IL PERCHÉ DI UNA CRISI

Il governo è caduto e chi, come me, ha passato la giornata di mercoledì incollato al televisore sa che, ascoltando spiegazioni e interpretazioni, alla fine ha avuto una sola certezza: “Non ho capito niente”. Ogni singola ipotesi, ogni singolo ragionamento trasudava intelligenza, competenza, acutezza, ma il totale era sempre la confusione.
Ciò premesso, a rischio di dire un’enorme sciocchezza, credo che tutta la crisi abbia un’unica spiegazione. Ma che a mio parere rimane lo stesso la chiave che spiega tutto. Seguendo In questo il consiglio del filosofo Occam: se una spiegazione semplice è convincente, perché non prenderla in considerazione per prima?
La vita politica italiana che va dalle dimissioni del governo Conte 2 alle prossime elezioni va divisa in due parti. Prima del 24 settembre 2022 e dopo quella data. Se si fossero sciolte le camere senza arrivare a fine settembre, i deputati di prima legislatura,e soprattutto senza prospettive di rielezione (si legga “parlamentari dei Cinque Stelle”), non avendo completato quattro anni sei mesi e un giorno di carica: e avrebbero perso la pensione da parlamentari. Per gente senza arte né parte, sarebbe stata una tragedia che andava evitata a qualsiasi costo. Né era piacevole perdere il comodo stipendio da parlamentari (circa 130.000€ l’anno, salvo errori). Dopo, poteva succedere qualunque cosa. Affari dell’Italia, non loro. Infatti se Mario Draghi ha potuto governare accettabilmente è perché ha sempre avuto l’arma delle elezioni anticipate. Ha posto 55 volte la questione di fiducia, e l’ha sempre ottenuta, perché essa si riassumeva in questo dilemma: “O mi votate la fiducia anche stavolta o cade il governo e voi andate a casa”.
Purtroppo questo schema è caduto nel momento in cui, considerando le regole parlamentari, il rischio è venuto meno. Verso i primi di luglio i Cinque Stelle hanno calcolato che, anche facendo cadere il governo in luglio, per i tempi tecnici non avrebbero perso la pensione. E allora si sono sentiti liberi di punzecchiare il governo, fino a negargli la fiducia. Ciò ha condotto il Paese ai fatti di mercoledì 20 luglio.
Ora si va ad elezioni anticipate. Perché? Non perché prima si è approvato tutto quello che Draghi ha proposto e ora non si approva più niente: semplicemente perché prima gli si sarebbe detto sì in ogni caso e ora, di fronte a un calo delle intenzioni di voto che somiglia ad una frana, i “grillini” hanno pensato che, persi per persi, forse avrebbero guadagnato qualche voto facendo cadere il governo. Oggettivamente la cosa pare difficile, ma sono affari loro.
La cosa curiosa – e insospettabile per molti – è che questa loro intenzione collimava perfettamente con i desideri di Draghi. Questi ha pensato che, se fosse rimasto a Palazzo Chigi, la gente si sarebbe accorta che è un Presidente del Consiglio come gli altri: cioè una totale delusione. Non perché lui non meriti tutte le lodi di cui è stato ricoperto in questi anni, quanto perché, dopo la perdita dell’arma segreta, avrebbe avuto i poteri di un Presidente del Consiglio normale. Cioè quasi nessun potere.
Immaginiamo che una fata prenda in simpatia un mediocre pugilatore e gli regali una piuma da mettere dentro il guantone destro. Finché nel guantone ci sarà quella piuma, lui vincerà tutti gli incontri. Ma, attenzione, se un giorno la piuma dovesse divenire verde, significherebbe che il suo potere magico è svanito. Ovviamente, il pugilatore passa da un successo all’altro, finché è campione del mondo ma un giorno la piuma diviene verde e lui si ritira dal ring. Tutti a chiedersi perché, ma la risposta semplicissima è che ormai non avrebbe mai più vinto costantemente.
E questa è proprio la storia di Mario Draghi. È divenuto Presidente del Consiglio per una magica congiunzione di fattori: crisi politica, sostegno del Presidente della Repubblica, acquiescenza di tutti i partiti. Ma il suo vero, grande potere non è derivato da questi fattori: è derivato dal crollo del M5s e dalla sua prospettiva di sparire dalla politica. Dunque stipendio e pensione divenivano di gran lunga la cosa più importante, cui si poteva e si doveva sacrificare tutto. Anche 55 volte, e quale che potesse essere il provvedimento proposto: perché l’altra ipotesi era perdere seggio e soldi.
Anche Supermario però era succubo delle circostanze. È vero che ha sempre potuto imporre la sua volontà, ma è altrettanto vero che non l’avrebbe più potuta imporre, scaduto il tempo. Ha giganteggiato in Italia e in Europa per un anno e mezzo perché aveva un potere magico, non perché fosse magico lui. Ora che la piuma era diventata verde, gli conveniva restare a Palazzo Chigi? A che scopo, per mostrare i suoi limiti di uomo normale? Avrebbe ottenuto la riprova evidente che nessuno può fare miracoli, in Italia, ma lui personalmente che ci avrebbe guadagnato?
Mario Draghi è una persona straordinaria ma, in quanto Premier, la differenza fra lui e gli altri non è stata tanto intellettuale o caratteriale: è stata che lui ha avuto il potere di governare e gli altri no. Rimanendo a Palazzo Chigi sarebbe forse divenuto il bersaglio di chi per mesi non ha potuto contrastarlo ed ha dovuto obbedirgli. Il rancore è una brutta bestia.
La sfiducia in questo momento è per Draghi un autentico affare: la gente scioccamente attribuirà alla sua caduta gli inevitabili guai cui l’Italia sta andando incontro, non diversamente da come ha attribuito alla guerra d’Ucraina tutti i guai economici presenti. Ogni volta che non si riuscirà a fare qualcosa, tutti diranno: “Ah, quando c’era Draghi!” Insomma, scomparendo lui lascia ad altri l’incombenza di mettere la firma sotto tutti i guai cui l’Italia va incontro: la crisi economica, lo scontento dei cittadini, e forse la catastrofe finanziaria. Perché il sistema politico italiano non permette al Presidente del Consiglio – chiunque sia, anche Ottaviano Augusto – di governare.
giannipardo1@gmail.com

IL PERCHÉ DI UNA CRISIultima modifica: 2022-07-21T11:38:40+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IL PERCHÉ DI UNA CRISI

  1. Alla brusca (e per certi versi incredibile) caduta di uno dei più efficaci/efficienti Governi italiani di sempre può avere contribuito anche qualche “aiutino” giunto dalle parti di Mosca… Saluti

  2. Caro professore,

    leggendo il suo scritto, m’è venuto in mente, per strana combinazione di idee, come luglio non sia storicamente (storicamente) un mese particolarmente adatto ai Presidenti del Consiglio per chiedere la fiducia al Gran… pardon, al parlamento?

    PS – Se non fosse eccessivo, ci sarebbe da godersi il caldo, finchè è gratis.
    Il prossimo inverno lo rimpiangeremo.

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