LA CORSA AGLI ARMAMENTI

I giornali dànno notizia del fatto che sarebbe in atto una “corsa agli armamenti”. Per esempio, quella stessa Germania che prima ha dedicato alla difesa lo 0,7% del suo prodotto interno lordo, nei prossimi anni dovrebbe dedicare a quella voce il 2%, come del resto impongono le norme dell’alleanza Nato. Si parla di duecento miliardi di euro. E qualcosa del genere sta pure facendo il Giappone che per tanti anni è stato una tigre senza denti ed ora starebbe correndo ai ripari.
Una delle ragioni del fenomeno è che, essendo prima pressoché disarmati, e avendo inviato una parte del poco materiale che avevamo in Ucraina, cominciamo ad averne poco noi. Ma la ragione fondamentale è che la guerra in Ucraina ci ha svegliati da un sogno tanto irenico quanto stupido. Dopo avere scoperto la teoria della relatività, il computer, la fisica quantistica e la bomba all’idrogeno, l’umanità ha anche scoperto la validità del proverbio secondo il quale (con brillante anacoluto) “Chi pecora si fa, il lupo la mangia”. Avendo portato a termine quest’ultima, poderosa impresa intellettuale, l’Europa Occidentale ne ha dedotto, con ulteriore erculea fatica, che è meglio essere armati che disarmati. Che si evita la guerra se si è temibili, non se si appare prede facili e innocue.
Naturalmente i giornali, come sempre in prima linea quando si tratta di confermare i pregiudizi della gente, hanno riferito la notizia del riarmo con allarme. Infatti, in base ad un principio degno dell’età prescolare, “se non ci sono armi non si può fare la guerra”. Come se un uomo non ne potesse uccidere un altro a colpi di pietra o strozzandolo a mani nude. O come se non ci fossero state guerre nell’antichità, quando non avevano ancora inventato la balestra o l’archibugio.
L’unico vero pericolo che si può avere, con le armi, è che qualcuno sia abbastanza sciocco da essere tentato, dal momento che le ha, di usarle per qualche gloriosa, imperiale conquista. Ma questo non è un problema armi, è un problema di salute mentale. Tutti conserviamo in casa dei coltelli che potrebbero anche essere usati per uccidere, per esempio quelle armi temibili che sono i coltelli per il pane o per affettare il salame. Che fanno spavento soltanto a guardarli. Ma chi ci pensa mai? Servono per il pane o per il salame. Del resto, tutti abbiamo l’elettricità, senza mai ricordare che, applicando i due poli al prossimo, potremmo attuare una delle meno costose e più efficaci torture. Normalmente – e per fortuna – a nessuno viene in mente di utilizzare quegli innocenti ausili per fini criminali. Dunque non sono i coltelli o i fucili che uccidono, sono le mani di chi li impugna.
Il problema delle armi è che, se si perde il senno, si rischia di uccidere o di essere uccisi. Ma tutto ciò segnala il pericolo dell’insania, non il pericolo delle armi. Lo sanno bene i soggettisti di film “horror” nei quali spesso gli strumenti per aggredire sono i più impensati, cioè quelli di uso più normale e quotidiano. Un paio di forbici, una corda, la fiammella di un accendisigari. Nessuno si spaventa della pistola alla cintola del poliziotto, perché si sa che non sparerà a caso, ma dopo aver visto un film horror potrebbe guardare con un brivido nella schiena le innocenti forbici con cui aveva appena ritagliato delle figurine per Natale.
La guerra è una follia, ma ciò non significa che si possa abolire. Recentemente eravamo riusciti ad abolire la povertà, ma dopo quell’exploit non è facile realizzarne altri di uguale portata. La conclusione è semplice: le armi bisogna averle, per contrastare i nemici e sorvegliando attentamente gli amici che – entusiasti – vorrebbero tanto usarle. Spendere per le armi non è spreco come non è spreco tenere disponibile l’adrenalina se si rischia lo shock anafilattico, o l’estintore se abbiamo da temere un incendio. Come recita l’adagio, “l’assicurazione sembra cara prima dell’incidente”.
La guerra – quella cosa che troppi ritenevano impossibile – non soltanto si è “rivelata” possibile ma addirittura inevitabile, drammatica, e solo per fortuna qualche chilometro più in là delle nostre frontiere. Sempre a proposito di armi, se non avesse fruito dell’aiuto internazionale, l’Ucraina si sarebbe già dovuta arrendere; e non è nemmeno detto che, malgrado questo aiuto, riuscirà a sopravvivere a questa guerra. Se invece nel 1995 non avesse ceduto stupidamente le sue armi atomiche alla Russia, oggi questa non avrebbe osato attaccarla, dopo avere firmato un trattato in cui, ricevendo quelle armi, si impegnava a garantire l’integrità e l’indipendenza dell’Ucraina. Il pollaio ucraino ha firmato un trattato con la volpe, secondo cui la volpe si impegnava a proteggere le galline. Il risultato l’abbiamo sotto gli occhi.
Quando i vecchi inglesi sono costretti a constatare quanto i giovani siano sventati, dicono: “they never learn”, non imparano mai; dimenticando che anche loro sono stati giovani, e in quel tempo non avevano imparato niente. Perché si impara con l’esperienza, e dunque non da giovani. I grandi vecchi, e i matusalemme che hanno studiato il latino, conoscono il proverbio romano per cui: “Si vis pacem para bellum”, se vuoi la pace, prepara la guerra. Gli italiani, per impedire il disastro, invece di preparare la guerra, hanno abolito il latino.
grifpardo@gmail.com

LA CORSA AGLI ARMAMENTIultima modifica: 2023-01-30T12:08:22+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA CORSA AGLI ARMAMENTI

  1. in base ad un principio degno dell’età prescolare, “se non ci sono armi non si può fare la guerra”: per quanto possa sembrare incredibile, è esattamente il pensiero di fior di intellettuali, oltre che di tanta gente comune.
    Tra l’altro, proprio la guerra in Ucraina avrebbe dovuto insegnare il contrario: Putin l’ha invasa pensando di archiviare la pratica in tre giorni, ma se avesse immaginato i guai in cui si è cacciato (grazie alle armi ricevute dagli ucraini), difficilmente si sarebbe azzardato.
    Probabilmente, contro certi pregiudizi e certe spinte emotive, non possono nulla né la la cultura né l’evidenza della realtà.

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