UN DIVERSO ANTICOMUNISMO

Forse in Italia l’anticomunismo è cambiato, perché è cambiato il comunismo. Il paradosso è che la destra se n’è accorta, l’elettorato se n’è accorto, e il Pd no.
La sinistra proprio non ce la fa cambiare: conta ancora sull’antifascismo e sulla “ontologica superiorità della sinistra”, senza accorgersi che questi due argomenti sono come due barzellette troppe volte raccontate. Poi, avendo perso il potere, urla dalla mattina alla sera come se la stessero violentando. Essendosi già sgolata a gridare “Al lupo!” ora grida anche “Alla iena!”, “Al coccodrillo!” “All’alce!”, per poi accorgersi che l’alce è un erbivoro, ma che importa.
Nella realtà la destra sta semplicemente tentando di governare; e se in qualche caso approfitta del potere per fare i propri interessi, non fa niente di diverso di ciò che facevano gli altri governi. Così, malgrado i continui allarmi, la politica è estremamente noiosa: perché la sinistra è monotona nei suoi toni apocalittici, e la ripetizione dello stimolo annulla la percezione: per questo i casellanti dormono bene malgrado il frastuono del treno che passa. La sinistra non comprende che dovrebbe conquistare coloro che non hanno votato per essa, e non fare soltanto contento il suo zoccolo duro insultando gli avversari. Inutile dire: “Meloni vuole comandare in Rai”. Il più sprovveduto degli italiani ribatterà, acido: “E prima chi comandava, in Rai, lo Spirito Santo?”
Insomma il Pd è arcaico e non si è reso conto della sua difficoltà di fondo, che è la smentita della storia. Al riguardo parto da un’esperienza personale. Per molti decenni sono stato un anticomunista tanto viscerale quanto silenzioso, perché non è consigliabile insistere sulla propria miscredenza mentre si vive in un convento. Tuttavia ho incontrato anche qualche “frate” intelligente e la discussione è divenuta interessante. Si è infatti a poco a poco risaliti dai banali dissensi quotidiani alla differenza quasi metafisica fra comunismo e anticomunismo.
Il comunismo teorico è stato, se non scientifico come voleva Karl Marx, almeno coerente. Ma era fondato su un’utopia che ne ha fatto una sorta di religione. Non a caso Marx è stato considerato un profeta, per esempio da Paul Johnson. L’utopia fondamentale del marxismo era che gli uomini potessero operare nell’interesse comune come operano per loro stessi. Nello stadio finale del socialismo, chiamato comunismo, lo spirito di collaborazione trionfa ed è di fatto abolito l’egoismo.
Questa religione ovviamente incontrava mille smentite nella vita reale, ma i teorici risolvevano le più sensate obiezioni con un semplice rinvio al futuro, al desiderabile, ad una speranza millenaristica: quella dell’homo sovieticus, moralmente superiore, attuando un cambio della natura umana. Il liberale pragmatico obiettava che chi lavora per lo Stato non lavora con la stessa produttività di chi lavora per sé (unde la miseria dell’Urss) e il comunista colto e onesto rispondeva che sì, effettivamente, era così: “Ma oggi e qui. Da noi. Perché escludere che gli uomini possano smettere di essere egoisti? In futuro, educando diversamente l’umanità…” L’esperimento si è poi visto in Cambogia.
Quel tipo di risposta non era occasionale, era sistematico. Se al comunista si faceva notare il disastro economico e sociale dell’Unione Sovietica lui rispondeva: “Ne sei sicuro? E comunque ciò è avvenuto in Russia. In Italia sarebbe diverso”. “E perché mai dovrebbe essere diverso? È forse stato diverso in Cecoslovacchia o in Romania?” “Ma noi siamo più maturi dei romeni. E comunque, perché non provarci?” Non se ne usciva. I nostri connazionali, non avendo fatto l’esperienza del comunismo, potevano vincere qualunque obiezione col “rinvio” al possibile. Mentre della democrazia e del capitalismo avevano una conoscenza diretta, e dunque non ne ignoravano le storture, a quella realtà contrapponevano un sogno. E come si può contestare un sogno?
Da quando in Italia sono andati al governo, i comunisti è come se avessero ricevuto una torta avvelenata: la smentita concreta ai loro discorsi. Mentre prima potevano sempre rinviare ad un altro luogo, ad un altro tempo, ad un altro sogno, ora, se accusano la destra di qualcosa, la gente può rispondergli (e dimostrargli) che la sinistra ha fatto anche di peggio. Finché almeno formalmente è stata all’opposizione (non dimentichiamo “il consociativismo”) la sinistra è stata legittimata a tutte le denunce. Oggi ha anni ed anni di governo, dietro di sé e, come tutti, una montagna di scheletri nell’armadio. Così non imbroglia più nessuno, col suo catastrofismo quotidiano.
Esagerando con gli attacchi a testa bassa la sinistra commette un doppio errore. Il primo è che se questo governo, come sembra, durerà cinque anni, la gente presto si stuferà dello strepito; il secondo è quello di trascurare il significato della vittoria del centrodestra. Se gli italiani hanno votato per Giorgia Meloni e non per Enrico Letta, è chiaro che il messaggio di Letta non li convinceva più. E se oggi la sinistra fa discorsi demagogici, non tiene conto di avere di fronte un pubblico prevenuto contro di essa. Ecco perché Elly Schlein è stata sconfitta, proprio nelle recenti elezioni. È sciocco proporre, come fa lei, un aumento delle imposte di successione e delle tasse sulla casa: non se n’è accorta che l’80% degli italiani possiede un appartamento, e che per averlo ha dovuto sudare le sette proverbiali camicie? Come pensa di vincere, minacciando più pesanti esazioni all’intero popolo italiano?
È proprio vero che Giove rende pazzi coloro che vuol perdere. Per anni l’anticomunismo è stato eroico, ora rischia di essere maramaldesco.

UN DIVERSO ANTICOMUNISMOultima modifica: 2023-06-01T11:21:46+02:00da gianni.pardo
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