TRE CAVALLI

1. Dove va la storia.
Forse bisogna concepire il carro della storia come trainato da tre cavalli. Se questi tirano tutti e tre nella stessa direzione, quella sarà la direzione del carro. Ma i cavalli sono liberi di trainarlo in direzioni diverse e ciò conduce a risultati imprevedibili.
Il cavallo più forte, normalmente, è costituito dagli interessi fondamentali e costanti della nazione, poi dal buon senso dei governanti, nella misura in cui opera. In una parola, dalla razionalità.
Ma il secondo cavallo si chiama “caso”. Cioè quei fatti importanti che nessuno ha potuto dominare e che nessuno poteva prevedere. Per esempio, negli ultimi due anni e in tutto il mondo, la pandemia. Ora per giunta abbiamo la crisi del gas e dell’elettricità.
Già qui possiamo fare una distinzione. Per la pandemia non abbiamo colpe, ma per il gas? Il fenomeno è di scala mondiale e di tali proporzioni che sembra impossibile sia giunto assolutamente inaspettato. Un giorno, quando il polverone si sarà calmato, i grandi competenti ci spiegheranno che il fatto era ovviamente “prevedibile”. Ma attualmente i soloni non ci hanno affatto avvertiti e la tegola ci ha colpiti alla nuca, a sorpresa. Né più accuratamente è stata prevista la crisi ucraina le cui conseguenze, di qui a qualche mese, potrebbero essere epocali.
Pare che una volta abbiano chiesto a Harold Macmillan quali fossero stati i massimi problemi incontrati dal suo gabinetto e che egli abbia risposto: “Events, my dear, events”. Gli avvenimenti imprevisti e non voluti, e tuttavia ineludibili: that’s the question.
2 Il terzo cavallo.
Ma forse quello che stupisce di più per la sua importanza è il terzo cavallo, quello della follia. Non uso la parola come termine tecnico (del resto non lo è) ma come l’insieme degli errori umani. I governanti sono spesso uomini superiori agli altri per intelligenza, cultura, realismo, ma rimangono umani, “troppo umani”: con le loro fissazioni, i loro feticci, le loro ubbie, come tutti noi. Solo che le conseguenze possono essere di tutt’altra scala. Il singolo ha una sua personale concezione del mondo. Purtroppo ciò corrisponde a dire che abbiamo tutti una visione distorta della realtà e che da questo inevitabile errore prospettico possono derivare conseguenze drammatiche per un intero Stato.
Hitler è un caso di scuola. Già prima della guerra aveva idee deliranti e poi, aggravandosi il suo quadro clinico, di altrettanto il suo comportamento si è allontanato dalla normalità. Fino ad essere gravemente nocivo per la Germania. Il suo suicidio di fatto costituisce la più completa e definitiva ammissione di fallimento.
Ma andiamo a persone “sane di mente”, quanto meno secondo gli standard correnti. Mussolini – come la maggior parte degli italiani – ha ritenuto la Seconda Guerra Mondiale conclusa e vinta nel giugno del 1940. E sappiamo quanto ci è costato. L’ errore oggi appare incredibile ma in Francia è stato specularmente commesso dal Maresciallo Pétain e dal suo governo collaborazionista.
L’Argentina ha ritenuto di poter intascare le isole Falkland (o Malvinas, come loro preferiscono chiamarle) ché tanto nessuno si sarebbe mosso. Perché si trattava di quattro scogli e perché la Gran Bretagna era lontanissima, nell’altro emisfero. Forse non sapevano che la signora Thatcher era chiamata Iron Lady. Poi lo seppero.
Saddam Hussein ha anche lui ritenuto che poteva inglobare il Kuwait, perché nessuno avrebbe mosso un dito. Invece è stato attaccato da un’enorme coalizione comprendente anche gli arabi ed è stato il preludio della sua disfatta finale e della sua impiccagione.
Anche in questi giorni potremmo assistere a qualcosa del genere. Se Putin invade l’Ucraina e il tempo gli dà ragione, avrà intimidito l’intera Europa e ridato al suo Paese una nuova dimensione nella politica internazionale. E sarà considerato uno dei grandi della storia russa. Se invece la reazione occidentale ed ucraina, o persino le pesanti sanzioni previste, trasformeranno l’iniziativa in un fallimento, chi si asterrà dal condannare la sua “folie des grandeurs”? Eppure Putin è tutt’altro che un malato di mente.
3 La situazione italiana.
Anche l’attuale situazione italiana, nel suo piccolo, rappresenta un buon caso di studio. Alcuni dati sono incontestabili. Il Paese si trova di fronte a cogenti e ineludibili necessità obiettive: deve mantenere una credibilità economica internazionale, affinché il suo debito pubblico non scoppi; per ottenere dei prestiti che rappresentano l’ultima ragionevole possibilità di evitare il disastro deve adempiere gli impegni (pressoché inattuabili) assunti con l’Unione Europea; infine i parlamentari hanno un preciso interesse a non far cadere il governo per non far sciogliere le camere (e perdere la pensione).
Da tutto ciò deriva che il governo Draghi in linea di principio dovrebbe essere in una botte di ferro: i partiti – nell’interesse dell’Italia da una parte, e loro proprio dall’altra – dovrebbero coralmente sostenerlo nel suo sforzo. Sarebbe razionale. Ma abbiamo dimenticato il terzo cavallo.
Qualcuno che si crede molto più furbo degli altri potrebbe pensare di approfittare della situazione. Se a bordo della barca siamo in dieci, ovviamente abbiamo tutti e dieci interesse che il natante galleggi. Ma Mr.Smart può dire: “O fate ciò che dico io o faccio un buco nel fasciame”. Naturalmente non contando di danneggiare la barca ma semplicemente sperando che gli altri si spaventino e si pieghino. Purtroppo anche gli altri sono furbi, e si arriva ad una continua fibrillazione. Fin qui, potremmo ancora parlare di razionalità. Ma se uno esagera, nel fare la mossa? Se ad uno scappa di mano il trapano e si apre la falla? Se l’istinto della stupidità momentaneamente prevale, e pur di danneggiare il nemico si danneggia sé stessi, chi può escludere che cada il governo? Le guerre “nate per caso” sono molto più frequenti di quel che si potrebbe pensare.
In Commissione nei giorni scorsi la maggioranza di governo è andata “sotto” quattro volte, fino a far vedere crepe nel governo e fino alla sfuriata di Mario Draghi. La spiegazione è semplice: il senso di sicurezza che dà l’interesse di tutti di non far cadere il governo induce a comportamenti che potrebbero far cadere il governo. Oggi i partiti non si giocano il presente, si giocano il futuro. Siamo in vista delle elezioni politiche del 2023 e tutti si chiedono in che modo gli elettori giudicheranno i partiti al momento delle urne.
Ma non basta. Oltre alla follia dei partiti bisogna mettere in conto se non la follia, l’umanità del Presidente del Consiglio. Se i partiti gli metteranno seriamente i bastoni fra le ruote, soprattutto riguardo alle riforme che l’Europa reputa imprescindibili, Draghi potrebbe scegliere di presentarsi insolvente a Bruxelles confessando: “Non ho potuto fare di più”. Oppure potrebbe dimettersi lasciando il lavoro a metà e dicendo ai partiti: “Non avete voluto che facessi ciò che consideravo il bene del Paese e allora mi ritiro. Se siete capaci di fare meglio di me, accomodatevi”.
E in quel momento, che Dio ce la mandi buona.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
19 febbraio 2022

