RUDENKO E ZELENSKY

Riguardo ai possibili negoziati con la Russia Volodymyr Zelensky ha detto: “Potremo passare a questa fase quando comprenderemo che la parte russa mostra almeno la capacità e il desiderio di passare dalla sanguinosa guerra alla diplomazia. Questo è possibile se la Federazione Russa lo dimostra almeno [con] qualcosa. Ad esempio, il ritiro delle truppe alle linee di prima del 24 febbraio”.
Onestamente, il suo “esempio” è devastante. “Almeno qualcosa”? Zelensky sembra richiedere la totale sconfitta della Russia. Infatti il Vice Ministro degli Esteri russo Andrei Rudenko, con insolita moderazione, gli ha risposto: “Difficilmente possiamo valutare questa affermazione come costitutiva. Vorrei ricordare che l’Ucraina ha partecipato attivamente ai negoziati, dal primo giorno dell’inizio dell’operazione militare e non ha posto alcuna condizione. E se ora stabiliscono queste condizioni, questo ci costringe a dubitare della sincerità del loro desiderio di trovare una soluzione pacifica”.
L’italiano della traduzione è zoppicante. Forse ad esempio “costitutiva” avrebbe dovuto essere “costruttiva”. Ma poco importa. Il senso è chiaro: prima gli ucraini non ponevano condizioni e ora che l’impegno militare russo è divenuto più imponente e minaccioso propongono nientemeno il ritiro totale dell’esercito russo? “Dubitare della sincerità del loro desiderio di trovare una soluzione pacifica” è veramente il minimo che si possa fare.
Ma se ne può dedurre anche altro. Di Zelensky possiamo dire molte cose. Che è coraggioso fino all’audacia. Che è un eccellente comunicatore, anche se un po’ invadente. Forse addirittura che ha utilizzato il suo mestiere di attore per impersonare l’Ucraina combattente ed eroica. Ed altro ancora. Ma chi direbbe che è un pazzo? E tuttavia soltanto un pazzo, mentre sta perdendo una guerra, potrebbe porre come condizione la resa del vincitore. E se, al contrario, il suo atteggiamento significasse che vede sé stesso come vincitore?
In guerra la prima vittima è sempre la verità e dunque bisogna sempre rifarsi a dati indiretti. Per quel po’ che sappiamo, pure in una fase di prevalente stallo, sembra che sul terreno i russi avanzino e bombardino più di quanto non avanzino e non bombardino gli ucraini. Dunque – sempre stando ai sintomi – chi starebbe vincendo sarebbero i russi. E se dunque Rudenko dice le parole che dice non è sulla base di ciò che sta avvenendo, ma sulla base di ciò che prevedibilmente avverrà, e il futuro gli appare preoccupante. L’esercito russo ha già speso molto in termini di armi e munizioni, e non è detto che possa tenere questo ritmo indefinitamente. Insomma, secondo gli invasori, sarebbe bello se, sedendosi al tavolo della pace, la Russia ottenesse tutti i vantaggi che ha attualmente, senza dover combattere ulteriormente. Applausi universali, pace e nuovi territori per giunta. Infatti anche il seguito delle dichiarazioni di Rudenko è un insieme di proposte umane e costruttive. Se pure – come sempre – a condizioni inaccettabili: ma prima queste proposte costruttive non c’erano nemmeno a condizioni inaccettabili . Come mai dunque gli ucraini non vogliono sedersi al tavolo delle trattative?
Lo sappiamo, se Atene piange, Sparta non ride. Anche gli ucraini subiscono perdite. L’Ucraina è distrutta dai bombardamenti. Le esportazioni di grano sono bloccate, e via dicendo. Ma c’è un ma. Mentre la Russia deve contare soltanto su sé stessa, e si trova in difficoltà, l’Ucraina ha tutti gli svantaggi ma ne ha uno decisivo: l’aiuto statunitense. Questo significa che in futuro non mancherà mai né di armi, né di munizioni, né di aiuto economico. Dunque il tempo lavora per essa. Addirittura, sapendo che si parla di sequestrare le attività finanziarie russe all’estero per pagare la ricostruzione dell’Ucraina, ad ogni nuovo razzo gli ucraini potrebbero irridere gli invasori: “Aggiungiamo alla lista della spesa anche il costo della ricostruzione di questo palazzo”.
Nel corso degli anni, Vladimir Putin si è dimostrato un grande uomo. Ha vinto politicamente, fino a divenire il padrone della Russia; è stato popolare, come dimostrato da innumerevoli votazioni e si è rivelato audace, facendo sì che la Russia si comportasse come quella Superpotenza che da decenni non è più. Tanto che, ancora a febbraio di quest’anno, molti davano Mosca sicura vincente. Ma – come spesso in passato – quando un leader esagera è possibile che la realtà “veda il suo bluff”. Forse a Waterloo Napoleone è stato sconfitto per una serie di circostanze avverse, ma se avesse vinto a Waterloo avrebbe perso altrove. Non si sfida l’intero mondo indefinite volte, vincendo sempre. Ne seppe qualcosa anche Hitler. Putin ha giocato una mano di poker di troppo, per giunta chiamando il piatto, e lo showdown forse lo ridurrà alle sue vere dimensioni.
giannipardo1@gmail.com

