IL PROFITTO DELLE INVASIONI

Nell’antichità la conquista di vasti territori era il massimo successo per un Paese e per un condottiero. A Roma, a chi aveva conquistato una nuova, grande Provincia, veniva decretato il trionfo. E del resto nella maggior parte dei casi i Paesi conquistati si romanizzavano, come lingua e come costumi. Né meno gloriose furono in seguito considerate l’espansione spagnola, portoghese, francese e inglese.
Poi la moda cambiò. I grandi Imperi non furono più redditizi come un tempo e la prima ad accorgersene fu la Gran Bretagna la quale, praticamente subito dopo la guerra, depose il kiplinghiano “White Man’s Burden”, fardello dell’uomo bianco, cioè il compito di governare il mondo. Ma l’anticolonialismo, anche contro-fattuale, divenne lo stesso una religione. Contro-fattuale perché molte ex colonie vissero evidentemente peggio dopo l’indipendenza di come avessero vissuto prima, sotto la Corona inglese. Un esempio doloroso per tutti: lo Zimbabwe. Ma poco importa: anche dopo che esso è morto, il dovere di stramaledire il colonialismo rimane intangibile.
Partendo dal 1939 e, tralasciando la terribile ma breve fiammata hitleriana, osserviamo il fallimento del dominio russo nell’Est europeo. Mai, per quanto maldestra, una colonizzazione si è conclusa con tanto odio per il potere imperiale. Nessuno dei popoli conquistati dai romani, dagli spagnoli, dai portoghesi e via dicendo ha mai odiato la “Madrepatria” quanto i polacchi, ad esempio, hanno odiato e odiano i russi. Questa corale ripulsa è stata dimostrata anche dalla velocità alla quale tutti i popoli si sono divincolati dal potere russo, appena possibile. Quello dell’Urss è stato il più grande disastro coloniale della storia.
Anche dopo il 1945 nel mondo si sono avuti parecchi tentativi di espandere il proprio territorio a spese di altri ma – sorprendentemente – ciò che accomuna questi progetti è il risultato più o meno fallimentare. Nel 1950 la Corea del Nord, sostenuta dalla Cina comunista, nella speranza di farne un solo boccone, attaccò la Corea del Sud. E infatti inizialmente i suoi successi militari furono grandissimi. In un tempo abbastanza breve l’intera Corea fu conquistata, salvo il porto di Pusan (così allora si chiamava) nel sud-est della penisola. Poi però l’Onu decise di intervenire militarmente e il suo braccio armato – ovviamente gli Stati Uniti – si lanciò nell’impresa apparentemente disperata di ribaltare le sorti della guerra. Partendo da quel fazzoletto di terra di fatto ci riuscì, tanto che la Corea del Nord dovette abbandonare tutti i territori conquistati e si stabilì un armistizio lungo il 38° parallelo. Un armistizio che dura ancora oggi. Dunque Pyongyang fece uno sforzo enorme e non ne ricavò niente. Il Presidente degli Stati Uniti ebbe anzi il suo bel daffare per impedire al generale McArthur di attaccare anche la Cina. Questo per dire chi si sentiva vincitore.
In seguito contro la Russia si ribellarono senza successo i berlinesi (nel 1953), gli ungheresi (nel 1956), i cechi (nel 1968). La Russia represse questi aneliti di libertà, ma si alienò per sempre il cuore di questi popoli. E ben si vide quando si arrivò alla dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Andiamo alla guerra del Vietnam. Anche questa cominciò con un tentativo di annessione. Il Vietnam del Nord, comunista, voleva annettersi il Vietnam del Sud, democratico. Gli Stati Uniti intervennero per difendere l’aggredito e la guerra, a partire dal 1955, durò vent’anni. Infine Washington rinunciò, ritirandosi. Ovviamente l’esercito di Hanoi inglobò l’intero Paese ma quale fu, il risultato, alla lunga? Che invece di aversi un intero Vietnam comunista si è avuto – e si ha – un intero Vietnam “capitalista”.
Altro esempio, nell’Atlantico del Sud. I Generali dell’Argentina – forse per appuntarsi sul petto la medaglia di un’impresa militare riuscita – decisero di annettersi con la forza quattro scogli chiamati “Isole Falkland” (da loro chiamate Malvinas) di nessun valore e popolate più da capre che da esseri umani (3.000). Ma le isole erano una colonia inglese e gli argentini non avevano fatto i conti con l’orgoglio di Londra. Margaret Thatcher inviò all’altro capo del mondo la flotta inglese che riconquistò le isole, affondò una grande nave argentina (“Il Generale Belgrano”, purtroppo con la morte di molte centinaia di giovani) e umiliò talmente l’Argentina che i Generali dovettero dimettersi. Quella guerra si dimostrò proprio una brutta idea.
La Russia, più recentemente, ha cominciato a sgranocchiare territori altrui, per esempio nel Caucaso, ed ha toccato il massimo nel 2014, con l’annessione della Crimea. Annessione che l’Europa Occidentale e la stessa Ucraina – ripetendo l’antico errore della Conferenza di Monaco, nel 1938 – tollerarono, sperando che Putin si accontentasse. Ma certi personaggi non si accontentano mai. E così siamo al presente, al tentativo di invadere l’Ucraina. Francamente, salvo sorprese, è difficile che alla fine la Russia abbia di che congratularsi con sé stessa. I precedenti non depongono a suo favore. Ma chi tiene conto dei precedenti?
giannipardo1@gmail.com

IL PROFITTO DELLE INVASIONIultima modifica: 2022-06-05T07:57:18+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL PROFITTO DELLE INVASIONI

  1. ” Ma chi tiene conto dei precedenti? ”
    Un precedente di cui nessuno tiene conto è l’accordo intervenuto tra Hitler e Stalin per cancellare la Polonia dalle carte geografiche. Il patto Molotov-Ribbentrop detto di non aggressione, in realtà era un patto per annettersi la Polonia e i Paesi baltici. Ma i russi non si accontentarono dell’annessione di mezza Polonia e dei Paesi Baltici, furono così magnanimi che decisero di trucidare migliaia di prigionieri polacchi ( a Katyn con le mani legate dietro la schiena come a Bucha ) e altre migliaia li spedirono a morire in Siberia.
    I russi non hanno mai pagato per questi crimini perché Hitler riuscì ad invadere la Francia. Se gli fosse andata male a Norimberga ci finivano loro.

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