IN LODE DELL’AMBIZIONE

di Dino Panigra

L’ambizione è di solito descritta come un difetto. Secondo la Treccani essa è il “Sentimento di chi ambisce, desiderio vivo, aspirazione a qualche cosa: ambizione di onori, di cariche, di dominio”. E questo è un male, se è vero che per due millenni la Chiesa ha insegnato la negazione di sé, l’umiltà e la volontà più di servire che di comandare.
Forse anche a causa di questa secolare predicazione, nella connotazione corrente l’ambizione è vista come un vizio, un eccesso: non a caso lo Zingarelli trasforma il “desiderio vivo” della Treccani in “brama sfrenata” del risultato. Dunque è ambizioso sia chi studia per vincere un concorso, sia chi, per vincerlo, è disposto a farsi raccomandare in modo da scavalcare chi è più meritevole (brama “sfrenata”).
Da tutto ciò si dovrebbe ricavare che il non essere ambiziosi sia una virtù. E tuttavia, malgrado il magistero della Chiesa, se ne può dubitare. Di fatto l’ambizioso meritevole è molto più utile alla società del virtuoso meritevole che non fa nulla per primeggiare. Infatti il non ambizioso, con la sua stessa inerzia, lascia che i compiti importanti siano affidati a persone che probabilmente li svolgeranno meno bene di come farebbe lui. Come direbbe Dante Alighieri, il non ambizioso, piuttosto che essere un santo, è un ignavo, un disertore.
Il modesto che non ambisce a nulla dev’essere tutt’altro che fiero di questa sua caratteristica. Se gli offrissero la carica di Presidente del Consiglio, pur avendo delle buone qualità umane e una buona base culturale, non l’accetterebbe pur sapendo che altri, come Giuseppe Conte (che non aveva nessuna speciale qualità per meritarla) non soltanto hanno detto sì, ma sono divenuti Presidenti del Consiglio dei Ministri non in uno ma in ben due governi. Vediamo dunque quali motivi il non ambizioso potrebbe addurre per rifiutare una così prestigiosa carica.
L’oggetto più caratteristico dell’ambizione è il comando. Ma che cos’è il comando, per una persona onesta, se non una responsabilità, una preoccupazione e in definitiva una seccatura? È il dovere di fare il bene dei comandati anche se essi risponderanno con la loro animosità di inferiori e di invidiosi. Il “rancore” di cui ha parlato anche Nietzsche. Se non si gode dell’infantile vanità di dare ordini, che gusto mai ci può mai essere a comandare? Come si può volere la responsabilità di tutto e il merito di niente? Essendo magari odiati, pur avendo fatto bene? Perché se così è, l’ambizione è la virtù dei santi.
Il vero santo non sarebbe l’umile Francesco, ma l’Abate che regge il convento. A chi è all’apice tutti chiedono qualcosa, e nessuno si preoccupa di sapere se quella cosa sia possibile. O se il regalo possa avvenire soltanto a scapito di un fine più meritorio.
Il Capo non può sperare in nessuna riconoscenza. Se ottiene un buon risultato, i nemici negheranno che sia buono e gli amici diranno che si poteva far meglio. Anche se è disinteressato e cristallino, nessuno lo salverà dalle peggiori accuse. Vien da pensare ad Amleto quando diceva ad Ofelia: “Sii casta e pura come la neve, non sfuggirai alla calunnia”.
Al Capo si chiede l’impossibile offrendogli come mercede il disprezzo, l’ingratitudine, la condanna. Considerando la società com’è, conviene far parte dei molti che dei pochi. Conviene rendersi invisibili (gli anglosassoni chiamano questo to keep a low profile, non stagliarsi sull’orizzonte marino) e non divenire un bersaglio.
Queste affermazioni sono tutt’altro che ardite e nuove. Il saggio Epicuro ingiungeva di “vivere nascosti” e chi segue questo consiglio fa ancora oggi la cosa giusta: ma fa la cosa giusta per sé, non per la società. Per la società è inutile. Forse è addirittura un egoista: uno che potrebbe distribuire perle preziose ma non lo fa per non stancare il suo braccio e soprattutto perché i beneficiati non dicono grazie.
Forse la società, prima di condannare un Presidente del Consiglio imperfetto, dovrebbe condannare tutti gli uomini superiori che si tengono lontani dalla politica. Anche se la perla è un tesoro per chi la trova, è una malattia per l’ostrica stessa.

IN LODE DELL’AMBIZIONEultima modifica: 2023-04-27T09:01:52+02:00da gianni.pardo
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