STORIA E LEGGENDA

C’è chi indaga all’unico scopo di veder confermata la tesi di partenza, e c’è chi per amore della verità è disposto a rinunciare alla tesi che avrebbe preferito. C’è chi si acquieta accettando l’opinione comune e c’è chi esige certezze al di fuori della moda e del pregiudizio. A costo di trovarsi isolato e attaccato. Sono mondi diversi. Il primo è quello del conformismo e persino della Fede; il secondo è quello della verità possibile.
Un primo esempio – facilissimo – riguarda la “frasi celebri”. “Eppur si muove”, “Il fine giustifica i mezzi”, “Se non hanno pane mangino brioche” e via dicendo. L’ignorante che vuol dare a vedere di sapere chi era Galileo, cita la sua frase. Il colto si chiede: ma dove è scritto, che prova ne abbiamo, chi ha testimoniato che Galileo ha detto quella frase? E se non riesce a trovare la prova che l’abbia detta, attribuirà quelle parole alla leggenda e non le prenderà mai sul serio. Il controllo accurato delle “frasi celebri” offre più delusioni che conferme. Sherlock Holmes non ha mai detto “Elementare, Watson”.
La differenza fra le verità correnti e le verità “scientifiche” è che le prime si accontentano di “lo dicono tutti”, le seconde cercano le prove. E se non le trovano non si fidano certo della diceria.
Il metodo storico non ha atteggiamenti di reverenza per nessuno ed è disposto a rimettere in discussione i fatti più noti. Io stesso per decenni sono stato indignato per l’assassinio di Giulio Cesare e soltanto quando avevo già qualche capello bianco ho letto che poco prima di essere assassinato Cesare aveva ottenuto il titolo di dittatore a vita. Ora io non dico che questo giustificasse la congiura, ma che ci si possa allarmare, vivendo in una Repubblica, come negarlo? Ecco perché, dopo aver creduto per una vita di sapere, a proposito della morte di Cesare, chi avesse torto e chi avesse ragione, oggi sono arrivato a sospendere il giudizio. Ovviamente depreco l’azione scelta, ma non lo scopo perseguito.
Il metodo storico ha i suoi mille dubbi, i suoi atteggiamenti critici e soprattutto i suoi protocolli, i suoi confronti e il vaglio delle fonti. E comunque le varie testimonianze vanno confrontate, sia per loro reciproca coerenza, sia per la coerenza con gli altri strumenti di prova come le iscrizioni, le monete, l’archeologia in generale. È sulla base della fedeltà a questo metodo che un dato può essere o no considerato storico. Ed è ciò che fa la differenza fra la leggenda e la storia
Inoltre se la fonte è “interessata”, già per questo è sospetta e inaffidabile. Tito Livio non parla del passato di Roma per farne conoscere la storia quanto per glorificarla, infiocchettandola anche con le leggende celebrative dell’Urbe. Il risultato è che, come storico, Livio vale certo meno di Tacito. Questi, nel riferire la verità, arrivava ad essere spietato.
E, a proposito, ecco un altro dato culturale incontrovertibile e che pure tanta gente ignora: i Vangeli non sono libri storici. Non soltanto sono fonti “interessate”, nel senso che si diceva prima, ma del metodo storico non rispettano alcuna regola. Naturalmente si è liberi di prenderli per oro colato, si possono chiudere gli occhi sulle loro macroscopiche contraddizioni, si può non badare all’artificiale distinzione (operata dalla Chiesa) fra Vangeli autorizzati e vangeli apocrifi, ma i competenti non possono prenderli per testi storici. Creda chi vuole, la religione non ha bisogno di sostenersi scientificamente, ma i vangeli non hanno diritto all’alloro della storicità.
In questo campo non posso dimenticare la “legnata” ricevuta da uno studioso che aveva affermato pubblicamente che i Vangeli non sono storici. Gli chiesi che prove avesse e lui rise: “È lei che deve darmi le prove del contrario. Comunque, vada tranquillo, nessun competente li dice storici”.
