CHI SALVERA’ (FORSE) L’OCCIDENTE

Ogni giorno cerco di chiudere gli occhi sulla miopia, sulla vigliaccheria, sulla piccineria bottegaia degli italiani, e ci riesco sempre meno. Del resto non siamo gli unici rimbambiti d’Europa. Chi porta la bandiera è quella stessa Ungheria che, nel 1956, seppe combattere a mani nude contro la Russia, ed oggi non sa combattere nemmeno se alleata dell’intera Europa occidentale e degli Stati Uniti. Ma io vivo in Italia, ed è qui che ho cominciato a rodermi il fegato.
Il Paese è capace di prendere la posizione giusta – proclamando, stentoreo: “Fra l’aggredito e l’aggressore, noi stiamo sempre dalla parte dell’aggredito” – ma questo sano proposito dura “l’espace d’un matin”. Un paio di mesi dopo i buoni principi si scontrano col prezzo della benzina e con la bolletta del gas (di cui la guerra è soltanto parzialmente responsabile) e tutto cambia. Soprattutto che c’è anche il rincaro del prezzo della pasta, per il quale la colpa è della Russia, ma poco importa: è lo stesso colpa di Zelensky: “Bastava che quel rompicoglioni si arrendesse e la Russia non avrebbe bloccato i porti”. Con un aumento esponenziale degli adepti di queste alte riflessioni. Fino a spaccare un Paese che per giunta si preoccupa di sovrarappresentare le opinioni di quelli che hanno difficoltà a vedere oltre la punta del loro naso. Se oggi in campo internazionale non abbiamo ancora fatto la figura che meritiamo è grazie ai “grillini” che, pur di non andare a casa, votano ancora la fiducia a Mario Draghi. Ma Draghi probabilmente sarà fucilato sulla pubblica piazza il giorno dopo che sarà scattata la pensione dei parlamentari.
Così, giorno dopo giorno, rischio di cedere al più sincero disprezzo per una larga parte dei miei connazionali. Ma poi – per consolarmi – penso che il mio sconforto nasce dall’amore per l’Italia. Uno sconforto che mi spinge a prenderla troppo sul serio.
In Europa l’Italia è un Paese che, già naturalmente,, avrebbe un’importanza limitata. Purtroppo nel corso dei decenni questa importanza l’ha largamente diminuita con i mille voltafaccia, con una politica che si crede furba mentre si squalifica nella ricerca dell’utile immediato. Noi ci siamo fatta una fama di imbelli, di traditori, di codardi nel senso etimologico del termine, e non so quanti secoli ci vorranno per scrollarcela di dosso. Non stimo molto il Manzoni, come romanziere, ma non dimentico la sapida scena in cui un potente maltratta un poveretto e Don Abbondio guarda con solidarietà il malcapitato, quasi dicendogli, con gli occhi: “Vi difenderei volentieri, se soltanto foste voi il più forte”.
Noi siamo per l’Ucraina finché c’è da fare proclami, ma se bisogna inviare armi (di combattere, neanche a parlarne) o, Dio non voglia, di tenere il condizionatore d’aria un grado più alto, in estate, come ha detto Draghi, allora cambia tutto. Allora noi siamo per la pace, anche se per il nostro amico ucraino quella pace fosse quella del cimitero.
Per tutto questo c’è soltanto una consolazione: se è vero che l’Italia merita tutte queste critiche; se è vero che, con essa, le merita anche l’Europa Occidentale (salvo la Gran Bretagna), è anche vero che la guerra non la decideremo noi. La decideranno l’Ucraina e la Russia con i loro soldati e gli Stati Uniti con la loro politica. Per settimane a Washington hanno detto che “non si può permettere alla Russia di vincere questa guerra” e finché l’America manterrà questa posizione, si può star certi che, qualunque cosa stia attualmente succedendo nel sud est dell’Ucraina, la Russia non vincerà. Ma, appunto, durerà?
Il turning point dovrebbe aversi in giugno quando arriverà il grosso degli aiuti americani, per un totale di quaranta miliardi di dollari. Sempre che si abbia il tempo di spiegare il funzionamento delle armi agli ucraini. Se alla fine di quel mese avremo visto un rovesciamento delle posizioni e delle prospettive, il partito della vittoria attirerà molti sostenitori, incluso Don Abbondio. Un’altra consolazione ce la dà la Russia, affermando che la guerra durerà a lungo e che l’Ucraina rifiuta di sedersi al tavolo dei negoziati: cosa che un Paese non farebbe se intravvedesse una sconfitta a giorni. È vero che la Russia ci dice che la guerra durerà a lungo per spaventare le anime tremule nostrane e indurle ad associarsi al partito della resa, ma nel frattempo ci dice pure che non sta vincendo a man bassa. Cosa che del resto si vede nella carta dell’Ucraina, in cui le zone occupate sembrano sempre le stesse.
Insomma, se è lecito sperare in un happy ending del dramma attuale, è contando sull’Ucraina e sugli Stati Uniti. La Russia ha come briscole l’imbecillità, la mancanza di coraggio e l’egoismo miope dell’Europa Occidentale (salvo il Regno Unito). Questa è tanto imbelle da non essere neppure una buona alleata di Putin.
giannipardo1@gmail.com

CHI SALVERA’ (FORSE) L’OCCIDENTEultima modifica: 2022-05-24T11:44:34+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “CHI SALVERA’ (FORSE) L’OCCIDENTE

  1. Vedo che ora è molto meno ottimista circa la possibilità che questa guerra possa dare una sveglia all’Europa e rallentarne il declino.
    Purtroppo questo declino è strutturale e profondo e una guerra combattuta da altri a qualche centinaio di chilometri di distanza non ha nessuna possibilità di influire.

  2. “Fra l’aggredito e l’aggressore, noi stiamo sempre dalla parte dell’aggressore” – ma questo sano proposito dura “l’espace d’un matin”.
    Forse è il contrario?

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