LEI È UN ASSASSINO, LEI È UN FANATICO

LEI È UN ASSASSINO, LEI È UN FANATICO

Beppino Englaro ha intenzione di querelare il cardinale Barragan perché questi, a proposito della triste vicenda della figlia, ha trattato Englaro da assassino. Il problema è giuridicamente interessante e, per chiarirlo, bisogna innanzi tutto vedere se chiamare qualcuno assassino costituisca reato.

L’assassino, in origine, era un fanatico del Vicino Oriente che, eccitato anche dall’hascisc, uccideva senza pietà. Dunque, mentre “omicida” è termine tecnico e, per così dire, neutro, assassino ha una connotazione di condanna morale e, perfino, di orrore. Naturalmente non commetterà reato chi chiamerà omicida un uomo già condannato per omicidio, né lo si potrà perseguire se, tanto per usare un sinonimo o perché non conosce la differenza di connotazione fra le due parole, lo chiamerà assassino. Ma è ovvio che chi chiamerà omicida o, ancor peggio, assassino, chi di quel reato non si è reso colpevole, commetterà il reato di ingiurie o quello di diffamazione.

Englaro, potrebbe dire qualcuno, ha richiesto di far morire la figlia, e per ciò stesso è un omicida. Non commette dunque reato chi lo chiama assassino. Ma questa tesi è totalmente sbagliata.

Il reato di omicidio (art.575 del Codice Penale) non è commesso da chiunque uccida un uomo, ma da chiunque uccida un uomo senza una giustificazione giuridica. Infatti, secondo il codice, non è colpevole di omicidio chiunque agisca per ragioni di legittima difesa; chiunque agisca obbedendo ad un ordine legittimo dell’autorità (si pensi al soldato in guerra); chiunque abbia agito in stato di necessità; chiunque abbia commesso il fatto senza colpa. Se un tizio, per suicidarsi, si butta sotto un autotreno di passaggio, forse che l’autista è un assassino?

Nel caso che qui interessa, tutto si è svolto sulla base di un’autorizzazione dei magistrati: dunque non si ha – non si può avere – il reato di omicidio. Né il sig.Englaro avrebbe mai avuto in sé quella carica moralmente negativa e criminale che fa chiamare qualcuno assassino. Per conseguenza il cardinale Barragan non può che essere dichiarato colpevole di ingiurie o di diffamazione. Ma questo non chiude il problema.

Il cardinale infatti potrebbe dire che qui si è parlato delle giustificazioni giuridiche stabilite dallo stesso Codice Penale italiano, mentre lui, nel condannare Englaro, obbediva ad un diverso codice, quello della sua fede: per la quale non c’è autorizzazione dei magistrati italiani che basti. Uno potrebbe anche ripensare al caso dei soldati papalini in guerra o di Mastro Titta, il boia del Papa Re. Ma lasciamo perdere il passato. Il cardinale, ripetiamo, potrebbe difendersi con queste parole: “Per la vostra legge, Englaro è un cittadino incensurato; per la mia è un assassino. E definendolo tale io adempio il mio dovere di porporato, cosa che, secondo il vostro stesso Codice, costituisce un’esimente”.

L’obiezione, per quanto logicamente pregevole, non può essere accolta.

Se, sul suolo italiano, bisognasse tenere conto delle convinzioni sociali, politiche o religiose di tutti, bisognerebbe permettere la lapidazione delle adultere, il taglio della mano dei ladri, o perfino gli omicidi delle Brigate Rosse. Per quanto rispetto si possa avere per Santa Romana Chiesa, il problema si riduce a questo: quale legge si applica sul suolo italiano? Se la Repubblica Italiana non è una colonia, un protettorato o comunque uno Stato a sovranità limitata, ne consegue che la legge italiana è uguale per tutti, come è scritto in tutte le aule di giustizia. E bisognerebbe condannare il cardinale Barragan. Detto questo, si accettano scommesse che non lo sarà.

Forse Englaro fa male a querelare il cardinale. Forse, quando si è sentito trattare da assassino, avrebbe dovuto rispondere: “Lei chiama me assassino, e non lo sono, mentre io chiamo lei fanatico, e lo è”. Col vantaggio che poi Barragan non avrebbe potuto querelarlo. Infatti Englaro sarebbe stato inevitabilmente assolto “per reciprocità delle ingiurie”, come stabilisce il codice penale. Italiano.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

8 marzo 2009

LEI È UN ASSASSINO, LEI È UN FANATICOultima modifica: 2009-03-08T13:48:00+01:00da Giannipardo
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