Ecco perché trovo assolutamente fastidiosi quei programmi televisivi che si vantano di raccontarci “la verità”, sulla vita di Gesù, che vogliono giudicare la legittimità del processo che subì, come se avessimo i verbali di causa, e infine stabilire chi è responsabile (se gli ebrei o i romani) di una condanna a priori “ingiusta”. Su Gesù, di storico, non abbiamo niente (salvo una decina di parole scritte distrattamente da Tacito). Su questo bisogna rassegnarsi. Ma, appunto, perché disturbare la storia? Se si è credenti, si creda e basta. La maggior parte degli eretici erano prima teologi. Indagare non sempre è salutare. Io stesso ho perso la Fede così.
La premessa è lunga ma funzionale a ciò che devo dire. I fascisti potevano aver gridato sui tetti che l’Italia degli Anni Trenta era una temibile potenza mondiale, ma mia madre, maestra elementare, già un anno dopo l’entrata in guerra ne rideva come di un regime da operetta. Un regime che però ci aveva trascinato in una tragedia. Dunque l’antifascismo sostanziale l’ho conosciuto quando ancora frequentavo la seconda elementare. Cioè mentre ancora gli altri gridavano “Viva il Duce!” E a ricordarmi quanto poco quel regime fosse da applaudire, contribuivano giornalmente i messaggi del mio stomaco affamato. In un mondo in cui gli obesi erano spariti. Né, a guerra perduta, credetti mai alla propaganda opposta, quella per la quale il fascismo divenne il Male Assoluto.
Si immagini dunque che cosa penso quando vedo gente che, petto in fuori, a quasi ottant’anni dalla fine della Guerra, è pronta a combattere il fascismo e ad uccidere di nuovo Mussolini. Sapevo che la madre dei cretini è sempre incinta, ma che ora lo sia ad ottant’anni è certo una prodezza.
Mi disgusta particolarmente la storia personale degli (ex, ma fino ad un certo punto) comunisti: questi guerrieri che, capaci di sfidare i fantasmi, non hanno il coraggio di pentirsi e di confessare la loro colpevole stupidità nell’avere sostenuto per anni le ragioni di un criminale come Stalin. Di avere invocato per l’Italia un governo tirannico come quello che ha affamato ed oppresso la Russia per settant’anni(1). Loro si precipiterebbero a dirmi che non si possono mettere sullo stesso piano comunismo e fascismo e per una volta sono d’accordo con loro. Il comunismo è stato infinitamente più nocivo e crudele del fascismo italiano.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
14 ottobre 2021
(1) Qui vorrei rispondere a quell’amico che, in un commento, mi scriveva che difficilmente avrebbe visto i politici italiani divenire oppressori alla Stalin: “Francamente non ce lo vedo un Bertinotti o un D’Alema diventare ‘ministri’ di un regime staliniano”.
Errore. A parte il fatto che i personaggi vanno giudicati quando sono all’opera, e a volte fanno poi ciò che era prima imprevedibile, nel caso specifico, ammettendo che Bertinotti e D’Alema fossero due sinceri democratici, una volta al potere avrebbero potuto essere messi da parte da personaggi come l’opaco e inquietante Cossutta, trasformando l’Italia, da democrazia in Repubblica Popolare. Esattamente come avvenne (con le elezioni) in Cecoslovacchia. E in questo caso io darei ai pur democratici Bertinotti e D’Alema la colpa della tragedia italiana. Un politico ha il dovere di avere gli occhi aperti. E se li ho io, nel mio anonimato, possono ben averli anche loro, che stanno in prima linea.

STORIA E LEGGENDAultima modifica: 2021-10-15T13:47:23+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “STORIA E LEGGENDA

  1. “nel caso specifico, ammettendo che Bertinotti e D’Alema fossero due sinceri democratici, una volta al potere avrebbero potuto essere messi da parte da personaggi come l’opaco e inquietante Cossutta, trasformando l’Italia, da democrazia in Repubblica Popolare”: nel caso specifico, ha le prove? La prova è “per similitudine”?
    In effetti, “se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola”.

  2. Del regime fascista, almeno fino alla guerra, si conoscono i nomi delle vittime. Dei regimi comunisti se ne conoscono le cifre.

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