TRE CAVALLIultima modifica: 2022-02-21T08:36:17+01:00da gianni.pardo
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10 pensieri su “TRE CAVALLI

  1. Putin avverte: “Abbiamo armi che non hanno eguali al mondo”.

    Il capo del Cremlino, in un videomessaggio in occasione della Giornata del Difensore della Patria, ha ricordato che in Russia “è stata messa in servizio un’arma che non ha eguali al mondo”. “Continueremo – ha aggiunto – a sviluppare sistemi d’arma promettenti, compresi quelli ipersonici e basati su nuovi principi fisici, e ad espandere l’uso di tecnologie digitali avanzate ed elementi di intelligenza artificiale”. A suo avviso, tali dispositivi “sono davvero le armi del futuro” e aumentano “molte volte” il potenziale di combattimento delle forze armate russe. Inoltre queste armi sono una garanzia affidabile “per la sicurezza nazionale, la vita pacifica dei cittadini e lo sviluppo stabile e progressivo della Russia”.
    https://europa.today.it/attualita/armi-putin-avvertimento.html

    E’ lo stesso Putin a smentire la narrazione che vuole la Russia minacciata ai suoi confini e non la Russia a minacciare i confini dei vicini. O no ?

  2. L’Ambasciatore Sergio Romano:
    «Io ho cercato di dirlo fin dall’inizio, che la collocazione che intravedevo come desiderabile per l’Ucraina era quella della neutralità, il Paese doveva diventare neutrale. C’erano anche ottime ragioni perché l’Unione europea si esprimesse in questi termini, però devo confessare che non avevo fatto in conti con gli Stati uniti. Non avevo fatto i conti con il fatto che gli Stati uniti hanno bisogno di un nemico. Hanno bisogno di un grande nemico perché il nemico giustifica la loro politica, la loro politica delle armi, la loro industria delle armi. Quelle grandi industrie militari della California che cosa farebbero se non ci fosse un nemico?».

  3. Il riferimento alla distanza non mi è molto chiaro. Certo: da Brest a Catania, in linea d’aria, ci sono 2000 km; da Brest a Tbilisi sono 3800. Se è solo per questo, però, da Brest a Kiev sono 2550, a S. Pietroburgo 2600, e fino a Mosca 2950.
    Se lo scopo è difendersi contro la Russia, secondo me, non è una questione di distanza: da Brest a New York sono 5400 km. Certamente è una questione strategica: però, invece di parlare di NATO, bisognerebbe a questo punto – se si vuole includere la Georgia – parlare di Alleanza anti-Russia. Non ne faccio una questione di nomi, ma di statuto della NATO, visto che l’art 5 recita: «Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area Nord Atlantica.»
    Concludo: la Sicilia (o l’Italia) fa parte dell’Europa. L’Ucraina ha inserito – con un emendamento – nella propria Costituzione l’obiettivo di entrare nella UE e conseguentemente nella NATO. Non mi sembra che la Georgia (o, più in generale, il Caucaso) possa essere considerata parte dell’Europa.
    Niente vieta, ovviamente, che la Georgia si allei con la UE, o con gli USA, o con la stessa NATO.

  4. A proposito della “crisi del gas”, per sostenere una crescita come quella dei paesi dell’ estremo oriente tipo Cina e Vietnam ci vuole energia, tanta. Il gas è energia. Aumenta la domanda, aumenta il prezzo. Il Suo affezionato lettore.

  5. Non vorrei che il “terzo cavallo” avesse preso la mano anche alla NATO e al suo segretario Stoltenberg: se ho capito bene, hanno “pianificato” anche l’adesione della Georgia, piuttosto lontana dall’Atlantico del Nord. E dire che la NATO dovrebbe avere solo una funzione difensiva …

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