RUDENKO E ZELENSKYultima modifica: 2022-05-28T12:51:10+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “RUDENKO E ZELENSKY

  1. Caro Roberto S. non sto a dirle quale rispetto io abbia per la Rivoluzione Francese (non per il Terrore) ma non dimentichiamo che la prima attuazione concreta dei principi dell’illuminismo non si è avuta con quella rivoluzione (1789) ma con quella Americana (1776). E gli americani, con Benjamin Franklyn, hanno partecipato all’elaborazione di quei principi.
    Sì, abbiamo parecchio in comune ma, politicamente, sono più “modello Rivoluzione Francese” loro che noi.
    Senza dire che il cittadino ha avuto molta più libertà sotto la monarchia assoluta di Luigi XV di quanta ne abbia avuta da dieci anni a questa parte con Putin.

  2. Sostenere che gli ucraini stiano facendo una guerra per conto degli americani quando è stata la Russia ad invadere l’Ucraina è voler rovesciare la realtà. Le guerre per procura si intrapendono, non si subiscono. Sono i ceceni che stanno facendo una guerra per conto dei russi.

  3. Sulla Russia e su Putin e i suoi complici ed eventuali epigoni occorre “lavorare nel tempo”, lavorando per e attendendo che “esplodano le contraddizioni interne”.
    In teoria.
    Tuttavia, questo “lavoro” dovrebbe farlo principalmente l’UE, per ragioni di vicinanza e una certa “storia comune”, in grado di offrire un’alternativa al “modello USA”. Ma è proprio l’UE – che altro non è, seppur rivestita di panni austeri ed “etici” , che un’alleanza commerciale/industriale in cui i “principi politici” vengono continuamente contestati da molti suoi membri, eterogenei per “culture” ed interessi – che si rivela intrisicamente debole; e proprio questa guerra sta funzionando da cartina di tornasole delle sue debolezze. E ciò fa molto piacere a Putin e lo spinge ad “appoggiarsi” (farsi catturare) alla Cina, che lo aiuti a superare un “momento difficile”. E gli USA, afflitti dalla sindrome di onnipotenza e dall’ansia di vedersi superare dalla Cina (non certo dalla Russia, che non vale un fico secco), stanno reagendo con eccessivo e scoperto “ardore”, a confermare il proprio “modello superiore” di “guida dei valori buoni”. Modello che, con la storia delle armi in mano ai ragazzini, l’ultra antiabortismo, la cancel culture e similia, l’invasività dei social, i divari di ricchezza, lo strapotere delle corporations, non concorda né con la “saggezza europea” (alla quale viene sostanzialmente imposto) né con la “saggezza orientale” (leggi Cina, sostenuta da ambizioni di rivincita). Ma i più deboli siamo prorio noi “europei”, palesemente allo sbando e che siamo costretti ad affidarci all’unico “amico” (non disinteressato: normale) che abbiamo: gli USA; con i quali qualche legame storico lo abbiamo, almeno in ricordo della Rivoluzione Francese.

