LA NEMESI DEL WHATEVER IT TAKES

La decisione della Banca Centrale Europea di porre fine al Quantitative Easing, cioè all’acquisto dei Titoli di Stato a tassi bassissimi, rischia di provocare, in un Paese come l’Italia, una catastrofe epocale. La ragione è molto semplice: se veramente si farà quanto detto saremo costretti a spendere più o meno quanto incassiamo e sarà come insegnare al Figliuol Prodigo la virtù del risparmio, in una sola botta.
A partire da luglio il mercato potrebbe farci pagare il fio delle nostre colpe. Per molti l’economia è una scienza, una materia di studio. Nella realtà è molto di più. Non è un’astratta teoria (almeno, quella classica) ma una scienza di osservazione. Perché la realtà non si fa mettere le redini da nessuno. Se si è molto potenti, la si può falsificare per parecchio tempo. Ma poi si vendica. Se si ha l’intera potenza dell’Europa, la si può falsificare per più di dieci anni ma alla fine, lo stesso, si vendica. Inesorabilmente.
È una regola generale. Se qualcuno vive spendendo più di quanto incassa, e dunque facendo debiti, prima o poi si troverà nei guai. Il benzinaio sotto casa gli negherà il credito dopo una settimana o due. Dai parenti otterrà ancora qualcosa, ma dopo qualche mese anche quella fonte si esaurirà. E la banca non perderà tempo, appena perderà la speranza di recuperare il suo credito.
Questo ovvio schema vale anche per gli Stati. Quando più uno Stato è indebitato, tanto più alto sarà l’interesse che dovrà offrire per ottenere dei crediti. Finché glieli concedono. È stato questo, nel 2011, il significato del nostro astronomico “spread” (divario) con i titoli di Stato tedeschi: allora si arrivò – credo se – a 570 punti. E 570 andrebbe letto non come 570 ma come 5,70%: se in Borsa quel giorno per trovare compratori i titoli tedeschi offrivano – per dire – un interesse dell’1,50%, l’Italia avrebbe dovuto offrire (1,50 + 5,70) un interesse del 7,20%. Assolutamente rovinoso. E tutti dicevano che, se si fosse raggiunto l’8% di spread (1,50% + 8,00% = 9,50%) di interesse, l’Italia sarebbe andata in default. Cioè sarebbe fallita. Sarebbe saltato l’euro e sarebbe stata una tragedia di dimensioni continentali.
Fu allora che il Governatore della Banca Centrale Europea affermò che avrebbe salvato l’euro e l’Italia a qualunque costo. “Whatever it takes”, disse in inglese. Si chiamava Mario Draghi. E da quel momento fu venerato come Mosé che salvò gli ebrei dividendo le acque del Mar Rosso. Io non ne fui contento. L’Italia andava salvata cambiandone il comportamento, non spazzando la polvere sotto il tappeto.
La manovra di Draghi consistette nell’acquisto da parte della Bce dei titoli di Stato (soprattutto quelli italiani) anche ricavandone un interesse bassissimo o inesistente e senza aspettarsi che il debito fosse ripagato. In altri termini si operò una triangolazione di inflazione. L’Italia faceva finta di vendere i titoli alla Bce, la Bce faceva finta di comprarli con denaro sonante, e l’Italia spendeva quel denaro che non aveva guadagnato e non avrebbe mai rimborsato. Questo è vivere stupidamente di debiti, a carico dei soci della zona euro. E infatti allora mi meravigliai che i mercati prendessero sul serio quella manovra. Invece non soltanto la presero sul serio allora, ma l’hanno presa sul serio per i quattordici anni seguenti, fino ad oggi. E infatti l’Italia ha un debito che chiamare astronomico sarebbe riduttivo.
Una delle ragioni per cui si continuava a pompare liquidità nel sistema – sempre con la pretesa che si possa governare l’economia dall’alto – era che si voleva ottenere un minimo di inflazione. Io non ho mai capito perché, ma tant’è. Il sistema cercava di creare inflazione (anche permettendo all’Italia di spendere denaro che non aveva incassato) e non l’otteneva, poi la crisi ha fatto partire l’inflazione a razzo e ora non sanno come frenarla. L’apprendista stregone. Uno dei provvedimenti – a partire da luglio – è la fine del Quantitative Easing. Cosa che corrisponde a dire che, o l’Italia non fa più debiti (come dire che un alcolista smette di bere dall’oggi al domani) oppure ottiene crediti offrendo l’interesse che chiederà il mercato. In una misura tale da compensare il rischio del nostro default. Non oso pensarci.
Teoricamente, la cosa sarebbe semplice: l’Italia dovrebbe smettere di vivere al di sopra dei suoi mezzi. Invece i nostri connazionali sono convinti che si possano fare debiti all’infinito. Che, per ogni problema, la soluzione sia sempre la stessa: fare altri debiti. E invece ora, dall’oggi al domani, l’Italia dovrebbe fronteggiare l’incubo: cercare di fare debiti e non trovare nessuno disposto a farci credito. Oppure disposto a farcelo a condizioni di strozzinaggio. Finché non troveremo neppure uno strozzino.
Non si vive di debiti. La vendetta dell’economia può arrivare a stretto giro di posta o dopo decenni, ma arriva sempre, inesorabilmente. Questo è il nostro futuro.
giannipardo1@gmail.com

LA NEMESI DEL WHATEVER IT TAKESultima modifica: 2022-06-14T15:13:37+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA NEMESI DEL WHATEVER IT TAKES

  1. “Non si vive di debiti. La vendetta dell’economia può arrivare a stretto giro di posta o dopo decenni, ma arriva sempre, inesorabilmente.”

    Tesi condivisibile. Ma ai politici non interessa, la rielezione è il loro non dico unico, ma il principale interesse. Se poi la vendetta arriverà tra decenni chi si ricorderà più di chi ha causato il disastro che magari è pure morto? La speranza dei politici spendaccioni, tra cui Draghi, è d’innescare col denaro facile una crescita vertiginosa o virtuosa con la quale si spera di superare l’impasse, anzi di risolvere tutti i problemi. Un’illusione perché, come dice Lei, la vendetta dell’economia arriva sempre inesorabile, a stretto giro di posta o dopo decenni.
    Ma appunto magari dopo decenni quando saremo magari già morti. E nel frattempo in qualche modo saremo sopravvissuti.
    Lo Stato deve indebitarsi, non c’è alternativa (sembra, dicono). Ma saggiamente si era fissato al 3% del PIL il debito massimo. Limite che, e ti pareva, nessuno ha rispettato, nemmeno la Germania. Ma l’importante è indebitarsi e investire se no la plebe s’incavola e poi sono … amari per tutti. “Wer spricht von Siegen? Überstehen ist alles.” (chi parla di vittorie? Resistere, sopravvivere è tutto).
    P.S. A che serve, a chi serve il ponte di Messina? Ma finalmente si farà (dicono).
    Posti di lavoro per forse diecimila persone per dieci anni, è pur sempre qualcosa.

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