LE PAROLE E LA SPADA

Una volta un professore di matematica che doveva spiegare il senso dell’addizione precisò che essa era possibile, purché si specificasse di che si trattava, essendo inteso che i singoli elementi dovevano appartenere alla stessa classe. Detto così il concetto fa girare la testa. Ma il professore disse, semplicemente: “Non potete addizionare patate e cipolle. La somma è possibile fra elementi simili. Dunque la somma è possibile se intendete ‘ortaggi’. Ma finché sono patate e cipolle, non potete addizionarle”. Tanto di cappello.
Bisogna cercare di ragionare come quel professore. Soprattutto quando, come nel caso della riforma Cartabia, si può facilmente sembrare in contraddizione con sé stessi. Infatti non si può che dirne male tecnicamente (il carro dinanzi ai buoi, per quanto riguarda le strutture e la mentalità) e nel frattempo non esserne contenti (meglio questo di niente).
Il dato di fatto immutabile da innumerevoli decenni è che in Italia una riforma della giustizia sembra impossibile. Anche quando i cittadini italiani, con enorme maggioranza, hanno votato in un referendum per l’introduzione di certe norme (per esempio la responsabilità civile dei magistrati) non se ne è fatto niente. Gli italiani sono molti milioni, ma i settemila magistrati sono più forti di loro.
Tutti i magistrati sono contro ogni riforma, per quanto mite e non costosa, come la separazione delle carriere fra magistrati requirenti e magistrati giudicanti. La giustizia funziona male per l’Europa, funziona malissimo per i cittadini, ma a loro va bene così. I partiti o hanno idee diverse, o non vogliono scontentare i magistrati, o sono semplicemente vili e non hanno tendenza a collaborare. Il risultato è stato la paralisi e l’incancrenirsi del problema.
Ora Draghi, scontentando tutti, è quasi riuscito nell’impresa, anche se c’è riuscito perché ha disposto di un’arma che gli altri Presidenti del Consiglio non avevano; non c’è una maggioranza alternativa per governare e i parlamentari assolutamente non vogliono andare a casa. Sanno benissimo che se si sciogliessero le Camere alle prossime elezioni loro perderebbero il seggio e quel ch’è peggio lo stipendio. Così Draghi li ha spesso messi dinanzi all’alternativa: “O fate ciò che dico io, o andiamo a votare”.
Proprio oggi però siamo entrati nel cosiddetto “semestre bianco” (quello in cui il Presidente Mattarella non può sciogliere le camere) e qualcosa cambia. La vulgata vuole che in questa situazione tutto rimanga bloccato fino al febbraio prossimo. Dunque i partiti sono liberi di fare e dire qualunque cosa. Sarà. Ma personalmente rimango del parere (e mi piacerebbe che qualcuno più competente di me mi illuminasse) che, se cade il governo e non si riesce a formarne uno nuovo, le Camere potrebbero, anzi dovrebbero autosciogliersi. La norma del semestre bianco limita i poteri del Presidente, non delle Camere. Non bastasse, anche nel semestre bianco i parlamentari devono stare attenti: se esagerassero nel cercare di frenare Draghi, Mattarella sarebbe capacissimo di dimettersi anzitempo e di fargli finire il divertimento. Dunque non cambia poi molto.
La situazione – tornando alle patate e alle cipolle – è simile a quella di un conquistatore che, avendo costretto alla resa gli assediati, ha il potere di sterminarli. Ma a che servirebbe? I morti non producono ricchezza e non pagano tasse. Dunque, con molto realismo, il vincitore fa affiggere un bando dal quale risulta che tutti – pena la morte – devono pagare tasse esorbitanti. Ma poi fa sapere ufficiosamente che è disposto a discutere la materia fiscale. Sul tavolo ci sono la sua spada e il dossier finanziario, e lui aspetta i delegati dei cittadini. Se loro sono disposti a collaborare, si può arrivare ad un compromesso e si evita il peggio per tutti. Diversamente, tutti sanno a che serve una spada.
Draghi, con la prima versione della riforma Cartabia, mostrava di voler risolvere il nodo gordiano della giustizia nella maniera più brutale. E così ha allarmato a morte le controparti. Poi però, sapendo che non si governa avendo contro tutti, si è mostrato comprensivo e alla fine è arrivato al risultato al quale voleva arrivare. Quel risultato al quale non sarebbe arrivato se fosse partito da una proposta più moderata.
Oggi i vinti naturalmente gridano forte che hanno ottenuto qualcosa, a momenti si vantano di essere riusciti a far paura al vincitore e questi, ironico, li lascia fare. La differenza è che, mentre gli altri navigano a vista, lui è lungimirante. Probabilmente ha semplicemente concepito e realizzato un piano: sapeva benissimo che la prima formulazione era troppo brusca; sapeva benissimo che anche la seconda formulazione è imperfetta; ma una cosa gli importava sopra ogni altra: poter mostrare all’Europa che ha mantenuto la promessa e soprattutto che fosse infranto il tabù dell’irriformabilità della giustizia. Poi, certo, si dovrà passare alle necessarie correzioni, ai perfezionamenti e agli aggiustamenti. Ci vorrà del tempo e ci saranno momenti difficili: ma finalmente abbiamo una speranza.
Come ha detto un francese, con la baionette si può fare qualunque cosa, salvo sedercisi sopra. E usando solo la spada non si conclude nulla. Ma anche usando soltanto le parole non si ottiene nulla. È combinando le due cose che si può avere un risultato.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
3 agosto 2021

LE PAROLE E LA SPADAultima modifica: 2021-08-03T10:13:27+02:00da gianni.pardo
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