di lealtà nei suoi confronti. La premessa poco piacevole è che io sono filorusso, di madre russa e putiniano. La seconda – che non le ho messo per primo, proprio per non indorarle la pillola – è che io la stimo enormemente nonostante le Sue opinioni su questo tema siano nettamente divergenti dalle mie. Ed è su questa base quindi che impianterò la mia replica, sperando che non sia sgradita.

    C’è un punto del suo articolo su cui mi permetto di essere in disaccordo.
    Il benessere di cui gode l’Europa non è né di origini culturali né economiche, ma unicamente geostrategiche. Chiunque sappia di storia, sa che quando si perde una guerra, si viene privati di tutto, benessere, denari, diritti, che naturalmente diventano di godimento del nemico. Curiosamente, a seguito di una guerra perduta malamente, l’Europa è diventata più ricca, fino a convincersi – ed è questa l’origine dello sciagurato pacifismo (quando Lei condanna i pacifisti di maniera, io che pure sono su posizioni diverse dalle sue, sono d’accordo) – che si possa perdere una guerra e ricominciare come se niente fosse accaduto. Questo gigantesco equivoco origina dal “Piano Marshall” che, venduto come atto di generosità da parte degli americani, ha un’unica e soprattutto temporanea motivazione: impedire che paesi ridotti in miseria si facessero attrarre dalla seduzione sovietica. Per intenderci, la presenza di questa seduzione è anche alla base dei nazionalsocialismi, che furono in una fase iniziale apertamente appoggiati da americani e inglesi.
    Solo che fin quando esisteva il babau rappresentato dall’URSS, gli americani hanno drogato le economie europee che, private delle colonie e dunque di intere filiere della propria economia, non sarebbero altrimenti state capaci di stare in piedi da soli. Nel momento in cui, invece, è venuto meno quel gigantesco blocco, le economie europee hanno conosciuto un progressivo indebolimento. Né oggi la Russia e la Cina potrebbero fare da sponda ad un eventuale distacco dei paesi europei dalla NATO, sostenendo popoli che non rinuncerebbero mai al proprio benessere.

    Ecco in che senso l’articolo è contestabile: esso non tiene conto del fatto che l’Europa è stracolma di debiti, garantiti dagli Stati Uniti. E dunque parte dal presupposto che se in Ucraina vincerà l’America, allora il mondo ritornerà tale e quale a prima, e questo è un colossale errore. Se è vero che una vittoria della Federazione Russa avrebbe conseguenze potenzialmente catastrofiche per l’Occidente – perché è del tutto impensabile non aspettarsi una vendetta di Putin – è anche vero il contrario: una vittoria dell’Occidente accelererebbe quel declino dell’Europa che è stato ostacolato soltanto dal timore, da parte americana, che un’Europa più povera potesse farsi sedurre da modelli di vita diversi.
    Una vittoria degli Stati Uniti non cambierebbe assolutamente in meglio i destini dell’Europa, perché se il modello orientale della ciotola di riso in una stamberga malfamata in libertà vigilata non è sostenibile, viceversa non è sostenibile nemmeno il modello di un benessere che si fonda sul debito sostenuto dalla depredazione del resto del mondo. Perché anche a pensare di voler sconfiggere India, Cina, Russia e chiunque si metta di traverso, poi ci si dovrà porre il problema di come saziare otto miliardi di persone per le quali non basterebbero sei pianeti.

    L’Italia, e in generale l’Europa, non hanno amici. Hanno numerosi nemici ed un falso amico, gli Stati Uniti, che dal crollo dell’URSS è diventato un avversario non più disposto – legittimamente – a battersi per un’Europa vecchia e stanca.
    In sostanza, per l’Italia è tempo di diventare grandi. Mamma America non ne può più e in giro ci sono solo matrigne.

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