LA PACE PROBLEMATICA QUANTO LA GUERRA

Ognuno ha i suoi modelli e alcuni di noi sono abbastanza ingenui da avere come mito fondante l’eroe dei “western”. L’uomo quieto, onesto e generoso il quale, provocato e maltrattato, diviene una belva, tanto da vincere da solo contro molti nemici e farne strage.
Naturalmente lo schema si ritrova in un’infinità di narrazioni, anche lontanissime dal mitico West. Per esempio nel film “Giorno Maledetto” un veterano – Spencer Tracy, anziano e senza un braccio – vince contro un violentissimo ed efficacissimo Ernest Borgnine. Del resto, quanto durerebbe il fascino di Robin Hood se fosse un volgare ladro, felice di infilzare il prossimo con le sue frecce? Senza l’Usurpatore e lo Sheriff of Nottingham il suo personaggio non avrebbe senso.
La frequenza del “topos” rischia l’inflazione e merita un chiarimento. Nella realtà si trovano spesso persone gentili e oneste ma esse non sono abbastanza energiche per difendersi rudemente quando non c’è altra soluzione. Come d’altro canto si trovano persone capacissime di farsi valere con l’aggressività e perfino con la violenza, ma spesso ne approfittano per prevaricare sugli altri. Ecco perché in fondo il protagonista western è un ircocervo. È pacifico, e tuttavia vince nello scontro. Rappresenta insomma una proiezione, il desiderio di riscatto, e vendetta, dei deboli.
Ma a volte la vita rivela la vera natura di un uomo. Nella tragedia di Sofocle, Neottolemo si presta all’inganno e promette di fingere di essere amico di Filottete per farsi dare da lui l’arco che avrebbe permesso la vittoria su Troia. Ma il giovane alla fine si pente e, pur avendo ottenuto l’arco, lo restituisce a Filottete. In lui la natura dell’uomo leale e la capacità di amicizia vincono sul patto scellerato. Nello stesso modo, benché gli archetipi più frequenti siano il mite e il violento (ben separati) nella realtà esistono anche degli uomini pacifici che, per necessità, si trasformano in combattenti.
È per questo che tutti sentiamo il fascino di Zelensky. Volodymyr è nato come attore e attore in greco si diceva “ipocrita”, sostanzialmente “bugiardo”. Sulla scena infatti l’attore si comporta come se fosse un altro. Ma – come il finto Generale della Rovere – egli può essere spinto dalla necessità a divenire nella realtà quello che era nella finzione. Per questo Zelensky non è un attore, come dicono gli invidiosi, ma un guerriero. Chissà, forse prima era un guerriero che fingeva di essere un attore.
I commentatori, a proposito della fine della guerra in Ucraina, si pongono dei quesiti. Se vinceranno, i russi imporranno all’Ucraina il loro diktat. È scontato. Ma se vincessero – o stessero per vincere – gli ucraini, e fossero proposti dei compromessi, che cosa potrebbe concedere Zelensky?
Molti considerano la Crimea e le auto-proclamate piccole repubbliche del Donbass territori ormai acquisiti dalla Russia. Ma fino a ieri – e giuridicamente anche oggi – sono territorio ucraino. Kiev si era rassegnata alla perdita della Crimea, pur di avere la pace, ma ora che la pace l’ha infranta la Russia e – nell’ipotesi – la stessa Russia è stata battuta sul campo, perché l’Ucraina non dovrebbe richiedere ciò che è suo?
La recente tragedia giustificherebbe un compromesso, ma il popolo ucraino potrebbe dire: “Abbiamo combattuto e vinto, l’Ucraina è stata distrutta, e tanti dei nostri sono morti, per poi fare dei regali all’aggressore? Zelensky non era un guerriero, il capo di noi guerrieri? Come mai oggi vorrebbe tradirci?”
Il problema non è dappoco e, quel ch’è peggio, non è l’unico. L’Europa in generale ha la vocazione al compromesso e alla resa, se appena presentano qualche vantaggio. La Gran Bretagna no e l’ha dimostrato a iosa nel 1940. Gli Stati Uniti sono politicamente figli della Gran Bretagna ed hanno abbastanza realismo per vedere che questa guerra è stata scatenata da Putin non in vista di una fetta di Ucraina, ma in vista dell’egemonia sull’Europa. Per questo bisogna batterlo, totalmente, e senza la minima concessione. Non si tratta di restaurare la sovranità di un Paese, ma di azzerare il progetto di Mosca e far prevalere i valori dell’Occidente. Su questo continente nessuna egemonia e se proprio un’egemonia ci dovesse essere sarebbe quella dell’Unione Europea (se divenisse maggiorenne) o, in mancanza, degli Stati Uniti. Un potere soft e lontano, che dopo tutto ci ha assicurato settant’anni di pace.
È triste doverlo ammettere, ma neanche la pace offre molte speranze.
giannipardo1@gmail.com

LA PACE PROBLEMATICA QUANTO LA GUERRAultima modifica: 2022-04-13T20:34:00+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA PACE PROBLEMATICA QUANTO LA GUERRA

  1. “Per questo bisogna batterlo, totalmente, e senza la minima concessione.”: sì, vabbè, ma quanto ci metteranno i “popoli” timorosi meno vicini all’Ucraina e alla Russia ad alzare gli occhi al cielo e concludere “eh, ma quante cose vuoi, mica vorrai farci “morire per Kiev” rischiando Roma o Firenze o Berlino? E chi ti credi di essere? Dài a quel poveretto di Putin quel minimo che gli serve e saremo tutti felici e contenti. Sì, hai avuto morti e distruzioni, ma pensa a come eravamo noi dopo l’ultima guerra. Un caro abbraccio, tanti auguri e vedrai che le nostre preghiere avranno effetto”.
    E già qualche voce si alza in questo senso. I sacri principi, come la verginità, in certi casi possono essere oggetto di scambio.

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