PERCHÉ È DIFFICILE ESSERE LIBERALI

Il vero liberale, essendo visceralmente contro l’assolutismo, è in uguale misura contro il fascismo, contro il comunismo, contro il nazismo e contro tutte le dittature. E tuttavia, alla prima occasione, viene accusato di essere fascista. Gli altri pensano: “Se non lo fosse, condannerebbe il fascismo e tacerebbe del comunismo. Invece fa proprio il contrario: parla molto del comunismo, dei suoi pericoli e dei suoi misfatti, e sembra che al fascismo non abbia molto da rimproverare. Dunque è fascista”.
Questa convinzione dipende dal fatto che la mentalità di sinistra è di natura “religiosa”. Un tempo, diciamo fino al XVIII secolo, al cattolico non era permesso avere un’altra opinione: si poteva essere soltanto o religiosi o eretici. Con le conseguenze del caso. Nello stesso modo, essendo stato il comunismo una religione, ed avendone molti conservato la mentalità, tutti non possono essere che comunisti o miscredenti. E dunque fascisti. Non c’è spazio per una terza posizione.
Se questa interpretazione vale per i comunisti dichiarati, rimane da spiegare come mai lo stesso pregiudizio abbiano i tiepidi o i sedicenti agnostici. E il motivo potrebbe essere molto più intellettualmente sottile del precedente.
Il marxismo non è affatto in primo luogo, come molti pensano, una dottrina economica. È innanzi tutto una teoria sociale il cui nocciolo è “l’umanesimo marxista”. A parere di Karl Marx, la società nata dalla rivoluzione industriale e dalla Rivoluzione Borghese del 1789, si è rivelata ingiusta. Questo filosofo aveva sotto gli occhi la Germania e la Francia della metà del XIX secolo e se le rappresentava come un sistema in cui panciuti borghesi capitalisti se la godevano mentre i proletari sudavano per un tozzo di pane. Egli piangeva soprattutto sui contadini che lasciavano le campagne per divenire gli schiavi dei nuovi opifici. Dimenticando che, se i contadini lasciavano le campagne per le fabbriche, era perché nei campi si faticava di più e si guadagnava di meno. Ma andiamo avanti.
Marx si occupò molto dei fattori della produzione, e in particolare del capitale. Per “capitale”, in economia, non si intende particolarmente il denaro necessario per lanciare l’industria ma tutti “i beni strumentali”; cioè “i mezzi di produzione”: la falce per il contadino o il martello per il meccanico. E ovviamente anche il denaro per comprare le sementi. Ma a Marx andava per traverso che nell’industria guadagnasse più di tutti proprio il padrone, colui che, pur avendo fondato l’impresa, ora non lavorava. E questo gli pareva ingiusto. Sognava dunque una realtà più umana e più corretta in cui i lavoratori non sarebbero stati costretti a pagare una percentuale della ricchezza da loro prodotta (il famoso “plusvalore) al “padrone”, cosa che per lui costituiva un furto e uno “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Al filosofo, a quanto pare, non passò mai per la mente il concetto di “rischio di impresa”.
Sia detto al passaggio: questo famoso concetto marxiano fu brillantemente ridicolizzato da un suo omonimo, Groucho, quando disse che un giorno “lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo sarebbe stato sostituito dall’inverso”.
Poiché tuttavia la produzione è impossibile senza mezzi di produzione, per abolire il plusvalore bisognava che il capitale lo fornisse lo Stato. E infatti Marx non era contro il capitale, era soltanto contro il capitalismo privato. Voleva che la ricchezza prodotta fosse integralmente distribuita ai lavoratori, senza pagare dazio ai nullafacenti.
Bel concetto, indubbiamente. L’unico neo è che, nella pratica, questo sistema si è tradotto nella miseria sovietica. E mentre l’impresa privata Ford, pur arricchendo Henry Ford, ha fatto viaggiare gli americani in automobile dagli inizi del Novecento, in Russia la gente ha potuto permettersi un’automobile soltanto dopo che è caduta l’Unione Sovietica.
Se qui si sono ricordate tutte queste nozioni è per dimostrare che, se si vuole contestare il comunismo, bisogna argomentare a lungo. Anche molto al di là di ciò che è contenuto in questa pagina. E se invece volessimo contestare il fascismo, che cosa sapremmo dire? Che le manifestazioni militaresche fasciste erano ridicole? Che il nazionalismo è superato? Che Mussolini era un demagogo? Che ci trascinò (cosa vera) nella guerra più devastante della nostra storia? Certo, potremmo citare queste ed altre cose, ma sulla teoria politica e sulla teoria economica, non diremmo quasi niente. Il fascismo fu inconsistente e (come il comunismo, del resto) si resse sulla dittatura.
Una grande differenza fu poi che, mentre il fascismo fu quasi una facciata di cartapesta, il comunismo fu una vera religione salvifica. Offrì una nuova visione del mondo, anche se irrealizzabile,che non smise di suscitare grandi speranze negli ingenui benché clamorosamente contraddetta dai risultati concreti. Ecco perché è così difficile contestare il fascismo: perché il fascismo è un nulla. In Spagna il franchismo durò molti decenni ma si concluse con un facile passaggio alla democrazia perché non doveva sradicare una religione ma soltanto una (alla fine blanda) dittatura: il resto delle strutture e della mentalità era democratico. Mentre in Russia, trent’anni dopo la fine del comunismo, il passaggio alla democrazia non si è ancora compiuto e la Russia Sovietica, vista oggi come una forma di socialismo utopico, suscita nostalgie.
Dal punto di vista dell’economia, il comunismo è stata una cosa devastante e peggio che devastante, il fascismo no. Dal punto di vista politico, ambedue i sistemi si sono appoggiati sulla dittatura, tremenda sotto dittatori criminali come Stalin e Hitler, soltanto opprimente sotto dittatori meno feroci, come Mussolini e Franco. Ma il vero oppositore di ambedue le teorie è stato il liberalismo. E infatti esso è stato visto come un nemico da ambedue i regimi.
giannipardo1@gmail.com

PERCHÉ È DIFFICILE ESSERE LIBERALIultima modifica: 2022-06-06T08:53:27+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “PERCHÉ È DIFFICILE ESSERE LIBERALI

  1. Prof. il liberale è vessato sempre, perchè generalmente è una persona intellettualmente onesta. Saluti Prof.

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