  4. Zelensky “temo che stia anche recitando la parte che Biden gli assegna: quella del “demolitore” di Putin”.
    Io temo, caro Falcone, che lei stia sottovalutando Zelensky. L’America temeva tanto realisticamente che l’Ucraina sarebbe crollata e che Zelensky sarebbe stato ucciso, che gli propose di proteggere la sua fuga, altro che lanciarlo ai polpacci di Putin. E invece Zelensky, anche quando non sembrava avere nessuna speranza, si è dato alla più eroica resistenza. Non sminuiamo gratuitamente il prossimo.
    Poi sì, è vero, l’America sarebbe lietissima di veder tornare un’autentica democrazia – non pericolosa per i vicini – in Russia. Che c’è di male? Ognuno fa ciò che crede essere nel suo interesse.
    E comunque gli ucraini il “lavoro sporco”, come lo chiama lei, hanno cominciato a farlo prima che l’America dichiarasse che li avrebbe aiutati. Ancora una volta, perché sminuire il prossimo, e ridurlo a un mazzo di burattini?
    E la guerra “per procura” è cominciata ben prima che gli Stati Uniti prendessero posizione. Ancora una volta una sottile calunnia.
    Insomma, non si offenda, ma lei mi presenta un quadro stravolto, in cui i personaggi sono ridotti a marionette. L’umanità, incluso Putin, non è fatta di marionette.
    Già, anche questa è un’esagerazione. Nessuno dice che Putin è un pazzo criminale, forse è un criminale, ma perché pazzo? Anche ad essere paranoide, tanta gente considerata normale lo è. Smettiamola con gli insulti.
    Reazioni inconsulte. Il famoso “bottone rosso” non ha sopra soltanto il dito di Putin, ma anche – almeno – di altre due persone. E perché costoro dovrebbero suicidarsi e far morire anche le loro famiglie, per far piacere a Putin? Non esageriamo. Quella nucleare è una minaccia a vuoto, che nessuno si può permettere.
    Caro Falcone, mi aspettavo di meglio, da Lei.
    G.P.

  5. Non credo che Zelensky sia pazzo. Forse è vero che sta utilizzando il suo mestiere di attore per impersonare l’Ucraina combattente ed eroica. Ma temo che stia anche recitando la parte che Biden gli assegna: quella del “demolitore” di Putin. Infatti Biden (lo ha pure detto esplicitamente) punta alla sconfitta della Russia e all’abbattimento di Putin, o almeno alla sua umiliazione e cancellazione dalla scena mondiale; il tutto facendo fare agli Ucraini il “lavoro sporco” (cioè il rimetterci la pelle), combattendo una guerra per procura. E Zelensky, ormai, non può fare altro che stare al gioco; salvo fare lui la fine che Biden vuole far fare a Putin.
    Quindi Zelensky alterna momenti in cui sembra disposto a trattare con Putin a momenti in cui pone a quest’ultimo condizioni palesemente inaccettabili. I primi servono a esigere aiuti militari dall’Occidente e dagli USA in particolare; i secondi – come ora – quando stanno per arrivare i famosi armamenti pesanti inviati dagli USA.
    Nella strategia di Biden c’è però una contraddizione: se è vero, come dicono molti, Biden compreso, che Putin è un pazzo criminale, non si può sperare che sia talmente savio e buono da lasciar annientare sé stesso e il suo Paese senza reazioni inconsulte. Qualche settimana fa, dal Cremlino, era già arrivata la minaccia del ricorso alle armi nucleari qualora fosse “minacciata l’esistenza della Russia”.
    Ottavio Lavaggi scrive: “Oggi Kissinger, in nome della realpolitik, sostiene la necessità di un accordo con Putin “idealmente” basato su un ritiro russo dall’Ucraina ma in pratica inevitabilmente destinato a includere concessioni territoriali. A suo parere un’ulteriore escalation del conflitto presenterebbe rischi eccessivi per l’Europa e cementerebbe definitivamente l’influenza cinese sulla Russia.” Lavaggi aggiunge “È una posizione razionale e umanamente comprensibile ma che si scontra, almeno in parte, con la sostanza del conflitto in corso, che in ultima analisi consiste nella difesa del principio dell’autodeterminazione dei popoli.”
    Henry Kissinger non è un padreterno; però non è facile smontare il suo timore di ulteriore escalation del conflitto e di rischi eccessivi per l’Europa.

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