PER LEGITTIMA DIFESA

Esaminando ciò che avviene intorno a noi si può avere la sensazione che molta gente non si renda conto di ciò che stiamo vivendo. Né c’è da stupirsene. Per capire il presente bisogna conoscere la storia – almeno la “Storia contemporanea”, dalla Rivoluzione Francese ad oggi – e non tutti l’amano. Per alcuni anzi essa fa parte dell’ignoto.
È facile dimostrarlo. Immaginiamo di chiedere: “Oggi c’è una guerra fra Russia e Ucraina; sarebbe lo stesso se fosse la guerra fra Colombia e Perù?” Molti direbbero di sì, magari sghignazzando. Ma una persona colta direbbe ovviamente di no: “Perché si svolge in Europa”. E questo dimostra che il “presente” non è lo stesso per tutti.
E tuttavia non basta che quella guerra sia sul nostro continente per renderla così diversa da una guerra sudamericana. Se ci fosse un conflitto tra il Kosovo e il Montenegro ce ne dorremo, perché una guerra, anche se piccola, comporta sempre lutti e orrori; ma staremmo tranquilli perché, quale che potesse esserne l’esito, il panorama internazionale non ne risulterebbe molto cambiato. Viceversa, ci sono guerre in cui i protagonisti si rendono conto che non è in gioco qualche territorio, qualche area di influenza o qualche altro singolo vantaggio concreto, ma una scelta di civiltà.
Quando la Grecia combatteva contro i persiani non intendeva difendere soltanto la propria sovranità, voleva preservare il suo modello di vita, che era già quello occidentale: cioè la democrazia. Ed anche dove non c’era la democrazia (l’Ellade non costituiva uno Stato unitario) il modello di vita non era asiatico, non era quello della Persia, e i greci combattevano per la propria identità. Per questo poi celebrarono fino alla più scatenata retorica reducistica la battaglia di Maratona. Perché sapevano che quel giorno avevano salvato il loro mondo.
Analogamente la battaglia di Canne (216 a.C.) fu una tale sconfitta, per i romani, che pensarono ragionevolmente di aver perso la guerra: si aspettavano di veder arrivare Annibale e di non poter resistere. Ed effettivamente molti storici ancora oggi si stupiscono che il Cartaginese non abbia approfittato dell’occasione. E tuttavia, malgrado lo scoramento, i romani si resero conto che non era in gioco la sorte del conflitto ma l’esistenza stessa di Roma. Così decisero l’inverosimile: avrebbero resistito fino all’ultimo uomo. Né le donne romane, di cui molte erano a lutto, furono da meno. E finì che lo sconfitto fu Annibale.
A volte la storia si ripete. Ieri – voglio dire nel 1940 – la Gran Bretagna era pressoché disarmata (salvo per la flotta), affamata e scoraggiata, e tuttavia decise di non arrendersi a Hitler; con notevole meraviglia di quest’ultimo, tanto che pur di non averla nemica le propose addirittura una forma di alleanza. Ma l’Inghilterra fu incrollabile nel proposito di difendere il proprio territorio. E non decisero di battersi fino alla morte alcuni uomini soltanto (come gli eroici piloti della “Battaglia d’Inghilterra”) ma tutti, donne comprese, anche affrontando enormi privazioni e sacrifici. Fu la guerra di tutto un popolo e si concluse con un’insperabile vittoria. È per questo che – suscitando sorpresa – uso ripetere a tutti che la Seconda Guerra Mondiale non l’hanno vinta principalmente gli americani, anche se alla fine sono stati i più appariscenti, ma principalmente gli inglesi: quando gli americani non erano nemmeno entrati in guerra.
Il giudizio a proposito degli ucraini non è molto differente. Benché quel popolo soffra molto, sopportando difficoltà, lutti, e orrori indicibili, non è tanto eroico oggi quanto lo è stato nel febbraio e nel marzo del 2022: cioè quando si è battuto senza speranza di vittoria. Attualmente è intrepido e ammirevole, ma è armato e sostenuto dall’Occidente; allora, nella primavera del 2022, ha dimostrato un eroismo disperato da tragedia greca.
Nell’Occidente questa guerra è caratterizzata da un’inconcepibile incomprensione. Molte nazioni – anche quelle che aiutano l’Ucraina – hanno la sensazione di star aiutando un popolo aggredito con un atto di disinteressata generosità democratica. La verità è un’altra, e troppi non la capiscono. Mentre ce ne stiamo al caldo nelle nostre case, non comprendiamo che ad un migliaio di chilometri ad est non si combatte la guerra tra Russia e Ucraina ma, come a Maratona, la guerra tra Est e Ovest; tra tirannia e democrazia; tra oppressione e libertà; tra espansionismo imperialistico e volontà di pacifica convivenza; semplicemente tra barbarie e civiltà.
Troppi non capiscono che la Russia di Putin (quella profonda, chissà) non si è rassegnata alla perdita dell’Impero sovietico. Se non riuscisse a conquistare l’Ucraina forse quella Russia comprenderebbe che la storia ha voltato pagina. Ma se quella conquista riuscisse, perché non continuare con la Moldavia, con la Polonia, con gli Stati Baltici, fino ad imporre con le buone o le cattive governi vassalli in Romania, Bulgaria, e chissà che altro? Mosca avrebbe avuto la prova che il mondo appartiene alle autocrazie forti e risolute, non ad un Occidente pavido e corrotto.
Se avessimo buon senso dovremmo aiutare l’Ucraina non “per generosità” ma “per la legittima difesa dei valori democratici”. La posta in gioco è tale che per questa vittoria dovremmo essere disposti a combattere anche noi, quand’anche battezzassimo lo scontro Terza Guerra Mondiale: perché ad essa dovremmo essere disposti, se si trattasse di preservare il nostro modello occidentale e democratico. Per non essere da meno di ciò che avvenne in Grecia nel 490 a.C.

PER LEGITTIMA DIFESAultima modifica: 2023-01-28T13:01:14+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “PER LEGITTIMA DIFESA

  1. Articolo da incorniciare.
    Dovrebbero leggerlo tutti quelli che dicono che bisogna trattare con Putin (senza precisare cosa significhi) e che accusano Zelensky di essere un guitto ed un guerrafondaio. Quest’ultima cosa è una specialità tutta italiana, come ha scritto anche Paolo Mieli l’altro giorno.

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